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I primi lanci di agenzia definivano “nordafricani” l’assassino del vicebrigadiere Mario Rega Cerciello e il suo complice. Oggi sappiamo che sono statunitensi, consumatori di cocaina che erano stati imbrogliati da uno spacciatore, e l’omicida ha confessato. Non mi sono curata di verificare cosa dicano appunto oggi i nostri inqualificabili politici, ma ieri, la morte atroce a coltellate di un giovane carabiniere è servita loro per mettere in scena il consueto spettacolo di razzismo e violenza verbale.

Salvini, che non sembra vivere nella realtà, ha immediatamente riscritto il suo solito film promettendo pene non previste dall’ordinamento giudiziario italiano: “Caccia all’uomo a Roma per fermare il bastardo che stanotte ha ucciso un carabiniere a coltellate. Sono sicuro che lo prenderanno e che pagherà fino in fondo la sua violenza: lavori forzati in carcere finché campa.”

Di Maio ha parlato di “atto vile nei confronti dello Stato” e ha chiesto l’espulsione dei responsabili.

Meloni ha strillato “Basta far approdare animali”.

Gli improvvidi seguaci di costoro si sono immediatamente adeguati:

“Maledetti, maledetti e maledetta la sinistra che li ha fatti entrare e che continua a foraggiarli.”

“Bisognerebbe applicare le leggi che hanno nei paesi musulmani in questi casi occhio per occhio dente per dente: uccidi per pochi euro? Pena di morte. In italia (Nda.: minuscolo nell’originale) resteranno impuniti i delinquenti difatti vengono proprio qui per delinquere perché sanno che non gli faranno mai nulla.”

“E’ colpa di Carola.” Eccetera.

Sig. Presidente Trump, buongiorno: il governo italiano desidera informarla che due cittadini del suo grande paese sono sbarcati a Roma da una nave addetta al soccorso in mare, dopo aver tentato di attraversare l’Atlantico in gommone. Nella capitale italiana, alloggiati in albergo di lusso poiché foraggiati dalla sinistra, hanno tentato l’acquisto di beni di prima necessità (cocaina) e hanno purtroppo subito una truffa (i venditori al dettaglio gli hanno rifilato dell’aspirina).

Questo ha comprensibilmente irritato i suoi connazionali, uno dei quali ha massacrato con otto coltellate un membro delle nostre forze dell’ordine. Sviati da informazioni errate, abbiamo in principio definito i due statunitensi “maledetti animali bastardi” e stavamo per riscrivere il Codice Penale per condannarli ai lavori forzati, giustiziarli e espellerli, non avendo ben chiaro in che ordine fare queste cose, ma sono dettagli: la cosa importante era sfruttare la vicenda per la nostra propaganda. Come lei ben sa, il clima politico attuale richiede sempre maggiori incitamenti alla brutalità che non risolvono alcun problema ma gonfiano le nostre percentuali di elettori e quindi, soprattutto, le nostre tasche.

Ora che però conosciamo la nazionalità dei coinvolti, siamo un po’ incerti sul prossimo corso d’azione. Sarebbe così gentile da fornirci qualche documento farlocco che li identifichi come nipoti di Sanders o delle immagini “photoshoppate” che li ritraggano sotto braccio ad Alexandria Ocasio-Cortez? Ci aiuterebbe a chiarire che la colpa di qualsiasi atrocità accada in Italia è sempre dei nostri avversari politici.

Ringraziandola anticipatamente, ci firmiamo come il fedele e servile “governo del cambiamento”, sdraiato a tappeto sotto i piedi dei potenti: viva la grande Russia! (Salvini, no, che accidente fai?!) viva la bandiera stelle e strisce, viva l’aquila americana!

Maria G. Di Rienzo

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16 giugno 2019: “Roma, “Toglietevi la maglietta del cinema America, siete antifascisti!” Aggrediti 4 ventenni a Trastevere. – L’attacco da parte di una decina di persone la scorsa notte alle 4 del mattino. I ragazzi avevano trascorso la serata in piazza San Cosimato per seguire le proiezioni cinematografiche. Bottigliate, pugni, insulti e testate con minacce affinché i ragazzi levassero le magliette. Il più grave è ricoverato con una frattura al naso.”

Immagino conosciate la notizia e abbiate letto le attestazioni di solidarietà agli aggrediti di politici / artisti nonché la dichiarazione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Aspettiamo le necessarie verifiche, ma se i fatti fossero confermati sarebbe un episodio gravissimo, aggravato dalla intolleranza ideologica”.

