2 novembre 2019: “Milano, abusi sulla figlia minorenne, arrestato un uomo di 44 anni – Il racconto shock di una ragazzina: arrestato il compagno della madre”
Quest’uomo picchiava abitualmente la convivente sino a romperle naso e costole e danneggiarle la milza.
La figlia maggiore di costei, ora quattordicenne, ha subito assalti sessuali dal “patrigno” da quando ne aveva dodici.
La ragazzina nascondeva nell’armadio i fratelli più piccoli quando cominciavano i pestaggi diretti a sua madre. Se i bimbi infatti scoppiavano a piangere, l’uomo li infilava sotto la doccia fredda per farli smettere.
Uno dei fratellini è un neonato, l’unico a essere figlio del 44enne: alla visita medica è risultato in astinenza da sostanze stupefacenti. Pare che l’uomo costringesse la compagna ad assumerle durante la gravidanza.
L’individuo in questione ha un procedimento penale in corso per minacce al giudice che aveva deciso di togliere il neonato ai genitori. Nel 2015 era stato processato per violenze e maltrattamenti nei confronti dell’allora ex compagna. E’ stato assolto in appello, perché “la ricostruzione della donna è stata ritenuta inattendibile”.
Ormai è un classico: faccio da decenni abitualmente una sorta di “giro del mondo” fra inchieste, ricerche, studi sulla violenza di genere e la questione continua a saltar fuori ovunque.
1. Quando le donne condividono o denunciano esperienze di violenza i loro racconti sono troppo spesso ignorati, minimizzati, trivializzati e usati contro di loro – dalle forze dell’ordine, dai tribunali e dai media. Se a giudicarti bugiarda a priori e comunque sempre corresponsabile dei torti che hai subito sono proprio quelli che dovrebbero difendere i tuoi diritti umani, ciò serve da alimentatore della violenza e da deterrente per le prossime vittime. Sono così stanca di doverlo ripetere che potrei mordere il prossimo idiota ululante: “denunciate, perché non denunciate, allora vi sta bene, ecc.”
2. Il segnale più consistente che un uomo sia incline a usare violenza contro le donne è il suo manifestare attitudini patriarcali, sessiste, sessualmente ostili. Tuttavia, se la società di cui fa parte sta al gioco e ciancia di scherzi, ironia-opinione, esagerazioni o menzogne o vittimismo da parte delle donne, mostrando un’assoluta mancanza di empatia, le probabilità che un uomo abbandoni tali atteggiamenti si aggirano attorno allo zero.
Vogliamo fare qualcosa al proposito? Soprattutto, gli uomini vogliono agire? Molto bene.
A livello individuale:
– Cambiate il modo consueto e quotidiano in cui parlate di donne. Al prossimo commento cosce-tette-culo, al prossimo insulto sessista, alla prossima prevaricazione o discriminazione, al prossimo atto di violenza: sottraete attivamente il vostro consenso. No, non ci sto, non mi fa ridere, non voglio discutere in questi termini, non voglio essere complice dei tuoi abusi, se non riesci a mutare quest’attitudine io non voglio parlare con te dell’argomento.
– Cercate le voci delle donne e ascoltatele. Intendo: veramente. Tacete, non intervenite, non interrompete, tenete le mani distanti dalla tastiera – per una volta, ascoltate e basta.
– Esaminate criticamente quanto credete di sapere dell’altra metà del cielo. Vi hanno detto questo e quello, avete letto questo e quest’altro, ma le informazioni concordano o no con le esperienze che le donne vi narrano?
– Fate pratica di empatia mettendovi nei loro panni. Voi non avete paura di uscire quando fa sera. A voi non sono rifilati ogni giorno centinaia di avvisi e consigli su come e dove muovervi, su cosa indossare e perché, su come apparire o scomparire. Voi non siete bersagli predestinati a causa del vostro sesso. Accettereste un’esistenza simile, la trovereste gratificante?
– Unitevi a gruppi / associazioni / forum che discutono seriamente di violenza di genere, agiscono fattivamente in merito e chiedono alla classe politica di intervenire.
A livello istituzionale, se siete fra i decisori:
– Prendete pubblico impegno ad ascoltare e rispondere alle donne e per la loro inclusione nei processi decisionali.
– Espandete la discussione sulla “sicurezza” in modo che diventi più sensata, olistica e inclusiva. La sicurezza delle donne è messa in discussione per l’intera durata delle loro vite dalla violenza di genere.
– Siate proattivi e create spazi per la discussione e la partecipazione.
– Valutate e migliorate leggi, politiche e pratiche.
– Pretendete l’applicazione dei protocolli nazionali ed internazionali già in vigore ma del tutto disattesi.
– Date l’avvio a processi di istruzione / aggiornamento per chiunque entri professionalmente in contatto con donne vittime di violenza: polizia, carabinieri, operatori sanitari, magistrati. Tenete presente che non potete affidare progettazione e organizzazione dei corsi alla prima squinternata in cerca di riflettori che passa. Chi deve tenere il timone sono le organizzazioni e le reti di donne che lavorano contro la violenza.
– Sostenete e finanziate dette organizzazioni e reti.
Maria G. Di Rienzo
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