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Posts Tagged ‘pornografia’

Shanley Clemot Maclaren ha cominciato a contrastare il sessismo al liceo, assieme alla sua “amica di lotta” (così le due si definiscono) Hajar Errami, e lo ha fatto così bene da essere invitata a parlarne due anni fa con Marlene Schiappa, Segretaria di Stato francese per l’eguaglianza fra donne e uomini. Sono seguiti articoli e presenze televisive, ma il tutto strettamente concordato e monitorato – e se non soddisfacente rimandato o rigettato – dalle due giovani, tanto che alcuni pezzi su di loro avevano un incipit del tipo: “E’ più facile incontrare un Ministro che queste due ragazze”.

Shanley

Foto da Le Monde

In questi giorni Shanley ha di nuovo l’attenzione della stampa: ha infatti passato diverso tempo a tracciare e denunciare siti di “revenge porn” dopo aver notato un aumento di fotografie e video di ragazze nude sui social media, corredate dai loro nomi e dall’indicazione delle città in cui abitano.

Shanley ha rilevato che almeno 500 account di questo tipo, denominati “fisha” dal verbo afficher – svergognare, sono comparsi in Francia sin dall’inizio nel marzo scorso delle misure di quarantena contro il coronavirus.

Lavorando con un’avvocata e circa venti amiche/amici, la giovane femminista è riuscita a far cancellare più di 200 account esponendoli ai network di riferimento, alla polizia e al Ministero degli Interni. Da quando ha dato inizio in aprile alla campagna #stopfisha per rintracciare le vittime di questo tipo di pornografia e aiutarle a denunciare gli abusi, riceve ogni giorno messaggi di adolescenti depresse e in panico.

L’abuso online ha conseguenze serie, ha detto la 21enne Shanley ai giornali: “Le ragazze cominciano a pensare al suicidio, o sono picchiate dai loro familiari quando costoro vedono i contenuti espliciti che le riguardano. Una volta che sei etichettata come “troia” è finita. E quando queste ragazze torneranno a scuola è molto probabile che debbano subire molestie.”

Il primo amore di Shanley era un ragazzo astioso e violento, uso ad aggredirla fisicamente; quando mise fine alla storia, la giovane iniziò un percorso di riflessione: “Mi dissi che era ora di ricostruire me stessa. Pensavo fosse soltanto la classica relazione andata storta. E poi ho fatto un sacco di ricerche, scoperto migliaia di altre donne che avevano sofferto in vicende simili alla mia, e ho capito che non si trattava di qualcosa di personale, ma che era strutturale. Era una delle tante conseguenze del sessismo.

Maria G. Di Rienzo

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Due notizie in cronaca ieri 30 aprile:

– Revenge porn, denunciati amministratori di tre canali Telegram. Tra le vittime anche personaggi dello spettacolo.

– Abusa della figlia della compagna, arrestato 42enne a Catania. L’aveva già fatto con la figlia avuta dall’ex moglie.

La prima tratta dell’operazione della polizia postale “Drop the revenge”, che “(…) è riuscita a bloccare tre canali Telegram denigratori e violenti sin dal titolo: La Bibbia 5.0, Il Vangelo del Pelo e uno dei canali denominati Stupro tua sorella 2.0. L’applicazione di chat istantanea tra le più diffuse al mondo veniva utilizzata per vendicarsi di persone, prevalentemente donne, con temi a carattere sessuale. Basti pensare che il canale «madre» Stupro tua sorella 2.0, annoverava quasi 45 mila iscritti con un volume di circa 30 mila messaggi al giorno.

Migliaia le foto e i video di ragazze, anche minorenni, con pressanti istigazioni alla pedopornografia e al femminicidio. Il tutto corredato da commenti che incitavano all’aggressione fisica e alla violenza.

Gli account degli amministratori, un 35enne di Nuoro e un 17enne, sono stati sequestrati. Il diciassettenne, amministratore di Il Vangelo del Pelo, ha creato una sorta di mercatino di immagini private (anche di natura pedopornografica), grazie al quale è riuscito a guadagnare finora 5.000 euro. Le foto erano in vendita a 3 euro l’una, per i video la cifra era superiore.

C’è una terza persona indagata, un 29 enne bergamasco, che ha utilizzato quei gruppi per vendetta nei confronti della ex compagna, pubblicandone foto e video privati. Come detto, i tre sono stati denunciati. Rischiano da 1 a 6 anni di carcere e fino a 15 mila euro di multa. Ma l’indagine va avanti: sono in corso le identificazioni sia delle vittime, sia degli utenti. Chi, infatti, si è iscritto ai canali e ha pubblicato, ricevuto o diffuso foto private, rischia la stessa pena. I gruppi di Telegram, però, sono ancora accessibili.

Solo con una querela di parte di una vittima si può procedere per il reato di revenge porn, che punisce chi diffonde illecitamente immagini o video sessualmente espliciti a scopo di vendetta.”

La seconda vicenda riguarda una bambina che comincia a essere molestata dal compagno della propria madre a 9 anni:

L’uomo l’ha costretta a toccarlo nelle parti intime: «Così impari», le aveva detto per giustificare quel comportamento. Gli abusi sono andati avanti per anni, l’uomo la portava con sé in campagna con la scusa di raccogliere la frutta e ne abusava; la costringeva a vedere immagini del suo telefonino in cui c’erano rapporti sessuali della madre, con lui o con altri uomini; si faceva trovare nudo e la costringeva a toccarlo. (…) Un giorno però la vittima è riuscita a confidarsi con la figlia maggiore di quell’orco che, in lacrime, a sua volta ha confidato alla bambina di avere in passato subito dal padre le stesse turpi attenzioni. Dopo qualche tempo, è ancora la ricostruzione dei pm, la bambina è riuscita a parlarne con la propria madre e con l’anziana madre dell’uomo. Le due donne si sarebbero limitate a rimproverare l’uomo che, scusandosi, avrebbe promesso di non farlo più.

