“Non una sola persona che mi abbia umiliata per il mio peso si è mai preoccupata di chiedermi se voglio essere magra. Non voglio. La gente proprio non riesce a comprendere che i corpi magri non sono un desiderio universale.” Sherronda J. Brown, giovane donna di colore femminista e attivista per il cambiamento sociale, 2018.
Ieri alcuni giornali riportavano questa notizia (con titoli più o meno simili a quello citato qui di seguito): “Sei grassa, dimagrisci: maltratta per mesi la figlia 16enne, mamma denunciata a Como”.
Una sedicenne alta un metro e 72 cm. aveva l’ordine, da parte della madre, di non superare i 50 kg. di peso. Allo scopo, subiva ogni giorno “insulti e botte” e “se il suo peso aumentava anche solo di un etto, l’aggressività della madre era incontenibile”.
Tutto per la salute, come si sa: infatti alla ragazza erano scomparse le mestruazioni, accusava continue emicranie e sveniva spesso. La situazione di abuso nei confronti della 16enne e le sue conseguenti condizioni fisiche erano così preoccupanti da indurre la zia paterna, medico, a presentare denuncia. La madre, 47 anni, è stata “allontanata dalla casa familiare con l’accusa di maltrattamenti aggravati, con il divieto assoluto di avvicinare la figlia in ogni luogo da lei frequentato, e di cercare di contattarla con qualunque mezzo.”
La giustizia non può – ne’ deve – andare oltre questo, ovviamente. Non può curare le ferite inferte al corpo e alla mente della fanciulla. Non modifica l’attuale assetto sociale di odio per le persone (soprattutto per le donne) non rispondenti al modello unico e obbligatorio di “magra bellezza”. E’ in grado di dire alla madre che ha sbagliato (maltrattamenti aggravati) ma non il perché.
Il perché sta nelle migliaia di messaggi che costei ha ricevuto e continuerà a ricevere tramite tutti i media a disposizione e virtualmente da quasi ogni occasione di incontro / relazione con altri: basandomi solo sulla mia esperienza, su quattro conversazioni casuali che orecchio per strada o al supermercato ecc., tre hanno a che fare con il grasso corporeo.
Quest’ultimo è presentato come qualcosa di separato dall’interezza di un corpo e dalla conoscenza di una persona del suo proprio, unico e irripetibile corpo. Se ne parla come di un difetto di attitudine / personalità, qualcosa che dev’essere riformato; alcuni scriteriati “opinionisti” si spingono a considerarlo il risultato di una “tossicodipendenza”, dove l’aborrita droga sarebbe il cibo.
La persistente retorica sulla “fitness” gira tutta attorno alla perdita di peso (sempre soprattutto per le donne): bruciare il grasso e ottenere un girovita “adeguato” (nel nostro caso, uno che faccia girare la testa agli uomini) sono i concetti chiave di ogni campagna pubblicitaria al proposito.
Come ho già detto in passato, gli stimoli sociali creano un clima ma non sono ricevuti e processati allo stesso identico modo da ognuno di noi, giacché ognuno di noi ha una storia diversa e capacità diverse e così via. Se in generale riceviamo tutte/i la minaccia insita nelle campagne anti-grasso, la nostra risposta ad essa dipende dal nostro carattere, dal nostro stato mentale – fragilità e ansie, dalla nostra posizione sociale – possibilità di accedere a informazioni e risorse, e dalla nostra credibilità sociale: già essere una donna fissa quest’ultima a un livello medio-basso, ma se sei pure “non conforme” – o magari madre di una “non conforme”, il che segnalerebbe la tua inadeguatezza come genitore – tale livello cola a picco.
La madre violenta ha trovato validazione e incoraggiamento all’abuso nel clima sociale corrente, esattamente come trovano validazione e incoraggiamento nel clima sociale corrente gli stupratori, i picchiatori e gli assassini di donne. Se non riusciamo a vedere e a sradicare l’odio per i corpi delle donne, in ambo le dimensioni, il peso della nostra inazione sono storie di violenza, di autolesionismo, di suicidio e di omicidio. Ogni titolo giornalistico di ieri che inneggiava ai 60 anni di Barbie “priva di rughe” (signore/i non fatemi bestemmiare: quella è plastica, non carne), ogni menzogna dell’industria dietetica / cosmetica, ogni nuova dieta bislacca strombazzata da medici incompetenti e da incompetenti tout court, ogni sfilata di modelle anoressiche… si trasformano in passi verso l’abuso e il dolore.
La vita in sé non è avara di esperienze spiacevoli per ciascuna/o di noi: credetemi, non vi è alcuna necessità di aumentarle artificialmente, meno che mai per il profitto del sistema capitalista-patriarcale. Maria G. Di Rienzo