Poiché ogni tipo di violenza non accade per caso e in un vuoto, riguardo a quella di tipo “politico” forse il sig. Conte dovrebbe dare un’occhiata spassionata a membri e operato del suo governo. La relazione di quest’ultimo con il popolo italiano comprende purtroppo:

1. Allarmismo, proclami di emergenze, individuazione di nemici esterni per i problemi del Paese e promesse correlate di risolvere le situazioni di forza, con il pugno di ferro.

L’effetto di questo atteggiamento è rendere le persone preoccupate, costantemente allerta e insicure. La retorica di guerra non prevede soluzioni nonviolente. Chi la riceve è aggressivamente invitato a schierarsi dalla parte “giusta” o, se non vuole farlo, indicato come complice che guadagna occultamente dalle situazioni di disagio e sfidato a risolvere personalmente i problemi di una nazione intera. (“Mi chiedo chi li paga”, “Le risorse boldriniane”, “I migranti può portarseli a casa sua” ecc.)

2. L’esposizione al pubblico ludibrio degli oppositori politici. Le opinioni diverse o contrastanti non sono affrontate come tali, e se del caso smantellate nel merito: è chi le professa che dev’essere schernito, insultato, deriso e delegittimato. La discussione si sposta ad esempio da quel che una donna politica sostiene su una questione precisa a quanto la stessa risponda ad arbitrari canoni di “femminilità” e “bellezza”: se non funziona, resta sempre valida l’esortazione sessista a “tornare a casa, in cucina, a fare la calza”, eccetera. Lo scopo del trattamento è umiliare chi lo riceve, spezzandone in tal modo la volontà di continuare a parlare / agire. L’effetto di ciò sui testimoni (il popolo italiano) include le reazioni psicologiche note come “identificazione con l’aggressore” – non voglio diventare un bersaglio come lei/lui, meglio stare dalla parte di chi tira al bersaglio e, poiché l’aggressore ha uno status molto alto, “sottomissione” – questa persona ha il potere di far intervenire la polizia e la magistratura contro di me, non è saggio contrastarla.

3. Un lunghissima, ininterrotta storia di corruzione. La quale, ovviamente, oltre ad essere di incoraggiamento a chiunque voglia violare le leggi, incorpora un’inquietante narrazione per cui compiere reati è fonte di ricompense, riconoscimenti e gratificazioni: il politico corrotto ottiene il veto del Parlamento ai procedimenti legali nei suoi confronti, oppure assoluzioni e prescrizioni; nel contempo il suo schieramento gli giura massima fedeltà e se può lo “promuove” conferendogli cariche ulteriori.

4. La reiterata e urlata convinzione che chi vince (le elezioni) prende tutto ed è legittimato a fare qualsiasi cosa. Però questo scenario descrive una dittatura: anche Hitler fu votato, ma in una democrazia le cose non stanno così. I vincoli costituzionali delimitano il potere politico proprio perché esso non vada oltre le sue funzioni, intaccando diritti e libertà del popolo sovrano.

Capite bene che la manifesta intolleranza di questo assetto non può aspettarsi di generare o favorire “tolleranza ideologica” nei cittadini a cui si rivolge. Episodi simili a quello di Trastevere, in tale contesto, sono destinati a ripetersi. La condanna della violenza, però, non può limitarsi agli attestati di solidarietà alle vittime di aggressione: è necessario che noi si sottragga sistematicamente il consenso alla violenza stessa. Perciò, per quanto la sirena ci tenti e per quanto ossessivo e pervasivo sia il suo canto, noi dobbiamo smettere di usare lo stesso linguaggio, gli stessi tropi, gli stessi atteggiamenti degli aggressori. Vi sto dicendo di scansarvi, sempre, come forma di lotta e resistenza: non accettate il terreno di scontro che vi viene imposto ne’ gli attrezzi che ne fanno parte (dileggio, volgarità, assalti verbali e fisici), portate i vostri oppositori a un livello diverso dove debbano esaminare e argomentare quel che fanno, ostracizzate la loro violenza come metodo inaccettabile di avere relazioni fra creature viventi. Richiede più abilità e intelligenza e passione e impegno del semplice prendere a testate sul naso chi non ci piace ma ragazze/i, non ve l’avevano già detto che la rivoluzione non è un pranzo di gala?

Maria G. Di Rienzo

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casa donne roma

Stamattina, l’appello su Change.org per assicurare un futuro alla Casa Internazionale delle Donne di Roma aveva raggiunto 100.737 firme. In esso si legge, fra l’altro: “(…) le donne che la animano hanno spiegato a noi, agli interlocutori istituzionali e a tutte/i coloro che hanno a cuore la sua esistenza, che la Casa ha pagato per tutti i 15 anni di gestione, buona parte del canone e ha sostenuto gli ingenti costi di manutenzione di cui uno stabile storico, quale è il complesso del Buon Pastore (un palazzo del 1660), necessita.

