Cara associazione animalista che soccorre gatti abbandonati in quel di Treviso, e di cui non faccio il nome per non avere il minimo impatto negativo su un’attività altrimenti meritoria: mi sono permessa di disturbarti alla fine del 2016 per chiedere aiuto.
Nelle vicinanze della mia abitazione c’era una giovane gatta adulta randagia in difficoltà. Una buona samaritana le dava da mangiare (ho parlato personalmente con la signora) ma non aveva notato che la bestiola aveva un problema – un’incrinatura o una frattura minore – alla schiena che le impediva di muoversi normalmente su zampe tremanti.
Vi ho anche spiegato i motivi per cui non potevo e tuttora non posso intervenire personalmente: non ho gli attrezzi ne’ i mezzi economici per curarmi della creatura e non oserei comunque prendere un animale in casa avendo al piano di sopra un cafone psicopatico che pesta il pavimento e urla per ore facendo scappare dall’appartamento me, figuriamoci un gatto.
La vostra responsabile è stata davvero gentile e veloce nel rispondermi (altre associazioni animaliste, tra l’altro di gran nome, non hanno fatto questo sforzo), ma la volontaria che si è assunta per così dire “il caso” mi ha trattata sin dalla telefonata iniziale come una cretina integrale. Ovviamente le è bastato guardare la gatta due giorni dopo per dire con sufficienza e fastidio che stava benissimo, al massimo “era in calore”. Io ho tentato inutilmente di spiegare di nuovo l’intera faccenda, poi ho ringraziato e lasciato perdere perché come da vecchio adagio non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire.
La penultima volta che ho visto la micia era fatta a elle. La frattura si è in qualche modo saldata, ma non nel modo che – se trattata da un veterinario – le avrebbe garantito di tornare a una relativa normalità. L’ho vista di nuovo stamattina. Non solo è ovviamente ancora fatta a elle, ma è magra e sporca (segno che non riesce più a raggiungere con la lingua, per pulirsi, metà del suo corpo) e mentre tentavo di darle un bastoncino di cibo per gatti è rotolata a terra due volte, perché le zampe la reggono ormai a stento.
In generale, volevo solo dirvi questo: capisco che fra chi vi interpella ci sono imbecilli, bastardi che abbandonano i loro stessi animali e gente che grida “al lupo” per niente, ma non per questo dovete assumere che ogni contatto ricada in queste categorie. E alla vostra volontaria volevo invece dire che per occuparsi di qualsiasi causa non bastano amore e passione – ci vogliono le conoscenze e le abilità necessarie allo scopo e un po’ di educazione e di rispetto non guastano mai. Maria G. Di Rienzo