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Posts Tagged ‘neoliberismo’

Con questo pezzo inauguro la rubrica “Arte Contemporanea Italiana”, perché come ripetono Salvini & Meloni siamo il Paese delle “eccellenze”, siano esse zucchine di mare o 49 milioni di stracchini, ciliegie, arrosticini e paninazzi.

Dunque, la prima opera che vi presento si intitola “Maschio dominante con fragole” e viene dalla Lombardia.

maschio dominante con fragole

Il soggetto ritratto mentre Coldiretti lo premia, proprio per la sua eccellenza, è il sig. Gugliemo Stagno D’Alcontres, la cui azienda “StraBerry” è sotto sequestro per lo sfruttamento di braccianti africani. Costoro lavoravano 9 ore al giorno alla raccolta di fragole (ma molto onestamente la direzione ne faceva figurare 6 e mezza) per un compenso orario di 4,5 euro, con insulti – coglione, negro di merda, animale – e prevaricazioni e minacce come bonus.

Il signore raffigurato sopra spiega ridendo al telefono come queste siano strategie imprenditoriali di alto livello: “Questo deve essere l’atteggiamento perché con loro devi lavorare in maniera tribale, come lavorano loro, tu devi fare il maschio dominante, è quello il concetto, io con loro sono il maschio dominante… è così… io sono il maschio dominante!

Appena c’è uno che sbaglia mandalo subito a casa, così lo vedono gli altri, capito? Non lo fare parlare, perché se lui inizia parlare anche altri sentono, se loro vedono che tu lo mandi subito da capo, gli altri hanno paura di andare da capo dopo! hai capito? (la mancanza della “l” – sarebbe “dal capo” – è dovuta al fatto che Stagno D’Alcontres mima il linguaggio da burletta attribuito agli africani dal razzismo: “sì, badrone”, per intenderci).

Il concetto da dirgli è proprio questo, se troviamo una fragola fatta male se ne vanno a fare in culo, non è che c’è il perdono, non so se mi spiego.

Stamattina appena ho visto uno che parlava dopo un secondo l’ho mandato a casa, non è che gli ho dato la seconda possibilità…”Vai a casa!” E appena vedo uno con il cellulare io lo mando a casa! E’ il terrore di rispettare le regole!”

Ricordate per caso Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda?

https://lunanuvola.wordpress.com/2020/04/23/due-tormentoni/

Così egli ci ammoniva nell’aprile scorso (e ha continuato ad ammonirci ossessivamente anche dopo): “Un punto dev’essere fermo, nella coscienza generale: la ricchezza, il lavoro, il benessere sono frutto dell’attività d’impresa.”

Detesto le frasi monche e mal costruite. Enunciamo questa correttamente:

“Un punto dev’essere fermo, nella coscienza generale: la ricchezza e il benessere dell’imprenditore sono frutto dell’attività d’impresa condotta tramite il terrore; il lavoro per giungere a questo risultato lo fate voi poveracci: sottopagati, sfruttati, umiliati e cacciati a calci nel didietro se osate fare un pausa per bere o scambiate una parola con il vicino di filare.” (Non cito a caso, diversi braccianti hanno testimoniato esattamente quel che ho scritto.)

Maria G. Di Rienzo

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not amused

(Non siamo divertiti – “I pinguini di Madagascar”)

1. Lapo Elkann

Non so se debba fondare un partito alla fine dell’emergenza e quanto abbia eventualmente investito per avere la copertura di cui gode attualmente, ma i media del gruppo Gedi (Repubblica, Espresso, Huffpost, radio, tv) lo stanno “sparando” da un paio di settimane a tutto volume – e stanno francamente annoiando.

Visto che notizie relative al soggetto non ci sono, a meno che si vogliano considerare tali le dirette sui social in cui si impegnano senza soluzione di continuità centinaia di altre celebrità e politici, la holding di Elkann (Laps to Go o solo Laps – società che possiede azioni/quote di altre società) è presentata come una sorta di opera pia, una ong caritatevole il cui solo scopo è essere di conforto alla popolazione italiana.

Per esempio: “Italia Per Sempre, la diretta con Lapo Elkann e Frankie Hi-Nrg – Continuano le dirette dal profilo Instagram di Italia Indipendent (sic) per il progetto Italia Per Sempre, “l’inno all’Italia” creato da Lapo Elkann e volto a sostenere i cittadini durante l’emergenza coronavirus con un momento di svago.”

Italia Independent è una società che produce accessori di lusso personalizzabili, che è andata in rosso nel 2018 e che è stata salvata da una immissione di capitale esterno (Talent EuVeca) all’inizio del 2019: non è un’informazione irrilevante, ma nei peana alle attività del benefattore Lapo Elkann non c’è.

Sarebbe anche da notare che il patriotico rampollo della famiglia Agnelli strilla gli inni all’Italia dal Portogallo, come ha dichiarato alla radio il 17 aprile scorso: “Sto trascorrendo la mia quarantena a Lisbona. Sto a casa, lavoro tutto il giorno per supportare ed aiutare il mio Paese con la nostra campagna di solidarietà. Poi pulisco e cucino. Il mio cavallo di battaglia culinario è lo spaghetto sciué sciué.” (E chi se ne frega.)

Nessuno degli entusiastici articoli o servizi ricorda neppure i trascorsi dello spaghettaro, uso a festini con droga (nel 2005 un’overdose di oppiacei quasi lo uccide) in compagnia di persone transessuali (2005, 2016 – in quest’ultimo caso avrebbe simulato il proprio sequestro per ottenere soldi dalla famiglia) o di altri uomini (nel 2014 due fratelli lo ricattano con un filmato ad hoc).