Il tutto senza contributi e finanziamenti pubblici, solo con l’autofinanziamento, rendendo così fruibile per la città questo splendido luogo: aperto, frequentabile, pieno tutti i giorni di attività e di servizi a disposizione delle donne, in particolare di quelle con minori possibilità. (…) La Casa, le associazioni e le tantissime donne che la abitano e la rendono fruibile devono essere messe in sicurezza, devono poter continuare ad agire e progettare il futuro. Per ottenere questo risultato, basterebbe applicare le leggi che consentono di concedere alla Casa Internazionale un canone gratuito, mettere a valore il ruolo sociale e culturale che la Casa svolge, riconoscere il pregio dell’opera di manutenzione e salvaguardia di un bene culturale della città e il prezioso contributo dei servizi che alla Casa le donne trovano e quindi anche ristrutturare il debito, a partire dal riconoscimento della sua reale entità.”

Su Repubblica di ieri, però, la sindaca di Roma Virginia Raggi così si esprime al proposito (l’enfasi su alcune parti del discorso è mia):

Noi abbiamo lottato per avere gli stessi diritti, non per avere privilegi, per me il femminismo è questo, non altro. Non si deve pensare che perché siamo donne abbiamo diritto di scavalcare leggi e regole. L’associazione Casa Internazionale delle Donne continua a non voler pagare neanche una piccola quota peraltro ulteriormente scontata: al posto del 20% devono pagare il 10% del canone di mercato. Parliamo di un prezzo irrisorio. Oggi ammonta a 900 mila euro e dovrebbero pagare molto di più. (…) Io non ho vissuto gli anni del femminismo, ma ci sono tante donne che ci hanno portato dove siamo oggi e io sono grata. Però io ricordo che abbiamo lottato per avere parità (di) diritti e doveri, non per avere privilegi.”

Virginia Raggi non sa cos’è il femminismo. Infatti, ne parla come di un fenomeno situato in un distante periodo storico, per il quale sarebbe (il condizionale è d’obbligo, stante ciò che ha detto) grata alle donne che hanno lottato per portarci dove siamo oggi. Prima necessaria correzione: il femminismo è vivo e vegeto – e scalciante, come si dice in inglese – in ogni parte del mondo.

In secondo luogo, è vero che senza il femminismo Raggi non ricoprirebbe il ruolo che ricopre attualmente, ma non è assolutamente vero che la parità di diritti e doveri fra donne e uomini sia stata raggiunta. Meno che mai in Italia (i dati vengono da Eurostat, Istat, World Economic Forum, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, Agenzia Donne Nazioni Unite e fanno riferimento al 2017):

– il nostro paese ha “una delle forze lavoro femminili più basse in Europa e nei paesi sviluppati”, con meno della metà delle donne in età lavorativa effettivamente impiegate;

– circa il 62% del lavoro quotidiano delle donne non è pagato, a confronto del 30% che riguarda gli uomini;

– le donne in Italia lavorano di media più a lungo degli uomini, 512 minuti al giorno contro 453, e nel contempo hanno molte più probabilità di essere disoccupate o impiegate part-time;

– la percentuale di donne nel Parlamento italiano (31%) dice che la nostra nazione fa peggio di quanto facciano Ecuador, Angola e Bielorussia, solo per nominarne altre tre;

– il numero di primi ministri e presidenti italiani di sesso femminile è storicamente “a big fat zero” (come è definito nei documenti internazionali), uno zero bello tondo;

– le donne ammontano al 16% dei vertici decisionali e meno del 34% fa parte di consigli d’amministrazione (e questo nonostante sia stata introdotta una quota a norma di legge, temporanea, che richiede ai suddetti consigli di essere composti per almeno un terzo da donne);

– dal 2007 al 2017 la percentuale di femicidi / femminicidi è cresciuta di dieci punti percentuali, dal 24 al 34%;

– nel 2017 sono stati denunciati 4.261 casi di violenza sessuale su donne, ragazze e bambine; circa tre milioni e mezzo di donne italiane fra i 16 e i 70 anni d’età sono state vittime di stalking (due milioni e duecentomila da parte di un ex partner);

– circa metà delle donne adulte italiane ha fatto esperienza di qualche forma di molestia sessuale: otto milioni e duecentomila fra i 14 e i 65 anni;

– un milione e quattrocentomila, nella stessa fascia d’età, ha subito molestie sessuali o ricatti sessuali sul lavoro.