Ma l’incubo non è ancora finito perché la bambina a questo punto subisce da quell’uomo continue vessazioni che la convincono a trasferirsi in casa del padre naturale. Poi, è ancora la ricostruzione della procura, durante un incontro di famiglia quell’uomo ha nuovamente «abbracciato» la bambina che, a quel punto, decide di raccontare tutto alla nuova compagna del padre e alla nonna paterna, le quali vanno subito a denunciarlo, facendo partire l’inchiesta. (…) Il calvario della bambina ora sembra davvero finito. A 12 anni. Dopo tre anni di violenze e abusi.

L’articolo, come avrete notato, definisce “orco” l’uomo in questione e sembra ignorare che “Così impari” non è qualificabile come “giustificazione” – a meno che non siano largamente accettate a livello sociale un paio di cose: 1) Le persone di sesso femminile, qualsiasi sia la loro età, sono mero materiale da scopata; 2) Il loro ruolo al mondo è tentare di diventare il miglior materiale da scopata possibile e pertanto l’addestramento precoce è un vantaggio.

Il fatto che uno solo dei canali pornografici menzionati nella prima notizia annoverasse “quasi 45 mila iscritti con un volume di circa 30 mila messaggi al giorno” sembra dimostrare proprio questa vasta accettazione dei suddetti assunti: inoltre, toglie l’etichetta di “orco” dalle spalle dello stupratore di bambine della seconda notizia, perché se su un unico canale Telegram ci sono 45.000 persone che gli somigliano, be’, lui è del tutto “normale”.

Com’è diventato “normale” chiedetelo in primo luogo al clima culturale italiano, fatto per le donne e per le bambine di sessualizzazione coatta e altamente invasiva spacciata per “ricerca della bellezza” e ai media che sparano in un ciclo continuo influencer, modelle, tette-cosce-culi, consigli prescrittivi su come essere sexy-hot-da urlo eccetera. Poi potete chiederlo ai conniventi farabutti che si arrampicano sugli specchi per negare che tutto ciò abbia collegamento diretto con la violenza.

Maria G. Di Rienzo

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spilli

1. Nemmeno il coronavirus li ferma:

16 marzo 2020 – Donna accoltellata in casa nel Milanese: cinque fendenti al torace, ricoverata in gravi condizioni. Arrestato il figlio.

“L’uomo, alterato dall’alcool, ha aggredito la madre al culmine di un litigio.”

E dopo “Altered Carbon” Netflix produrrà “Altered Son”, un agghiacciante affresco del futuro anno 2020 ove si illustra come la triste sinergia di Genepy e Sfurzat con l’irritazione produca figli assassini. Come, siamo già in quell’anno? Ah be’, sì be’…

17 marzo 2020 – Bologna, cerca di uccidere la ex al centro commerciale, accoltellandola al volto.

La donna si è difesa; prognosi di 30 giorni. L’uomo deve rispondere di tentato omicidio.”

Vi è concesso provare un minimo di compassione per la vittima, anche se l’articolo sottolinea che “si è fidata” (stupida come tutte le donne) e ha risposto alla richiesta di incontro: si è difesa. Se il terrore l’avesse paralizzata, come spesso succede, il “minimo” contrattuale sparisce – sappiatevi regolare.

18 marzo 2020 – Roma, accusato di violenze sulla moglie: sospeso il pg della Cassazione Mario Fresa.

“(…) tra i due era nata una discussione per motivi di gelosia che era terminata appunto con un fortissimo pugno alla tempia ricevuto davanti alla tata del figlioletto dei due coniugi.”

“(la donna) accusa il magistrato di “averla colpita con un pugno alla tempia in casa al termine di una lite” (sette giorni la prognosi) e minacciata “di portarle via il figlio se avesse sporto denuncia”.

Dunque, l’aggressione ha una testimone e manda la donna in ospedale con sette di giorni di prognosi, ma si tratta di una mera accusa: sarà vera? La tizia ha pagato la babysitter perché dichiarasse il falso? Si è tirata il pugno in testa da sola? Ma comunque niente paura, anche se fosse stato proprio il marito quest’ultimo non aveva più il controllo di sé a causa della gelosia. E come mai era geloso, cosa aveva combinato la tizia per agitarlo così (poverino)? Diciamocela tutta: se il violento è un procuratore generale meglio andarci con i guanti di velluto.

2. Prima di chiedere la beatificazione per Pornhub fate un supplemento di indagine:

Che nobiltà d’animo, che generosità! Pornografia gratis per gli sfortunati italiani chiusi in casa! I quali potranno così avvallare i contenuti del sito che raffigurano vittime di traffico a scopo di sfruttamento sessuale:

https://www.washingtontimes.com/news/2020/mar/10/ben-sasse-doj-investigate-pornhub-sex-trafficking/

oppure bambine vittime di stupro:

https://www.bbc.com/news/stories-51391981

3. Raccogliete informazioni sulla pandemia solo tramite canali ufficiali:

Cioè il numero unico nazionale del Ministero della Salute 1500 e i numeri verdi delle Regioni, a meno che non vogliate sentirvi dire che il coronavirus si cura tenendo un incenso sotto il naso mentre si balla la quadriglia.

