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Park Hye-su

Annunciato con grande clamore dopo una proiezione riservata, e di sicuro un successo domestico nel 2018 (oltre un milione di spettatori e circa 10 milioni di euro di incasso), il film sudcoreano “Swing Kids” – “스윙키즈” , basato sul musical “Ro Ki-su”, resta un po’ una promessa mancata a livello narrativo e non ha attratto grande attenzione all’estero.

Il motivo principale per cui lo recensisco è nella prima immagine che vedete: ritrae la 24enne Park Hye-su (nel ruolo di Yang Pan-rae), cantante e attrice, che ha reso mirabilmente la fierezza, la brillantezza, la dignità e l’integrità del suo personaggio.

Il miglior dialogo della pellicola si svolge fra costei e il sergente statunitense Jackson (Jared Grimes): quando la ragazza gli chiede quale guaio abbia combinato per essere spedito all’estero e l’uomo le risponde che il suo essere di colore è visto come un guaio di per sé in America, Yang Pan-rae ribatte “Prova a essere una donna in Corea”. Ha detto tutto – e tutto noi abbiamo sentito nella nostra pelle – in sette parole. Dopo aver spiegato che ha “una canzone in testa” ma non riuscirebbe mai a cantarla, Yang Pan-rae decide di “mostrarla” a Jackson e sullo sfondo di “Modern Love” di David Bowie si produce in una performance di danza che è una corsa e un volo verso la libertà: in contemporanea, il protagonista principale Ro Ki-su (Do Kyung-su, anche noto come D.O.) ripete gli stessi movimenti e nella propria mente sfonda porte, abbatte reticolati e sfreccia fuori dal campo di prigionia. I due giovani hanno entrambi un intero nuovo mondo dentro se stessi e la cosa fantastica è che le loro visioni si accordano e si intrecciano a ritmo: è possibile, dice la danza, è possibile vivere insieme e essere liberi, è possibile smantellare le prigioni in cui ci confinano.

In effetti la storia è ambientata nel campo per prigionieri di guerra di Geoje, situato su un’isola e gestito dall’esercito statunitense. Siamo nel 1951, durante il conflitto coreano, e a Geoje i prigionieri divisi fra nord e sud si scontrano frequentemente. Il brigadiere generale Roberts (Ross Kettle), comandante del campo, commissiona al sergente Jackson – con un misto di minacce e lusinghe – una parte del suo programma politico propagandistico diretto a mostrare ai superiori e all’opinione pubblica quanto è bravo. Poiché il sergente nella vita civile era un ballerino di “tap dance” (tip-tap), il comandante vuole che insegni la danza a qualche prigioniero e che organizzi uno spettacolo.

Questa premessa, come innesco narrativo, è di sicuro bislacca e poco credibile ma la maestria degli attori la rende per noi più verosimile di tutti gli elementi drammatici della storia (complotti, lealtà divise e orrori della guerra in generale) che purtroppo non hanno sviluppi significativi ne’ risoluzioni. La dichiarazione al proposito del regista Kang Hyeong-cheol sembra essere quella che mette in bocca a Yang Pan-rae (“Fucking ideology” – “Fottuta ideologia”) e che con un leggero rimaneggiamento diverrà il titolo dello spettacolo di tip-tap: “Fuck ideology” – “Che l’ideologia vada a farsi fottere”. Comunismo e capitalismo sono posti in modo semplicistico e astratto sullo stesso livello: se i coreani non conoscessero entrambi, è il messaggio esplicito, ricorderebbero di essere un popolo e ogni male finirebbe… però al regista basterebbe uno sguardo nemmeno troppo approfondito alle tragedie storiche del proprio paese per rendersi conto che questa è una fantasia consolatoria – senza toccare le suddette “ideologie”, per secoli strettissime divisioni di classe e spadroneggiamenti abominevoli della nobiltà hanno annegato la penisola coreana nella sofferenza e nel sangue.

swing kids 2

Ad ogni modo, tornando alla pellicola, il sergente Jackson riesce a superare le barriere linguistiche e culturali e a mettere insieme la squadra di tip-tap: oltre a Yang Pan-rae, che è un’orfana non prigioniera determinata a salvare i familiari che le restano facendo qualsiasi mestiere, il gruppetto è composto dal soldato cinese aspirante coreografo Xiao Pang (Kim Min-Ho), dal civile Kang Byung-sam (Oh Jung-se) finito nel campo perché accusato falsamente di essere comunista e dal comunista vero e proprio nonché fratello minore di un eroe di guerra nordcoreano Ro Ki-su. L’attore che interpreta quest’ultimo è una star del k-pop e di solito ciò non promette bene per la recitazione, ma Do Kyung-su è stato eccellente nel rendere le trasformazioni del suo personaggio e soprattutto il bruciante desiderio di Ro Ki-su di avere musica – danza – libertà nella propria vita; ad esempio, dopo il primo incontro con Jackson e la “tap dance”, il giovane prigioniero comincia a essere ossessionato dai ritmi che coglie nel quotidiano – dalle palette che battono la biancheria ai colpi di coltello sulle verdure da soffritto, sino al digrignare di denti e al russare dei compagni di camerata durante la notte, tutto gli fornisce una base ritmica su cui ballare.

Il momento migliore del film sono senz’altro i dieci minuti circa dello spettacolo che la squadra di tip-tap mette in scena per Natale (1.49 / 1.59): un’esibizione mozzafiato sulle note di “Sing sing sing” (Benny Goodman) che è possibile rivedere molteplici volte senza perdere una briciola di entusiasmo. Ma è tutto: la fucking ideology ha già preso possesso della scena con il complotto nordcoreano per uccidere il comandante del campo a cui Ro Ki-su dovrebbe prender parte proprio al termine dello show – e le due linee narrative stridono, si scontrano, si contraddicono e collassano. Il fratello del protagonista (l’eroe di guerra che abbiamo scoperto essere un disabile dal fisico imponente e dall’età mentale di un bambino) inscena la sparatoria prevista ma non riesce ad assassinare il generale. L’intero gruppetto di tap dancers, invece, è prevedibilmente massacrato su ordine di costui. Per suscitare maggior orrore in platea, a Ro Ki-su i soldati statunitensi sparano prima alle ginocchia… Sopravvive il solo Jackson, che nel finale vediamo ai giorni nostri come anziano turista nel campo di Geoje: entra nel locale in cui si allenava con i suoi quattro amici e si china, per sfiorare con la mano il pavimento di legno su cui le claquettes delle scarpe da tip-tap risuonavano così bene. Lo schermo si fa scuro e parte “Free as a bird” – “Libero come un uccello” (Beatles, 1995) che ci accompagnerà per tutti i titoli di coda. Al di là delle mie perplessità sulla pellicola nel suo complesso, credo sia un buon messaggio di chiusura:

Free as a bird

It’s the next best thing to be

Free as a bird

(Libero come un uccello / E’ prossima cosa migliore da essere / Libero come un uccello)

swing kids

Maria G. Di Rienzo

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