Potrei continuare, ma come lista di calci in faccia è già abbastanza lunga. Luoghi come la Casa Internazionale delle Donne di Roma lavorano per renderla più corta e infine per cancellarla del tutto. Dove li vede i privilegi, la sig.a Raggi? L’attivismo sociale femminista non può essere equiparato a una pizzeria o una boutique cianciando di canoni di mercato. Le vite delle donne – e degli esseri umani in generale – non hanno prezzo.

Maria G. Di Rienzo

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Senza memoria e senza storia; privi di una visione a lungo termine; privi di rispetto e riconoscimento per l’impegno sociale e politico altrui; imbevuti di retorica populista e slogan truculenti che riempiono tali vuoti e di conseguenza meri fautori di una supposta “onestà” o “legalità” che non hanno basi etiche e spianano tutto al livello di “flat tax” – ricchi e poveri che pagano la stessa aliquota di tasse, non è meravigliosamente egualitario e non discriminatorio? Questi sono i politici che governeranno l’Italia (sempre riescano, dopo oltre due mesi di contrattazioni fallite sulle poltrone, a comporre un esecutivo) e che governano già alcune regioni e città, fra cui Roma.

A Roma, da trent’anni, esiste la Casa Internazionale delle Donne, collocata nell’immobile del Buon Pastore: dare conto di tutte le sue attività, dei servizi che ha fornito e fornisce, delle vite che ha salvato e arricchito, degli eventi e delle politiche che ha creato, delle intelligenze e delle passioni che la mantengono in essere, richiederebbe la redazione di un saggio. Ma niente di tutto ciò arriva alla comprensione dei grillini, maschi e femmine, che siedono nella giunta comunale romana e il cui progetto è “riallineare e promuovere il progetto Casa Internazionale della Donna alle moderne esigenze dell’amministrazione e della cittadinanza”

Le moderne esigenze (il femminismo è un inutile orpello del passato, cosa di cui potete rendervi conto leggendo meramente le notizie che riguardano le donne – in cronaca nera) dell’amministrazione (perché i cittadini / le cittadine non hanno richiesto nulla del genere) consistono:

a) nel ricavare soldi dagli immobili di sua proprietà e purtroppo quando fai attivismo / volontariato è più facile spenderli che guadagnarli;

b) nel non permettere che la struttura resti autonoma e controllarla, trasformandola in “un centro di coordinamento gestito da Roma Capitale” con cui le associazioni avranno la possibilità di collaborare tramite bandi pubblici.

Quest’ultimo punto si collega direttamente alla mancanza di comprensione che non solo gli M5S, ma l’intero spettro dei partiti politici italiani, hanno già mostrato rispetto alla violenza di genere: se il Buon Pastore, come in effetti è, fornisce servizi alle vittime di violenza… be’, chiunque può farlo. Anzi, molto meglio se a farlo è l’associazione della cugina dell’assessore o la fondazione dello zio del sindaco, così un po’ di fondi pubblici (che la Casa Internazionale delle Donne NON riceve) vanno finalmente ai meritevoli: che sono tali perché i loro parenti / amici / compagni di merende hanno vinto le elezioni e ciò giustifica in pratica qualunque cosa.

In assenza di un progetto socio-culturale chi se ne frega di quali servizi le donne otterranno: per esempio, psicologi che parleranno a donne battute del loro intrinseco masochismo, rivittimizzazione con l’esame particolareggiato dei loro “sbagli” e la conferma che la violenza è inevitabile e tocca alle sue vittime farsene carico – perché se rifiuti l’analisi femminista o non ne sei consapevole, se ignori l’enorme competenza che le attiviste femministe hanno guadagnato sul campo e nel tempo, questa è la vulgata che inevitabilmente diffondi.

La Casa Internazionale delle Donne è in arretrato con l’affitto? Be’, non siete voi quelli che vogliono cancellare con decisione unilaterale il debito pubblico dell’Italia? Riconoscete al Buon Pastore tutto quel che ha fatto in questi anni, compresi i lavori di manutenzione dell’immobile, e cancellate il suo debito, o fornite all’associazione il modo di ripagarlo con rateizzazione e servizi.