Domenica scorsa, mentre passeggiava frettoloso in Via Tritone a Roma per raggiungere il negozio di alimentari arabo – l’unico presente su quella strada – ove comprare cibo italiano, un signore confuso pensava ossessivamente: “Come faccio a restare al centro dell’attenzione, cosa cavolo mi invento?” Ecco la risposta:

“La Lega attiva un servizio gratuito per rispondere alle vostre domande. Metteremo a disposizione i nostri tecnici con numeri di cellulare ed un indirizzo mail. Cercheremo di dare risposte precise.”

Lega: Lungimiranti Epidemiologi Gozzovigliano Allegri cercando di lucrare consenso dalla sofferenza di un intero Paese.

4. Fra tante disgrazie ci mancava questa:

Il programma televisivo “Porta a Porta” è tornato in onda ieri. Che Bruno Vespa vi sia lieve (lo so, è impossibile).

5. Però una buona notizia (relativamente, s’intende) c’è:

La seconda serie di “The Mandalorian” è in arrivo e anche i dirigenti di Disney+ fanno mostra di magnanimità regalandovi la prima puntata su Italia 1 (22 marzo p.v., h. 23.30), per il resto dovrete pagarli. Io me la guarderò da qualche parte sul web, con calma, in lingua originale – tanto i dialoghi non sono davvero granché – sperando che il Mandaloriano si decida ad accudire Baby Yoda come si deve. Un bagnetto vogliamo farglielo? Cambiargli il vestitino ogni tanto?

Io ci metto il cibo:

meglio fresco

Maria G. Di Rienzo

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12 febbraio 2020, arriva Fineman Too:

“Sono io il molestato. Ho respinto le pressanti avances. E ho compreso per l’invadenza di essere davanti a soggetti pericolosi”. Sono le parole di Francesco Bellomo – ex consigliere di Stato destituito dopo le accuse mosse da alcune studentesse che avevano preso parte al corso di preparazione per il concorso in magistratura della scuola da lui gestita – in un video e una lettera inoltrati al quotidiano ‘Libero’ dopo alcune trasmissioni televisive sul suo caso. Le accuse nei confronti di Bellomo sono state archiviate per quanto riguarda l’inchiesta milanese, mentre risulta ancora indagato a Bari.”

il molestato

D’altronde, basta guardarlo qui sopra e si è colte da una vertigine erotica, meglio ancora da un irresistibile raptus. Come fai a tenere le mani distanti da questo stupendo Adone? (O a non tirargli dietro almeno una ciabatta? Facile, non vuoi scendere al suo livello.) Purtroppo lui è pudico, schivo, virginale e vittimizzato:

“Come riferisce ‘Libero’, l’ex consigliere di Stato afferma: “Da tempo non poche trasmissioni televisive organizzano sul mio conto vere e proprie esecuzioni di piazza, all’insegna del disinteresse per la verità, con la complicità di narratrici di comodo, e improvvisati opinionisti, nei cui discorsi si fa fatica ad intravedere un barlume di pensiero logico”.”

Di che si parla? Del corso “Diritto e scienza” tenuto da Fineman a Milano, Roma e Bari alle cui allieve (no vagine usate fidanzate e sposate, escluse a priori dal virtuoso docente), prescriveva trucco, minigonna, tacchi a spillo, foto porno e quattro salti nel letto: il “diritto” era quello suo di predare donne comunque vulnerabili per la loro posizione (le loro borse di studio potevano essere revocate in qualsiasi momento) e di tutelarsi facendo firmare loro un accordo di non divulgazione di quel che accadeva a “scuola”; la “scienza” consisteva di dottrina del patriarcato, metodologie misogine e cognizioni sessiste. Insomma, tutto quel che serve a una donna per fare davvero un buon lavoro in magistratura.

https://lunanuvola.wordpress.com/2017/12/13/si-chiama-etica/

Nel 2017 il “molestato” difendeva il proprio operato dichiarandosi un genio incompreso “come Einstein”, vittima di censura da parte di moralisti e perbenisti ignoranti. Una dei “soggetti pericolosi”, come lui chiama le sue vittime che non hanno tenuto la bocca chiusa, la prima a sporgere denuncia, grazie al trattamento da lui ricevuto è stata psicologicamente e fisicamente distrutta. Ma all’epoca Bellomo non l’ha controdenunciata, ha cercato ripetutamente di “compensarla” e seppellire la faccenda: “I carabinieri sono venuti più volte, – raccontò all’epoca il padre della donna – chiedevano a mia figlia di firmare un atto di conciliazione. Sono venuti a maggio, e poi a ottobre, ma lei era in ospedale.”

Dal tronfio Einstein dalla braghetta rigonfia si è passati al povero uomo traumatizzato da virago assatanate e arrampicatrici sociali, un disgraziato che ha sofferto assieme alla sua mesta famiglia osservando due anni di silenzio (lo ha sempre detto lui): ora si è “risolto a replicare”. Francamente, questa decisione non sta deponendo a suo favore. Una figura migliore potrebbe ottenerla se chiedesse scusa, invece è “certo di non avere fatto alcunché di sbagliato.”

L’anno scorso avevo dato a tribunali e stampa il consiglio di conferirgli un’onorificenza

https://lunanuvola.wordpress.com/2019/07/31/dategli-una-medaglia/

ma mi rendo conto che la statura morale dell’uomo merita di più. Fategli presentare la prossima edizione di Sanremo.

Maria G. Di Rienzo

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Il Sunday Times è un quotidiano britannico (fondato nel 1821) che può essere definito politicamente come oscillante fra destra e centro-destra. Sembra avere, a livello storico, una malefica fascinazione per i “diari” nazisti: pubblicò quelli falsi di Hitler nel 1983 – dopo che erano stati autenticati da un esperto – e nel 1992 inciampò nella commissione a un negazionista dell’Olocausto dell’autenticazione di quelli di Goebbels (poi cancellata a causa delle proteste nazionali e internazionali).

