Antonia Núñez ha 25 anni, è originaria di un villaggio spagnolo che conta 600 abitanti, Benarrabás, e lavora a Siviglia come assistente sociale. Divide la casa con una collega impiegata, ambedue sono single. Antonia, per essere riuscita a prendere un diploma, è la fonte principale di orgoglio per sua madre, che era solita dirle quando frequentava le superiori: “Anche se dovessi ripetere un anno, non c’è problema. Lo ripeti e vai avanti.” Ma non ce n’è stato bisogno e Antonia è andata tranquillamente all’università. Cosa c’è di straordinario? In effetti niente: ma dall’esterno può apparire tale perché Antonia, e la sua collega-convivente Tamara Amador, sono “zingare” e per per poter studiare ed avere una vita indipendente hanno dovuto abbattere molti ostacoli.
“Bisogna buttar giù le barriere un po’ alla volta.”, conferma Antonia, che ricorda i mesi di discussione in famiglia quando rese chiaro che avrebbe lasciato il villaggio per proseguire gli studi, che non intendeva sposarsi, e meno che mai con il suo primo ragazzo. Tamara, oggi 31enne, è passata per la stessa strada. Alla fine delle medie i genitori la tolsero da scuola, perché si occupasse dei lavori domestici. Ma a loro insaputa, Tamara si iscrisse ad un istituto tecnico per segretarie. Fu suo padre a scoprirlo per primo, e cedette ai desideri della figlia: “Il suo consenso cambiò tutto. In precedenza era stato molto ostile all’istruzione, in special modo per le donne, ma alla fine fu lui a seguirmi con attenzione particolare, affinché riuscissi bene negli studi. I miei genitori sono venditori ambulanti: a volte giravano attorno alla mia scuola con il loro furgoncino, per vedere se c’ero andata davvero.”
Antonia e Tamara lavorano alla “Federazione andalusa delle donne gitane”, Fakali, e sono consapevoli di essere diventate entrambe dei modelli per le parenti e le amiche più giovani. “Quando le mie cugine seppero che mi ero trasferita a Siviglia”, racconta Antonia, “hanno pensato che mi fossi sposata. Poi hanno saputo che c’ero andata per studiare, e si sono entusiasmate. La più piccola dice già che seguirà le mie orme.” A metà degli anni ’80, in Spagna non vi erano praticamente alunni Rom nelle scuole. Oggi, il 100% finisce le elementari, ma non va molto più in là; solo il 20% arriva al diploma di scuola superiore e di questo 20% i due terzi sono maschi. Un fattore chiave in questa situazione sono le multiple discriminazioni che i Rom subiscono, ma altri due sono il sessismo e il timore di “perdere” la propria identità.
Sara Giménez, che pure lavora per Fakali, nel 2000 è diventata la prima donna Rom della regione aragonese a conseguire una laurea in legge. Il principale ostacolo che lei ha dovuto demolire riguardava il timore della sua famiglia che l’esposizione al mondo esterno e il frequentare l’università l’avrebbero alienata dalle sue radici: “Maneggiavo costantemente due discorsi:”, dice la 35enne Sara, “quello dei miei insegnanti che mi dicevano di studiare, e quello dei miei parenti che avevano paura. Erano ossessionati da questo tipo di pensiero: E se andando a scuola smette di essere gitana? Ma i costumi e le tradizioni cambiano per adattarsi ai tempi in cui vivi. Non perdi la tua identità se non segui degli usi che i tuoi genitori seguivano. La nostra società è ancora molto patriarcale, e nella società nel suo complesso dobbiamo aggiungere la difficoltà di essere Rom. Tuttavia le donne gitane si stanno dimostrando il vero motore del cambiamento: sono quelle che trovano la forza di spingere tutti gli altri in avanti. Solo vent’anni fa “non era gitano” che le ragazze andassero a scuola o avessero un lavoro fuori casa. Oggi lo è.”
Per sapere quanto è vero, basterebbe scambiare quattro chiacchiere con Rocío Delgado, 38enne mediatrice culturale. Rocío si considera parte dei gitani invisibili: “La gente è interessata solo a quelli che seguono le antiche tradizioni o a chi pratica il flamenco. Nel mezzo c’è tutto il resto di noi, che condivide un’identità avendo però credenze, religioni, ideologie, professioni diverse, e stiamo crescendo di numero.” Sposata a 15 anni, separata da dieci, Rocío è l’eroina dei suoi tre figli. La maggiore, che ha 18 anni, sta studiando per diventare parrucchiera, e i gemelli undicenni hanno appena finito le elementari. “Parlo loro delle mie esperienze, di modo che imparino da esse. Non voglio che si sposino in giovane età. Preferirei vederli studiare, vivere, e lottare.” Maria G. Di Rienzo
(Fonti: El Pais, Fakali, Safe World for Women)