La sedia ha smesso di ballare sotto di me. Il pavimento dà di nuovo un’impressione di solidità e il lampadario è confortevolmente fermo. Mi sono tolta i sandali, ma non ho ancora disfatto la borsa riempita in fretta e furia mentre tutto ondeggiava. Ho dato un’occhiata ai quotidiani online e ora so che il terremoto ha di nuovo colpito l’Emilia (qui in Veneto ci sono stati solo alcuni crolli) e che alle tre del pomeriggio, mentre scrivo, la stima è di quindici morti.
Mi scuso in anticipo se questo pezzo sarà lungo e variegato, in contrasto con la brevità solita dei miei articoli. Ci sono parecchie cose che voglio dire prima che il soffitto mi crolli in testa, se questo è il mio fato. La prima è questa: chiunque muoia lascia dietro di sé qualcuno che lo amava. Non dimenticatelo. Persino il più perfetto dei farabutti, con la sua scomparsa, segna per sempre qualche cuore, sia pure solo quello di sua madre o del suo cane. Il loro dolore è reale e merita rispetto anche se il morto in questione è Vlad Dracula. Terremoti a parte, ci sono due serial killer in giro per l’Italia, ultimamente, dalle cui azioni si srotolano una scia di cadaveri e un diluvio di sangue: uno è l’odio per le donne e l’altro la cosiddetta “crisi economica”, che sarebbe assai più corretto chiamare “crisi del capitalismo selvaggio”. Non credo ci sia necessità di sciorinarvi per l’ennesima volta nomi, cronache e statistiche: oltre ad essere penoso per me (che essendo un’empatica dietro ad ogni trafiletto percepisco quasi fisicamente visi e corpi e relazioni) ho la sensazione che sia perfettamente inutile al fine di convincere chi non vuol essere convinto. E questo è il mio testamento all’Italia, non un dossier.
Mentre disoccupati si avvelenano con il gas, operai si impiccano, pensionati si sparano e piccoli imprenditori si lanciano dalla finestra; mentre i lavoratori dei ceti più bassi muoiono come mosche della mancanza di rispetto per la loro umanità (che tale è la noncuranza in materia di sicurezza sul lavoro); mentre donne di tutte le età e le condizioni sociali crepano soffocate, battute, infilzate, fucilate per mano di uomini che almeno una volta hanno detto di amarle, date un’occhiata a cosa occupa le prime pagine dei giornali, guardate cos’è veramente importante: la “riforma” costituzionale proposta dal sig. Silvio Berlusconi. Questo tizio ha sempre lavorato “pro domo sua” qualsiasi fosse la carica da lui ricoperta e non stupisce che adesso manovri per diventare il Presidente di questa disgraziata repubblica. Ma mi stupiscono ancora – e mi disgustano parecchio – le reazioni da lacché di opinionisti, politici, funzionari dello stato. Fiutata la faccenda, le prostitute che lo intrattenevano ai suoi festini sono diventate per i giornalisti tutte “soubrette” e “donne di spettacolo”, i prefetti le accolgono come ospiti d’onore liberandosi immediatamente da ogni altro impegno (avete mai provato, voi che non siete “olgettine” a prendere appuntamento con un prefetto?), e i pubblici ministeri fanno inchini alla tenutaria del bordello di Arcore baciandole la mano: non so in quanti abbiate fatto esperienza di un processo, e in che forma, ma avete mai visto un pm sdilinquirsi di fronte all’imputato che deve accusare? Nemmeno nei film, quando il reo di turno si è comprato giudici e giuria, vedrete una cosa del genere, perché è del tutto sensato per i corrotti mantenere le sembianze dell’innocenza: altrimenti, chi crederà che la sentenza uscita da quel tribunale sia giusta, conforme alla legge? Ma a noi italiani non importa, abbiamo deciso da vent’anni e più che è tutta una giostra, tutto uno schifo, sono tutti uguali e l’unica cosa che conti è quanto bene si frega il prossimo nostro. In Italia non ci diamo neanche pena di serbare l’apparenza, tanto il marcio è penetrato in profondità nella nostra vita sociale. Solo questo può spiegare perché un padre italiano porti la figlia sedicenne al concorso “Miss Fondoschiena” – sto edulcorando, la dicitura reale era più esplicita – e si dica “orgoglioso” di lei quando lo vince. Solo questo spiega le madri maitresse e le intere famiglie di magnaccia che ruotano attorno ai “burlesque” di un vecchio signore dalle tasche traboccanti di soldi. Perché questo individuo non ha altro. Soldi. In che modo essi lo intitolano a riscrivere la Costituzione italiana? Sapete, questa Carta, spesso citata come esempio di equilibrio nel conciliare interessi privati e pubblici, il manifesto di una nazione che rinasceva dalla guerra, il documento che parla di una “repubblica fondata sul lavoro” e giura di tutelarlo (art. 35), che parla di sovranità del popolo, di pari dignità sociale per tutti i cittadini, non l’hanno decisa a tavolino manager, pubblicitari, giornalisti distesi a tappetino e segretari-mazzettari per sex workers. Pone limiti e bilanciamenti anche al Presidente della Repubblica. Forse per questo all’aspirante tale non piace. E’ del tutto legittimo. A me non piacciono le sue televisioni, le sue politiche, la sua corte d’avanspettacolo, e tutto rientra nella normalità dell’avere opinioni. Certo, le differenze fra noi sono molte, ma le principali in questo caso sono che io non ho – e neppure lo vorrei – un Alfano da infilare un po’ ovunque in tv e sui quotidiani a strombettare le mie richieste, ne’ sono in grado di fare accordi espliciti o sottobanco con chi non la pensa come me (votiamo quello se voi votate questo ecc.).