Molta della sua popolarità, però, la deve alla consistenza del suo giornalismo investigativo: fu tra i primi a mettere all’indice la pericolosità del talidomide – prescritto per la nausea alle donne incinte, il farmaco causava la nascita di bambini affetti da amelia (senza arti) o focomelia (con le ossa degli arti ridotte) – sostenendo le sue affermazioni con studi e ricerche e fece campagna per anni affinché le vittime fossero risarcite; nel 2009 espose in modo inequivocabile l’abuso dei rimborsi spese da parte di molti politici inglesi; fra il 2004 e il 2010, con un’indagine di rare precisione e tenacia, rivelò che la ricerca sui vaccini di Andrew Wakefield era completamente falsa (il medico antivax fu bandito dalla professione), eccetera.

Perciò, quando un pezzo del Sunday Times comincia con “il nostro giornale ha indagato su” è sensato dare un’occhiata. Il 26 gennaio scorso, l’articolo con questo incipit firmato da Rosamund Urwin e Esmé O’Keeffe riguardava la normalizzazione della violenza sessuale e ha per titolo “I social media inducono le ragazze a pensare che essere strangolate durante i rapporti sessuali sia normale”.

Strangolamento e asfissia “erotica” delle donne, spiega il pezzo, sono proposte agli adolescenti ambosessi con centinaia e centinaia di immagini esplicite su Pinterest, Instagram e Tumblr: gli utenti più giovani ammessi all’uso di esse sono tredicenni: “Le immagini, che includono fotografie di giovani donne immobilizzate e strangolate da uomini e imbavagliate, sono spesso pubblicate con gli hashtag “paparino”, “soffocamento erotico”, “gioco del respiro”, “strangolare”. Sulla scia dei libri che diffondono la ritualizzazione dell’abuso domestico, come “Cinquanta sfumature di grigio”, i social media visti dagli adolescenti sono stati inondati da meme e immagini che romanticizzano lo strangolamento come parte di un incontro sessuale.”

jone reed - broken flowers

Quindi l’abuso è un piacere, è sexy, è… amore! Un bacino commerciale da oltre un miliardo di dollari (le citate “sfumature”) ha di sicuro convinto di questo qualche donna e qualche uomo in più, ma la normalizzazione della violenza passa indisturbata tramite film, pubblicità, spettacoli televisivi e cronaca. Nei prodotti di intrattenimento avete visto a profusione scene del genere: Lui la prende “appassionatamente” a ceffoni e poi la bacia. Lei lo respinge e lui la forza nel suo abbraccio. Lei tenta di sottrarsi al rapporto sessuale, lui la inchioda nel letto e la stupra… ma dopo sono entrambi felici e si guardano teneramente.

L’addestramento a considerare tali scenari normali comincia presto. Alle bambine e alle ragazze che osano lamentarsi del trattamento ricevuto dai pari di sesso maschile si risponde spesso così: “Lo fa perché gli piaci”. In tal modo, non solo sono costrette ad associare una volta di più il comportamento abusante all’amore, ma segnaliamo loro con precisione che non hanno alle spalle un sistema di sostegno: gli adulti non interverranno per difendere il loro diritto di sottrarsi alla violenza e a qualsiasi “attenzione” non desiderata e non richiesta – per cui, ora e in futuro dovranno cavarsela da sole.

Subito dopo, lo vogliano o no, incontrano la pornografia: cioè, quel che rende la violenza sessuale rivolta a una donna un mero fenomeno naturale. Troppi dei loro coetanei di sesso maschile hanno “imparato” cos’è il sesso da raffigurazioni del tipo denunciato dal Sunday Times (assurdamente violente, pericolose, misogine, disumanizzanti, irrealistiche – le donne sono umane e la stragrande maggioranza degli esseri umani non gode del dolore inflitto ne’ del disprezzo altrui) e chiederanno loro di adeguarsi.

Zitte e sorridenti, con le tette gonfiate quale regalo di compleanno, sempre affamate, tinte e pitturate, in bilico su venti centimetri di tacco (per fare con grazia passi di lato e passi indietro) e con un laccio stretto attorno al collo per eccitare meglio il “paparino” di turno. E’ tutto amore, perdinci, cosa volete che ne sappia una femminazgul come me.

Maria G. Di Rienzo

Sull’influenza della pornografia online:

Kolb, B., Gibb, R., & Robinson, T.E. (2003). Brain Plasticity and Behavior, Current Directions in Psychological Science;

Kuhn, S., & Gallinat, J. (2014). Brain structure and functional connectivity associated with pornography consumption: the brain on porn. JAMA Psychiatry;

Pace, S. (2014). Acquiring Tastes through Online Activity: Neuroplasticity and the Flow Experiences of Web Users. M/C Journal;

Love, T., Laier, C., Brand, M., Hatch, L., & Hajela, R. (2015). Neuroscience of Internet Pornography Addiction: A Review and Update, Behavioral Sciences.

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Secondo le Nazioni Unite, le vittime di violenza “dovrebbero essere trattate con dignità e rispetto in tutte le interazioni con la polizia o autorità investigative, avvocati professionisti, personale della magistratura e altri coinvolti nel processo giudiziario: le procedure e le comunicazioni dovrebbero essere “sensibili alla vittima” e coloro che interagiscono con le vittime dovrebbero cercare di agire con empatia e comprensione per le situazioni individuali di queste ultime. Un trattamento rispettoso è particolarmente importante per vittime vulnerabili quali: bambini/e, vittime di violenza sessuale e di genere, vittime di violenza domestica; gli anziani e le persone disabili. E’ ugualmente importante che le vittime indirette, inclusi i familiari, siano trattate con rispetto.”

