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arthdal poster

Ecco qua (per la serie: oggi parliamo di “fuffa”, my friends). Questo è il manifesto di “Arthdal Chronicles” – “Le Cronache di Arthdal”, attesissimo sceneggiato fantasy sudcoreano che ha persino vinto un premio (per il drama più atteso…) ancor prima di andare in onda su TvN e Netflix, cosa che è finalmente accaduta il 1° e il 2 giugno.

Definito nelle conferenze stampa, non dai suoi autori, “la risposta orientale a Il Trono di Spade”, criticato in modo drastico in questi giorni sul web proprio per le supposte somiglianze alla serie tv sunnominata, “Le Cronache di Arthdal” è in effetti deludente – ma non per questi motivi, e inoltre è partito con percentuali d’ascolto molto buone che sono persino cresciute per il secondo episodio.

“Non ho neppure mai pensato di paragonare la nostra serie a “Il Trono di Spade” e non penso che il nostro scopo sia creare qualcosa di simile. Penso che il paragone non sia appropriato. Abbiamo tentato di creare una serie televisiva costruendo un mondo fantastico a partire dalla nostra immaginazione e spero che vedrete la nostra serie per quello che essa è.”, ha detto lo scrittore e sceneggiatore Park Sang-yeon ai giornalisti, ma sembra che non lo abbiano ascoltato.

Partiamo dalla “risposta orientale”. La prima stagione de “Il Trono di Spade” ha cominciato ad andare in onda il 17 aprile 2011 e non è un mistero che la sottoscritta ne ha preso visione, ha registrato i motivi del suo successo – sangue, brutalità, torture, efferatezza, oggettivazione sessuale delle donne, stupri, stupri e ancora stupri – e ha bellamente ignorato lo show sino alla sua fine. Tuttavia, se vogliamo mentire e dire che il fascino dello sceneggiato era in realtà la lotta per il potere con i suoi tradimenti e intrighi, le sue guerre e colpi di stato e omicidi politici, be’, potremmo definirlo “la risposta occidentale” a “The Legend” (11 settembre – 15 dicembre 2007) o meglio ancora a “La Regina Seon Deok” (25 maggio – 28 dicembre 2009): quest’ultimo avrebbe dovuto contare 50 episodi, ma il suo successo fu talmente clamoroso che i produttori ne aggiunsero altri 12.

The Legend poster

Nel primo caso abbiamo: due giovani principi apparentemente designati entrambi come l’atteso sovrano delle leggende e delle profezie, l’uno quasi privo di appoggi a corte e l’altro membro di una potente e spietata coalizione interna; quattro semi-dei, custodi mistici del regno, e le loro interazioni con i due rivali; un clan di assassini adoratori del fuoco che giustificano la loro brama di potere assoluto con un’antica sete di vendetta… magia, spade, veleno, eserciti, ambizioni personali, creature fantastiche (il Serpente-Tartaruga, la Fenice, la Tigre Bianca, il Drago Blu) ecc. C’è tutto: “Il Trono di Spade” ha copiato?

queen seondeok poster

Nel secondo caso abbiamo: una principessa – e poi unica legittima erede al trono – allontanata alla nascita per evitarne l’omicidio, che cresce ignorando il proprio status; sicari e profezie; religione asservita al potere temporale; frenetiche e crudeli lotte fra i cortigiani; sfrenata ambizione personale soprattutto nell’antagonista principale della principessa, una cortigiana che sale di forza a vette sempre maggiori di potere usando letteralmente e implacabilmente se stessa e gli altri: un personaggio “cattivo” così affascinante, intelligente, profondo, complesso – e magistralmente reso dall’attrice che lo interpretava – da rendere impossibile odiarlo del tutto. Anche qui magia e spade e veleno e eserciti, ecc.: il “Trono di Spade” ha copiato?

Gli elementi tipici, universali, di queste storie semplicemente si ripetono. Qualunque cosa tu crei avendo come sfondo un trono conteso – ed è questo il caso per tutti e tre gli sceneggiati citati – li rende inevitabili. C’è da dire che “The Legend” e “La Regina Seon Deok” li hanno semmai espressi in modo assai più coinvolgente e raffinato di quanto abbia fatto quel carnaio – bordello noto come “Il Trono di Spade”.

Se “Le Cronache di Arthdal” è deludente, come ho detto all’inizio, non è perché abbiamo i “figli della profezia”, i politici avidi e sfrenati, i guerrieri macellai – e nemmeno i (francamente per me ridicoli) “neandertaliani” con il sangue blu e la magia dei sogni: è perché, almeno per il momento, non è riuscito a suscitare la nostra simpatia, identificazione, passione per nessuno dei personaggi che in esso si muovono.

cast

(i quattro principali sono qui sopra)

Gli scenari sono di sicuro bellissimi, i dettagli che differenziano le varie aggregazioni molto curati, la recitazione non merita meno di impeccabile… è il copione che fa acqua, assieme al ritmo assai confuso delle riprese. Ma una somiglianza con “Il Trono di Spade” c’è, sebbene di segno opposto: invece di spogliare ossessivamente le attrici, “Le Cronache di Arthdal” denuda di continuo i torsi degli attori. Ambo i trucchetti rivelano che tipo di pubblico si sta cercando di agganciare – guardoni maschi occidentali o idol-fan femmine orientali… l’importante, sapete, è soddisfare gli sponsor pubblicitari con ogni mezzo necessario.

Maria G. Di Rienzo

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