E perché quelle tali televisioni, politiche e comparsate non mi aggradano? E’ per via di quel che ho detto all’inizio. E’ per i morti. Più esattamente, per coloro che li piangono e a cui nessuna autorità dello stato, nessun politico, nessun intellettuale o “esperto” ha qualcosa da dire. Ed è per coloro che sono ancora vivi ma che sono messi in pericolo da quelle televisioni, quelle politiche e quelle recite insensate ripetute ad libitum. Che tu ti suicidi o che ti ammazzino la faccenda non accade a caso. Ci sono circostanze che favoriscono o sfavoriscono il fatto che la situazione prenda quella piega. Se si comincia con gli streap-tease delle casalinghe su una tv privata negli anni ’80 e per trent’anni si continua a spogliare e degradare le donne tramite quasi tutti i canali televisivi (e la tv è il mezzo principale di informazione per il 70% degli italiani) che sono, guarda un po’, proprietà di una sola persona, e quando ogni uscita pubblica di questa persona e dei suoi sodali al riguardo conferma un disprezzo allucinante per le donne: ciò crea o no un contesto favorevole alla violenza di genere? Se gli scafisti albanesi sono i benvenuti purché portino belle ragazze, se “è assolutamente legittimo prostituirsi per fare carriera”, se la ex “fidanzate” di Berlusconi da ballerine da discoteca o modelle per calendarietti piccanti diventano ministre o parlamentari o consigliere regionali, ne consegue che è buono e giusto mettere la propria “fidanzata” disabile mentale in strada a guadagnare la sua vita e la nostra; e se le femmine non sono altro che pezzi di carne da solletico sessuale, perché scandalizzarsi per la rottamazione di una moglie vecchia o di un’amante riottosa chiamandoli “femminicidi”, ohibò, e perché oltraggiarsi per lo stupro di una bambina di sette anni? Quando era Presidente del Consiglio, il sig. Berlusconi disse che non aveva abbastanza soldati da mettere alle calcagna di ogni possibile vittima di stupro, perché “è pieno di belle ragazze là fuori”: be’, la bambina settenne l’ha stuprata un sergente americano di stanza in Italia, quindi possiamo consolarci, quel che ci manca di soldati lo suppliscono le nostre alleanze internazionali.
E se, sempre per una trentina d’anni, si smantellano le garanzie conquistate dai lavoratori a beneficio di tutto il paese, si rende la sanità pubblica impraticabile e costosissima, si distruggono le reti sociali di sostegno, si affossa l’Italia nel debito pubblico, si rende il lavoro sempre più precario, irraggiungibile o pericoloso, si smette di considerare i cittadini e le cittadine come principali risorse della nazione e referenti delle proprie politiche e ci si riferisce a loro come a “mammoni”, “fannulloni”, inani mangiatori di spaghetti se gli diamo un reddito garantito, assistenzialisti, rompicoglioni, falliti, e quant’altro: questo alimenta o no la spinta nelle persone “non di successo” – che sono la maggioranza, visti i termini con cui il successo si misura attualmente – a disprezzarsi, magari sino al punto di pensare che è meglio togliersi la vita?
Adesso ditemi: perché io dovrei accettare che chi ha contribuito pesantemente a questo stato di cose cambi la Costituzione del mio paese? Quel che ha fatto sino ad ora gli conferisce lo stauts ed il merito necessari? Perché altri e altre, la cui voce potrebbe avere un’eco ben più grande della mia, accettano o tacciono?
La borsa è ancora là, il trasportino per la gatta pure. Messi in salvo un po’ di libri, i cinquanta euro che costituscono la cassa familiare e la mia fedele amica pelosa, credo che potrei tornare in casa se il soffitto dovesse mettersi a ballare di nuovo. Non perché il disprezzo di cui parlavo sia arrivato a toccarmi, da questo punto di vista ho il cuore di pietra e le orecchie sorde. Ma la mia sopportazione ha pure un limite umano ed io un paese con Berlusconi Presidente della Repubblica non voglio vederlo. Maria G. Di Rienzo
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