Mi rendo conto che in un Paese, il nostro, dove una donna su tre dai 16 ai 70 anni ha subito violenza, dove il femminicidio conta 2/3 vittime a settimana, dove si stima in 7 milioni il numero “sommerso” delle donne vittime di maltrattamenti e abusi sessuali, dove i costi sociali della violenza di genere ammontano a 26 miliardi di euro l’anno (ecc.), parlare di rispetto suona stranissimo, alieno – più che una parola esprimente un concetto, sembra un vago e lontanissimo rumore. Però, il brano riportato sopra fa parte della tonnellata di documenti che i governi italiani continuano spensieratamente a firmare quali membri delle Nazioni Unite: poi, dopo i selfies che dovrebbero mostrare quanto i rappresentanti firmatari sono diligenti e sensibili, li chiudono in un cassetto (non voglio speculare su altri usi più volgari che pure saltano in mente).

Il 15 novembre u.s. appare sui giornali in tagli medio-bassi, spesso in articoli che si ripetono parola per parola, la notizia della condanna dei due militanti (ora ex) di Casapound per lo stupro di una 36enne incontrata in un pub.

(https://lunanuvola.wordpress.com/2019/04/30/non-ti-credera-nessuno/)

Rito abbreviato, attenuanti per “la giovane età” e per lo status di “incensurati” dei due e alla fine la condanna è di 3 anni per Francesco Chiricozzi e di 2 anni e 10 mesi per Riccardo Licci, più il risarcimento di 40.000 euro alla vittima.

Chiricozzi commenta con i giornalisti: “E’ andata bene.” Ha ragione:

“Dal 13 settembre i due erano agli arresti domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico. L’accusa era di aver fatto ubriacare la donna, di averla picchiata fino a farle perdere i sensi, di averla violentata per ore, prima l’uno e poi l’altro, riprendendo la scena con i telefonini.”

“Uno stupro sotto gli occhi delle telecamere dei telefonini. I due indagati hanno ripreso ogni sopruso, ogni violenza. Per poi diffondere lo stupro ad amici e parenti. Quelle stesse immagini che poche ore dopo hanno tentato di eliminare sono ora una prova schiacciante.”

“Agli atti dell’inchiesta ci sono tre video e quattro foto con l’orrore della violenza. “Le immagini sono agghiaccianti – hanno più volte ripetuto gli investigatori – una violenza continua e ripetuta.” (…) Le immagini della violenza nei giorni successivi erano state inviate da Licci ad almeno due chat di Whatsapp, così come emerge dall’ordinanza cautelare.”

“Gli investigatori parlano di immagini «raccapriccianti» e nell’ordinanza di misure cautelari (…) si fa riferimento a reiterati abusi sessuali e insulti beffardi alla vittima, che appare «inerme e apparentemente priva di sensi, completamente nuda e sdraiata sul pavimento». (…) Negli interrogatori di garanzia dopo gli arresti, assistiti dai loro legali, i due indagati sostengono di aver interpretato il rapporto come consenziente.”

Ci stava, giusto: non è quello che i Chiricozzi e i Licci vedono nella pornografia ogni giorno? Donne picchiate, insultate, assalite, umiliate, incatenate, violate – a loro piace, perdinci, godono come le troie che sono, cosa ci sarà mai di “agghiacciante” e “raccapricciante”, è puro intrattenimento da condividere con gli amici. E quando le minacce alla vittima non sono sufficienti a evitare la denuncia non c’è da preoccuparsi troppo, il giudice al massimo ti ammonisce con un buffetto.

Vittime trattate con dignità e rispetto, Tribunale di Viterbo, come no. Protocolli internazionali a parte, è evidente che neppure lo strombazzato “Codice Rosso” è servito a granché – non che avessi dubbi al proposito sin dalla sua entrata in vigore, intendiamoci.

Allora va bene, i magistrati non vogliono punire due stupratori assai violenti e tronfi sbandieratori della loro vigliacca impresa perché sono giovani (ma per i prossimi casi ci sono un mucchio di altre attenuanti come l’essere vecchi, soli, stressati, depressi, malati, single, separati, divorziati, disoccupati, prede del raptus…). Tolti i materni/paterni giudici, parlo al resto della società italiana e in particolare ai media: si potrebbe almeno smettere di alimentare la loro ossessione?

Smettere di equiparare il sesso alla violenza? Smettere di oggettivare le donne e di occupare ettari di spazio con “il lato b” di questa e la scollatura di quest’altra e il tanga dell’influencer di turno? Smettere di diffondere sulle donne stereotipi e pregiudizi sessisti? Smettere di odiarle così tanto, in modo così pervicace e letale?

Maria G. Di Rienzo

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La dipendente del centro sportivo di Verona dice alla stampa che, “come donna”, non si sente “per niente a disagio” per la “bella trovata”: l’immagine di cui parla va in giro sui camion pubblicitari mostrando un fondoschiena mezzo nudo con un timbro su una natica che recita “100% palestra” – il resto della donna non c’è, tanto non serve. La scritta che la illustra è ancora meglio: “Vi facciamo un culo così”. E inoltre, aggiunge l’entusiasta Consuelo, a) se aprite una rivista vedrete “tanti ragazzi a petto nudo” (che però non è un equivalente) e b) la palestra si adegua “a quelli che sono gli standard che si vedono in televisione”.

