(“On surviving the Christmas holidays as a lesbian in Bulgaria” di Lora Novachkova – in immagine – per Open Democracy, 9 gennaio 2017, trad. Maria G. Di Rienzo. Lora, femminista anarchica, si è laureata all’Università di Vienna con una specializzazione in Studi di genere.)
Mi trovo di nuovo in Bulgaria per le vacanza di Natale e Capodanno e sono in un luogo che si suppone essere “casa mia”, con i membri della mia famiglia omofobica che sono convinti di amarmi incondizionatamente.
L’anno scorso, all’incirca nello stesso periodo, ho dato le dimissioni dal mio lavoro come direttrice dei programmi del settore “Diritti e Movimenti LGBTI” del Centro Risorse della Fondazione Bilitis, a causa di un grave esaurimento nervoso. Ero frustrata dal vivere a Sofia, un città coperta di svastiche, e ho deciso che era ora di smettere di aver paura di essere assalita per strada. Mi sono trasferita in Spagna, dove posso di nuovo tenere per mano la mia compagna in pubblica. Tuttavia, non appena è stato il momento di far visita a “casa”, l’illusione è svanita e al suo posto è subentrata l’amara riflessione del dover fronteggiare l’omofobia della mia famiglia così come dell’intera società in cui sono cresciuta.
In maggioranza le persone LGBTI in Bulgaria sono costrette a condurre una doppia vita, o a emigrare per poter esprimere il loro orientamento sessuale più o meno liberamente. Sebbene sia difficile avere le statistiche nazionali sulle attitudini verso le persone LGBTI, i risultati di un sondaggio dell’Unione Europea del 2015 hanno mostrato che il 68% della popolazione si oppone ai matrimoni fra persone dello stesso sesso, che sono stati banditi dal governo nel 1991. La stragrande maggioranza dei bulgari vede questi desideri come malattia o devianza ma mai, per niente, come qualcosa di “naturale” (qualsiasi cosa questa parola significhi).
Ricordo il Natale del 2011, quando mi fu gentilmente chiesto dai miei familiari, che sono cristiani ortodossi come la maggioranza dei bulgari, di consultare un imam per rompere la “malvagia maledizione” che aveva fatto di me una lesbica, perché la mia famiglia crede che la mia omosessualità sia il risultato di magia nera. Ironicamente, i miei genitori non riuscirono a spiegare al tipo di cosa erano preoccupati e si aspettavano che lui lo “vedesse” in qualche modo. E’ una pratica assai diffusa, in Bulgaria, consultare imam di origine turca quando c’è il sospetto di essere sotto l’influenza di magia nera. Normalmente, vai a casa dell’imam e gli lasci una donazione per il suo lavoro. Non so se quello in questione fosse in grado di “vedere” il “problema”, ma pare che il suo lavoro non raggiunse il risultato sperato. Perciò, la procedura dovette essere ripetuta nel 2014.
Questa volta consultammo una “vrachka”, un’indovina di sesso femminile in grado anche di rompere incantesimi. Mi chiese perché, dopo aver avuto un ragazzo per alcuni anni, ho cominciato a uscire con le ragazze. Pensò che la mia risposta non fosse convincente, ma non sentivo il bisogno di arrivare a farle capire qualcosa.
Mentre facevo ricerche per la mia tesi di laurea, in cui indagavo le interconnessioni fra l’omofobia sociale e quella familiare in Bulgaria, mi sono imbattuta in storie simili raccontate da molte altre lesbiche. Io visitai questi “consulenti” perché ero per lo più curiosa come ricercatrice ma anche se non l’avessi fatto i miei genitori avrebbero comunque visto la mia omosessualità come l’influenza di un oscuro incantesimo. Un consulto psicologico è anche, tristemente, non la risposta perché in Bulgaria queste istituzione non possono garantire uno spazio sicuro a causa della natura del soggetto. Ovviamente, in tale contesto omofobico, ci sono un mucchio di psicologi incompetenti che fanno affari non etici rinforzando l’omofobia e traumatizzando le giovani persone LGBTI che dovranno poi affrontarne le conseguenze per tutta la vita. Poiché in Bulgaria non ci sono telefoni amici o qualsiasi altra risorsa pubblica per venire incontro alle necessità delle persone LGBTI, siamo in pratica lasciati a gestire il processo da soli, nei modi in cui possiamo farlo. In simili circostanze (senza l’aiuto di specialisti), la reazione familiare diventa assolutamente cruciale nella percezione che un individuo ha di se stesso.
Tornando alle mie riflessioni sul Natale, non è stato un periodo allegro. Lo sforzo mentale di sopprimere la rabbia verso l’ignoranza della propria famiglia è duro, e dover recitare il ruolo di una persona felice di essere tornata a “casa” non lo rende meno pesante. Per me, questo mondo ha perso il suo significato quando un paio d’anni fa tornai in Bulgaria da Berlino con la mia ragazza e ci fu richiesto di non venire a “casa”. Stavamo insieme da tre anni, e avevamo trascorso metà di questo tempo a Sofia, ma ciò non ha indotto i miei genitori a volerla conoscere. Mia madre non ha mai messo piede nel nostro appartamento. Mio padre osò farlo, ma solo quando lei non c’era. Quando lo incontravo, dovevo raggiungere il posto dove si trovava da sola. La legittimazione per la “mancanza di simpatia” della mia famiglia nei suoi confronti è che lei è più vecchia di me di tredici anni. Come sappiamo, l’omofobia raramente arriva da sola. Più spesso che no, si intreccia con il sessismo, con i pregiudizi sull’età, eccetera.
La scorsa estate i miei genitori mi fecero visita in Spagna. Ero sinceramente entusiasta della loro visita perché per me significava che, per la prima volta, avrebbero incontrato una mia compagna. Chiedemmo perché accettavano di incontrare lei, ma non la mia ex partner con cui ero stata tre anni. Sarebbe stato meglio non chiedere. Mio padre spiegò che l’età della mia compagna precedente lo aveva indotto a concludere che lei era veramente una lesbica, ma poiché la mia compagna attuale ha nove anni meno di me, loro vedevano la nostra relazione come l’esperimento di una persona giovane. Ero sconvolta, offesa e volevo urlare, ma invece ho dovuto sopportare perché quello era solo il primo giorno e dovevano passarne altri quattro. Dopo di ciò, volammo in Bulgaria, dove mi avvisarono di non portarla.
Questo accadde in estate e ora è inverno, nulla è cambiato. La mia compagna e io siamo nella stessa città per Natale e Capodanno, ma ne’ io ne’ lei possiamo portare l’altra a “casa”. Mi chiedo: quante coppie omosessuali smettono di tenersi per mano non appena atterranno all’aeroporto di Sofia?