Per quel che riguarda il “riallineare” le femministe / le donne in genere temo che dobbiate scordarvelo. Il patriarcato non c’è mai riuscito. E voi siete solo gli ultimi arrivati. Maria G. Di Rienzo

I prossimi appuntamenti di mobilitazione della Casa Internazionale delle Donne:

Lunedì 21 maggio 2018, ore 11-13. conferenza stampa in Senato

(per accreditarsi inviare il nominativo in segreteria)

Lunedì 21 maggio 2018, ore 18:00

Presidio davanti all’Assessorato Roma Semplice,

via del Tempio di Giove n. 3 (Campidoglio)

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roma-26-nov-2016-2

Mie care, grazie. Anche se Roma è troppo distante – per le mie tasche – e non ho potuto godere della vostra compagnia. Ho notato, non da sola, che la copertura giornalistica/televisiva di una manifestazione così grande e riuscita è andata per la maggior parte dall’insufficiente al patetico, passando per il banale.

Qualcuno è riuscito persino a non accorgersi proprio del tutto che si trattava di una manifestazione organizzata da donne e composta principalmente da donne:

La Stampa 26 novembre: A Roma migliaia in piazza contro la violenza sulle donne.

Sono centomila, secondo gli organizzatori i partecipanti al corteo contro la violenza sulle donne partito da piazza della Repubblica a Roma e che sta percorrendo via Cavour. A fornire il dato ai cronisti è Tatiana Montella, della Rete «Io decido», che insieme alla Dire (Nda: sarebbe D.i.Re, giusto?) associazione che raccoglie i 77 centri antiviolenza italiani e all’Udi, Unione donne d’Italia (Nda: Unione Donne in Italia, dall’ultimo statuto, sempre se non sbaglio) ha organizzato la manifestazione dal titolo «Non una di meno».” C’è persino, pensate, “Un richiamo anche al movimento femminista: «Siamo femministe, siamo sempre quelle, siamo milioni di forza ribelle».”

Le femministe – scorie di un lontano passato – passavano di là, insomma, e si sono aggregate all’ultimo momento agli organizzatori (maschi) e ai partecipanti (maschi).

Ma non importa, avete vinto per voi stesse e per tutte noi una splendida giornata. Godiamoci questo momento perché da domani, lo sapete meglio di me, il lavoro continua ed è duro come sempre.

Maria G. Di Rienzo

roma-26-nov-2016

P.S.: Ho rubato le immagini della manifestazione a http://comune-info.net/

ma so che mi perdonano a priori, anche perché adesso colgo l’occasione di fare un po’ di pubblicità a questo loro lavoro:

un-movimento-a-pedali

L’idea di andare verso la libertà in bicicletta – e della libertà che la bicicletta costruisce in molti modi – merita una vostra occhiata:

http://comune-info.net/2016/11/un-movimento-pedali

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Il 26 novembre prossimo, a Roma, si tiene questa manifestazione:

manifesto-non-una-di-meno

Per saperne di più, potete andare su:

https://nonunadimeno.wordpress.com/

Le mie amiche mi dicono, perché come sapete non frequento Facebook e compagnia, che l’evento è bersagliato da polemiche, rimostranze e tristi lai (“come al solito” o “e ti pareva” aggiungono in parecchie).

Io voglio invece indicarvi un solo motivo per cui dovreste partecipare, secondo quanto le organizzatrici hanno deciso dopo aver discusso e deliberato non a capocchia, ma per inviare messaggi precisi.

Il motivo è questo, tratto dalle parole che Titti Carrano ha detto alla stampa: “Oggi c’è un attacco globale ai nostri diritti in Italia e nel resto del mondo, e da questa manifestazione usciranno proposte concrete, ad esempio un piano antiviolenza prodotto dai movimenti femministi, nato cioè dall’esperienza di chi ogni giorno, nei nostri centri, combatte sul campo l’aggressione maschile contro le donne.”

Perché questo è il fondamento della lotta contro qualsiasi tipo di violenza: l’attivo coinvolgimento dei portatori di interesse primario e degli esperti sul campo (parola di trainer).

In altre nazioni, prima di ideare piani e leggi antiviolenza o contro il femicidio/femminicidio, il tavolo di discussione ha incluso i movimenti femministi e i prodotti di detto tavolo hanno incorporato i dati da loro forniti, le loro analisi e le loro proposte su contrasto, repressione e prevenzione. In Italia non è stato fatto nulla di tutto questo. E quel che è stato fatto (poco e male) ovviamente NON FUNZIONA.

Perciò, tutte noi abbiamo bisogno di quel piano antiviolenza. Lo dobbiamo alle donne che di violenza maschile sono morte e a quelle che ne stanno soffrendo in questo momento. Lo dobbiamo alle giovani generazioni perché non ripetano gli errori appresi dagli adulti. Lo dobbiamo a noi stesse, a ciascuna di noi, perché che ci si trovi simpatiche o meno, nessuna di noi dev’essere la prossima “una di meno”. Maria G. Di Rienzo

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