Non pubblico la foto in questione, che potete ammirare sui quotidiani online e che invece di essere una spiritosa novità è semplicemente la trita e noiosissima ripetizione di centinaia di pubblicità simili, in cui il “culo così” è usato per vendere di tutto – dai lubrificanti alle serate in discoteca. Vi dirò solo che somiglia a questa qui sotto del 2016, che pure pubblicizza una palestra e dice anche al pubblico che ci sono “cose migliori dietro cui essere bloccati che l’auto di fronte”.

gym gb 2016

Sarà evidente, non solo a Consuelo, che i reali destinatari del messaggio-fondoschiena sono gli uomini. Alle donne serve ottenerlo nel suo cosiddetto “centro sportivo” solo per soddisfare le esigenze altrui: non hanno bisogno di quel culo se non per mostrarlo agli uomini e riceverne approvazione. Gli sport non si fanno con le natiche (per quanto sicuramente influenzino tutti i muscoli) e avere quel determinato tipo di natiche non favorirà nessuna grande prestazione atletica – a meno che non si voglia considerare tale il numero di pratiche onanistiche maschili correlate.

La “per niente a disagio” di Verona, però, ha perfettamente ragione quando menziona gli standard televisivi: anche questi con lo sport non hanno una mazza a che fare, ma ormai è chiaro che le donne in palestra ci devono andare per cercare di raggiungerli e non per sfrecciare su una pista o salire poi su un podio.

L’anno scorso (Karsay, Knoll & Matthes) furono resi pubblici i risultati di una meta-analisi di 50 studi che hanno esaminato la relazione fra l’oggettivazione di se stesse delle donne e l’uso regolare di mass media sessualizzati inclusi televisione, riviste, social networks e video games. Le donne ne sono uscite come prodotti / oggetti diretti allo sguardo e alla valutazione maschile (di appeal sessuale), condiscendenti, sottomesse, servili, ridotte in pezzi da mettere in mostra.

Le bambine interiorizzano ideali corporei; le giovani donne sviluppano bassa autostima, disordini alimentari e insoddisfazione rispetto alla propria immagine; le adulte vedono ridursi la loro soddisfazione rispetto alle relazioni e al sesso. Non mi sembra un prezzo equo da pagare per il “culo così”, ma vedete voi.

L’esposizione ai contenuti sessualizzati e stereotipati – dalle pubblicità suddette alla pornografia – non ha però solo influenza su come le donne vedono se stesse, dice il rapporto, ma su come le donne sono percepite dagli altri: “(…) dà forma a credenze e attitudini sulla violenza contro le donne, inclusa la percezione che le donne siano responsabili per detta violenza” e “(…) gli uomini esposti a immagini oggettivate di donne in una varietà di media sono più tolleranti sulle molestie sessuali e la violenza interpersonale, e tendono a reiterare i miti sullo stupro”, nonché più propensi “ad agire in maniera aggressiva nei riguardi di una donna che pensano li abbia respinti”. Non occorre che li rigetti davvero, notate, basta che loro ne siano convinti.

Messaggi di chiusura: a Consuelo convinta che non ci sia “niente di sessista” nei manifesti della palestra per cui lavora – senza offesa, potrebbe e dovrebbe informarsi meglio; agli indignati che non capiscono “cosa ci sia da protestare”: leggete, ve l’ho appena detto.

Maria G. Di Rienzo

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Prendiamo Ciro Grillo: un 19enne da serate al Billionaire e ville in Costa Smeralda, feste e selfie circondato da coetanee, viaggi in giro per il mondo (“Cazzi durissimi in Nuova Zelanda” è il suo entusiastico commento a uno di essi), kick boxing e palestra (e gli esercizi sembrano avere uno scopo quantomeno bizzarro: sotto la sua foto mentre dondola appeso a una sbarra, Ciro avverte: “Ti stupro bella bambina attenta” – senza neppure una virgola, nonostante la maturità conseguita).

Prendiamo i suoi amici Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria: tutti fra i 18 e i 20 anni e figli di imprenditori, medici e professionisti della Genova bene, con retroscena similari.

Secondo la loro versione conoscono due ragazze nel locale summenzionato, le invitano a “una spaghettata” in un residence del papà di Ciro (un signore molto noto) e mentre una dorme ubriaca quella ancora sveglia, per quanto alticcia, è consenziente ad avere rapporti sessuali con tutti loro e persino a essere filmata durante uno di essi: il video prova “che ci stava”, sostengono i quattro moschettieri.

Purtroppo non si capisce perché la ragazza, anch’ella 19enne, li abbia denunciati per stupro di gruppo. Se era così felice di avere addosso a turno machissimi vitelloni palestrati e che dell’impresa restasse traccia, cos’è successo? La performance del quartetto è stata scadente? Il filmato non è venuto proprio bene? Gli spaghetti facevano pena?

Naturalmente di lei si dubita: è stata visitata al centro Soccorso Violenza Sessuale della clinica milanese Mangiagalli e ha sporto denuncia nella stessa Milano, dove abita, dieci giorni dopo l’accaduto, non ha interrotto immediatamente le vacanze e ha taciuto – e se la sua storia è vera (lasciamo pure il beneficio del dubbio, per quanto esile) io so perché.

1. Provava vergogna, come tutte le donne vittime di aggressioni sessuali, poiché la narrazione pornografica in auge della sessualità le ha insegnato – e insegna a tutti gli stupratori – che la violenza sessuale è voluta e provocata dalle femmine di ogni età e condizione e che una donna sessualmente attiva è una troia e un uomo sessualmente attivo è un figo.

