“Apriti cielo.”, dice l’articolo di Repubblica mostrando tutto il fastidio di chi scrive, “E alla fine il dirigente giallorosso si scusa con le donne che si sono sentite offese.” I lettori (uomini) concordano: polemiche pretestuose, dibattiti ridicoli, polemiche senza senso, politicamente corretto portato alle estreme conseguenze (???).
E’ successo che il sig. Petrachi, direttore sportivo della Roma, protestando per un gol annullato alla sua squadra – nell’occasione il difensore del Cagliari Pisacane è stato portato fuori dal campo in barella con collare e maschera d’ossigeno – abbia spiegato furibondo che “Il calcio è un gioco maschio, non è per ballerine. Altrimenti ci mettiamo tutti le scarpine e andiamo a fare danza classica no? Questo è un gioco di maschi”.
Ribadendo che epoche e società si evolvono, la ct della nazionale di calcio femminile Milena Bertolini e la capitana della stessa Sara Gama hanno detto al proposito la stessa cosa che ripetiamo in tantissime da anni e anni e anni: “Quando si parla si deve stare attenti, le parole sono importanti e danno significato ai nostri pensieri.” (Bertolini) – “Il linguaggio plasma la realtà (…) è importante e dimostra che, per quanto cerchiamo di progredire, per il cambio culturale serve tempo. (…) E’ un’uscita ampiamente infelice in un tempo ampiamente sbagliato.” (Gama)
L’articolista però non ci sente: “Carolina Morace lo difende”, fa notare e riporta la dichiarazione della stessa per cui lei direbbe le stesse cose se le sue calciatrici “giocassero in punta di piedi”, sino a ricordare loro “non siamo ne’ signorine ne’ ballerine”. A questo punto, secondo Repubblica, parlando con l’Ansa “Gianluca Petrachi, ds della Roma, ripristina la realtà storica” (sic): era arrabbiato, voleva sottolineare che il calcio è ed “è sempre stato uno sport fisico e di contatto” e “alla Roma siamo molto orgogliosi della nostra squadra femminile e di promuovere il calcio femminile”. Naturalmente, “se qualcuno si è sentito offeso” il mister si scusa.
Ecco, femministe del menga, incartate e portate a casa: avreste dovuto tenere la bocca chiusa, invece di “cercare visibilità” con questi mezzucci (come rimprovera severo un lettore).
A me si apre un cielo di disperazione in testa quando constato che l’espressione linguistica è sempre meno collegata a senso e comprensione. Seguitemi un attimo:
1. La menzione del “gioco maschio” fisico e di contatto ecc. è una giustificazione della violenza in campo e la reiterazione della violenza stessa come tratto mascolino ab origine: è quindi lecito e normale sfasciare un avversario e farlo uscire dal campo in barella.
2. La mascolinità così espressa è definita e affermata per paragone che svilisce e svaluta la femminilità. Se gli uomini sono forti e aggressivi e naturalmente violenti, le donne non possono che essere riflesse in questo specchio come deboli e passive e “signorine ballerine”.
3. Ne’ Petrachi ne’ Morace, ne’ chi ha redatto il pezzo ne’ i commentatori, hanno la più pallida idea della durezza dell’addestramento a cui si sottopongono le bambine, le ragazze e le donne che fanno danza classica. Probabilmente a volte preferirebbero tirar calci a un pallone in un campo fangoso sotto una pioggia torrenziale: per faticare un po’ di meno.
4. Asserire che dopo i mondiali femminili di calcio Bertolini e Gama abbiano bisogno di visibilità a spese del ds Petrachi (chi è, scusate?) dimostra solo un pensiero per cui gli uomini sono l’ombelico del mondo, il centro di tutto e la giusta misura per qualsiasi cosa.
5. La frase “Se qualcuno si è sentito offeso” implica che chi la dice non può aver offeso nessuno. L’onere della violenza, verbale e fisica, ricade sempre su chi la subisce – costui o costei deve provare non che sanguina (questo quando accade è evidente e non può essere negato) ma che sia davvero “violenza” l’azione che gli ha aperto la carne. Qualcuno può “sentirsi” ferito, ma se chi impugnava la lancia dice che l’ha solo scossa per farsi vento basta far seguire all’atto delle scuse insincere e inutili: quanto alla richiesta di rimettere la lancia nella rastrelliera e di sventolarsi con un ventaglio, questo no, mai, per nessuna ragione.
Ed è proprio ciò che vi stiamo chiedendo, di deporre le armi sessiste con cui infestate il linguaggio, di porre fine alla vostra guerra insensata contro le donne, di riflettere su quanta sofferenza sta dietro agli stereotipi che ci appiccicate addosso. Apriti, cielo.
Maria G. Di Rienzo