2. Si sentiva colpevole per aver accettato l’invito – e difatti la maggioranza dei resoconti giornalistici sulla vicenda la definiscono “imprudente” – ma sentite un po’, cosa avrebbe dovuto fare in quest’epoca terribile in cui “l’ossessione per l’eguaglianza di genere” e il “#Metoo” uccidono il romanticismo? Le avrebbero dato della femminazista, della bacchettona, della “fica-di-legno”? Sarebbero diventati violenti e incontrollabili di fronte a un rifiuto? La narrazione pornografica di cui sopra assicura che un uomo con un’erezione è peggio che tarantolato e decisamente “inraptussito”, guai se la lascia sgonfiare o se la maneggia in solitario sotto la doccia, ha bisogno di genitali femminili, subito e senza condizioni.

3. Ha tentato di cancellare quel che era successo, di non pensarci, di lasciarselo alle spalle. Fini intellettuali ambosessi (italiani e non) assicurano che dopo un bidet e ridendoci sopra e sdrammatizzando va tutto a posto. Però, come dimostrano le conseguenze psicofisiche degli stupri, che possono affliggere una persona per l’intero resto della sua vita (e persino metter fine a essa tramite suicidio), si sbagliano.

Sì, puoi metterci dieci giorni a prendere la decisione di rendere pubblica la tua sofferenza, e anche di più: puoi persino, mentre il disgusto e la rabbia ti consumano in silenzio, non prenderla mai. Sei stata “imprudente”, come già detto – quindi non sei una vittima ma una corresponsabile; temi o sai per certo di non ottenere sostegno o solidarietà sufficienti a darti coraggio e legittimazione; “loro” diranno che eri d’accordo; se parli la tua vita precedente sarà scandagliata in ogni dettaglio e qualunque cosa suggerisca che in altre circostanze il sesso possa piacerti (com’è normale) sarà usato per reiterare che non poteva trattarsi di violenza: se una donna l’ha fatto con uno vuole e deve farlo con tutti gli altri… eccetera.

E guardate: persino se i quattro giovanotti stessero dicendo la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità, la loro visione del sesso mi provoca una nausea insormontabile. E’ solo spettacolo pornografico da orchestrare in gruppo, per vantarsi l’uno con l’altro e con eventuali altri amici grazie ai filmati, non ha nulla di erotico, nulla di appetibile, nulla che indichi un briciolo di interesse e rispetto per l’attrezzo umano con cui si soddisfano. Attenta che con questi addominali sono assai adatto a stuprare, bella bambina. Ma visto che le “belle bambine” a volte si ribellano, non sarebbe meglio – parlo a Ciro e compagnia – usare meloni, angurie, carne trita con uovo crudo (come diceva Bukowski) e evitare i tribunali? Così, tanto per dire.

Maria G. Di Rienzo

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Non gli hanno ancora dato una medaglia, ma immagino sia solo questione di tempo. Il Tribunale del Riesame di Bari ha infatti ridimensionato i reati contestati all’ex giudice Francesco Bellomo,

( https://lunanuvola.wordpress.com/2017/12/13/si-chiama-etica/ )

gli ha tolto gli arresti domiciliari dopo venti giorni e gli impone unicamente l’interdizione per 12 mesi riguardo ad “attività imprenditoriali o professionali di direzione scientifica e docenza”.

Dopo di che, potrà tornare a insegnare lunghezza delle gonne e profondità delle scollature, fotografia porno, coercizioni sessuali e in genere sottomissione femminile nella sua “scuola di formazione” per la preparazione all’ingresso in magistratura.

Gli articoli al proposito adesso parlano di “presunti maltrattamenti” a quattro donne, si trattava di semplice “tentata violenza privata aggravata e stalking” e per quel che concerne l’estorsione ai danni di una di esse, costretta dal signore a lasciare il lavoro be’, era il 2011 quindi è roba “già sostanzialmente prescritta”.

I difensori di Bellomo sono così contenti che annunciano di voler andare in Cassazione a contestare i 12 mesi in cui al loro assistito viene “inibito l’insegnamento”: non è accettabile, perbacco, soprattutto – dico io – quando non gli è nemmeno stato dato un incarico nella giuria di “Miss Culo Agosto” alla Sagra del Peperoncino o un posto direzionale a YouPorn.

Ma ehi, donne: e dite di no, cavolo, non siete capaci di dire di no?

Ma ehi, donne: denunciate, denunciate altrimenti è (ancora di più) colpa vostra!

Ogni volta in cui una donna parla apertamente degli abusi che subisce ne riceve immediatamente altri due, l’incredulità e la ridicolizzazione. Quando poi riesce ad arrivare in tribunale più spesso che no le sentenze gliene infliggono un terzo, dimostrandole quanto sul serio i giudici l’hanno presa.

Questo è il motivo per cui sovente non diciamo nulla. E questo è il motivo per cui i numeri della violenza di genere nel nostro paese sono definiti, a ogni nuova indagine statistica, impressionanti: gli italiani non vogliono saperne di modificare le loro abitudini di svilimento e oggettivazione delle donne.

Perciò, solo per portare un recentissimo esempio, un ospedale piemontese può realizzare un filmato sulla prevenzione in campo urologico con l’attore porno Rocco Siffredi, ove quest’ultimo incita in modo sessista e volgare a usare sessualmente le donne per la salute del pisello di turno. Quando i messaggi misogini arrivano da enti, istituzioni, tribunali, ospedali sigillano con l’aura dell’autorevolezza o addirittura della scienza un falso ideologico e cioè l’idea che le donne siano una branca inferiore del genere umano, meramente addette al fornire soddisfazione ai “veri” esseri umani, gli uomini.

Maria G. Di Rienzo

picard

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Si alzi il cielo.

Dobbiamo volare sopra la terra, sopra il mare.

Il destino si rivela e se moriamo, si ergono le anime.

Dio, per favore non cogliermi, fino alla vittoria.

(“Till Victory” – Patti Smith)

Nella mia rassegna stampa (internazionale) oggi è spuntato di nuovo questo filo rosso: pornografia / abusi e stupri di bambine.

In Malesia un dodicenne aveva preso l’abitudine di assorbire un po’ di video pornografici su internet e poi mettere in pratica quel vedeva su una bimba di quattro anni, a cui sua madre faceva da babysitter: l’ha stuprata tre volte prima che se ne accorgessero, nonostante la bambina si lamentasse del dolore ai genitali.

In Gran Bretagna, un 48enne similmente aficionado dei video pornografici online deriva da essi l’idea di una “sfida”: filmare segretamente ragazzine (minorenni) sotto la doccia e farla franca. Diciamo che ha raggiunto questo nuovo traguardo per la virilità parzialmente, visto che l’hanno beccato con un bel po’ di filmati sul cellulare.

Insomma, non c’è dubbio che la pornografia sia divertente, innocua e sano svago per tutti: basta con il perbenismo! Avete idea di che danni fa all’industria del sesso? (Sì, purtroppo nessuno.)

E poi c’è l’Italia: “Roma, militare accusato di abusi sulla figlia di 9 anni in caserma: in macchina conservava le mutandine da bambina”. Non solo, aveva in auto anche due dvd molto particolari: un cartone animato dai contenuti pedopornografici, “Il parco delle sevizie”, e un filmato dal titolo “Violenza paterna”.

La figlia di costui – maresciallo 38enne dell’esercito – ha oggi 14 anni ed è ospite di una casa famiglia assieme ai due fratelli. I bambini sono infatti stati allontanati anni fa dai genitori, entrambi militari, perché non accuditi e testimoni di continua violenza. Adesso, la ragazzina ha raccontato il resto e il processo a carico di suo padre è in corso. Come da copione, l’uomo la accusa di raccontare balle: “Sono solo fantasie, ritorsioni di mia figlia perché la sgridavo”.

Ma il tizio che vorrei scuotere come uno shaker (in maniera pacifica e nonviolenta, ovviamente), nella speranza che le sue sinapsi tornino a funzionare, è lo psicologo della struttura in cui la fanciulla si trova.

“Prima di raccontare il dramma vissuto la bambina viveva di camuffamenti. – ha detto costui – Sosteneva che non voleva stare dal padre perché in caserma la lasciava troppe ore davanti alla tv. Perché si annoiava. In quel periodo, essendo all’oscuro di tutto, l’ho anche spronata ad avvicinarsi al padre, per ricucire il rapporto.”

La ragazzina non ce l’ha comunque fatta a DIRE. Spesso, lo psicologo dovrebbe saperlo, per le vittime va così. Ha dovuto usare disegni e lettere per spiegare la situazione. Perché l’uomo che le ha fatto del male, un male la cui cicatrice resterà comunque con lei per sempre, è quello di cui si fidava di più, quello che amava di più, quello a cui doveva la vita. Perché quando da bambina subisci abusi da parte dei tuoi genitori ti senti in torto, sbagliata e cattiva. Taci sia per non sbandierare la tua colpevolezza e vergognarti ancora di più, sia perché se osi aprire solo di un millimetro la bocca al proposito sei a rischio di ritorsioni e immediatamente etichettata come bugiarda.

Adesso che non è più “all’oscuro di tutto”, all’esimio specialista è sorto qualche dubbio sul suo operato? Immagina come si è sentita la sua paziente mentre lui la “spronava” ad accettare un uomo violento, a “riavvicinarsi” al suo carnefice? Era preoccupato che la ragazzina urtasse i delicati sentimenti paterni di un genitore incapace e pericoloso a cui era già stata sottratta?

Prima di raccontare il dramma vissuto la bambina viveva di camuffamenti – Id est, raccontava menzogne, giusto? Dopotutto una femmina è difficile da prendere sul serio, sin dalla più tenera età.

Ma vedete, è strano. Se dici “mio padre mi ha fatto questo” sei una fantasiosa stronzetta che al massimo cerca di vendicarsi per la giusta disciplina imposta dal farabutto con potestà genitoriale, non ti ascolta nessuno e niente niente è colpa di tua madre che ti ha fatto venire la PAS (ciò è a discrezione di psicologi – giudici serenamente ignoranti, visto che dal punto di vista scientifico la cosiddetta “sindrome” in questione ha credibilità ZERO). Se dici “non voglio vederlo perché… mi annoio” – e, ripetiamo, sei stata tutelata con l’allontanamento da tale individuo – inganni immediatamente il terapeuta maschio che ti ascolta: sei sempre una stronzetta, intendiamoci, ma solo superficiale e bisognosa di incoraggiamento a ricucire rapporti.

Poiché ho subito da bambina questo stesso trattamento, e sono passati molti molti anni, il vederlo ancora all’opera è per me insopportabile. E’ il momento in cui mi chiedo se tutto quel che è stato fatto, in decenni di attivismo femminista, per cancellare questa infamia è stato inutile. Mi chiedo persino se io stessa sono inutile. E’ come tentare di risalire un abisso aggrappandosi a una corda fatta di filo spinato. FA MALE. Ma non è stato inutile, non lo è tuttora, e io non mollo la presa, non mollo, scordatevelo. Fino alla vittoria.

Maria G. Di Rienzo

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