Consigli per Lapo? Usi “sostenere” al posto di “supportare”, non definisca “lavoro” l’autocelebrazione, faccia coming out e viva felice senza sfiancarsi per il nostro svago. Consigli per i giornalisti? Fate i giornalisti.

2. Le levate di scudi a difesa della Lombardia.

Sono di un’ipocrisia e di una noia mortali. Ne prendo una per tutte. Ho controllato e sono sicura che Carlo Magno non è tornato a proclamarsi re dei longobardi, ne’ orde di francesi o spagnoli hanno rivendicato il territorio. Dovete sapere però che criticare la gestione della sanità e dell’epidemia da parte della Lega (Attilio Fontana e compagnia) e indagare sulle morti al Trivulzio equivalgono a “assalti polemici”, “demagogie”, “propaganda e partigianeria” e occultano “la voglia di dominio della politica sull’economia invece che la competitività e il mercato ben regolato” (manca un verbo, ma l’autore è coltissimo e ci raccomanda anche un libro di Savinio). Cercate di ficcarvi in testa che “la regione vale un quarto del Pil italiano” e che “giocare contro Milano significa giocare contro il futuro dell’Italia”: “Un punto dev’essere fermo, nella coscienza generale: la ricchezza, il lavoro, il benessere sono frutto dell’attività d’impresa.” Questo è ciò che il neoliberismo crede e divulga, ma non pertanto diventa dogma divino, essendo una mera asserzione smentita più volte da Storia e dati.

Ci sono anche veri e propri voli pindarici sul merito premiato e sulla capacità di stare insieme dei coraggiosi imprenditori: pensate che “Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, è stato designato con due terzi dei voti del Consiglio generale dell’organizzazione. Per lui hanno votato lombardi e veneti, emiliani e campani, romani, calabresi e siciliani”. Cioè, sarebbe oggetto di reverente meraviglia il fatto che un gruppo settario di ricchi ha scelto il proprio ricco rappresentante senza badare alla sua origine regionale. Fiato alle trombe! Cavalierato per tutti!

Al sig. Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda, che ci ha regalato queste profonde riflessioni nel suo pezzo complottista “Le polemiche contro Milano nascondono una cultura anti-impresa”, consiglio un libro anch’io: “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”, di John Maynard Keynes. Parla tra l’altro della necessità dell’intervento statale nell’economia nelle fasi di crisi. Se non ha voglia di leggere, provi ad ascoltare le canzoni di Gualtiero Bertelli sulle metodologie non proprio umane con cui l’impresa ha costruito il suo “virtuoso” primato, oppure presti attenzione a qualche notizia: come quella dell’operaio licenziato da ArcelorMittal Italia, qualche giorno fa, per aver denunciato pubblicamente la mancanza di protezioni dal coronavirus in fabbrica. Sa, l’azienda ha dichiarato di avergli dato il benservito perché “è venuta a mancare la fiducia” nel dipendente. “Insieme”, ancora una volta. – così lei chiude il suo pistolotto soffiandosi il naso dalla commozione – ma solo se tieni la bocca chiusa, operaio di m.!

Maria G. Di Rienzo

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question

(brano tratto da un intervento del 19 marzo 2020 di Teresa Anderson e Niclas Hällström, per Action Aid, su cambiamento climatico e coronavirus. Teresa Anderson è la coordinatrice delle politiche sul clima per Action Aid International, Niclas Hällström è il direttore di WhatNext?, un forum svedese sulle istanze globali sociali e ambientali. Trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

EGUAGLIANZA: I governi devono proteggere le donne, i poveri e i vulnerabili dalle crisi e dal loro impatto, dando uguale valore a ogni vita umana al di là di nazionalità, status economico, genere, etnia o età. Allo stesso modo, non è accettabile che una generazione continui a “fare come prima” sapendo di essere relativamente al sicuro, nel mentre aumenta il rischio e l’impatto per un’altra generazione.

PROTEZIONI SOCIALI: Sanità pubblica e gratuita, congedo pagato per malattia e benefici relativi alla disoccupazione per i lavoratori, nelle economie formali e informali, sono necessari in modo urgente, così che le persone non debbano scegliere se proteggere i loro mezzi di sussistenza o proteggere la società durante la pandemia.

SOLIDARIETÀ: Nessun Paese può “farcela da solo”. I governi devono lavorare insieme ed evitare di ritirarsi in approcci nazionalisti e competitivi. Le nazioni ricche devono contribuire con una giusta parte e aumentare il sostegno finanziario e tecnologico per le nazioni in cui i redditi sono più bassi. La vera solidarietà significa anche adottare e condividere soluzioni.

LA MANO INVISIBILE DEL MERCATO NON AGGIUSTERÀ QUESTE COSE:

Crisi climatica e pandemia mostrano la necessità di profondi cambiamenti di sistema. Queste emergenze rivelano le ingiustizie delle economie neo-liberiste, in cui potenti corporazioni economiche danno priorità ai profitti rispetto al bene comune e fanno tutto quel che possono per evitare di essere regolamentate.

Le risposte dei governi alla pandemia richiedono di prendere decisioni di ordine pubblico, incluse forti misure restrittive, nell’interesse dei cittadini piuttosto che dei loro finanziatori politici delle corporazioni.

NON E’ MAI TROPPO TARDI PER AGIRE: Ogni giorno che passa conta. Ogni azione che limita il danno ha valore. Anche se siamo stati più lenti a uscire dai blocchi di partenza di quanto avremmo dovuto, diamoci dentro ora. Rinunciare non è un’opzione, al di là di quanto grave la situazione possa apparire.

FATE QUEL CHE SERVE, MA NON ABUSATE DEL POTERE: Nel mentre molti governi sono stati lenti nel prendere misure severe per fermare la pandemia, i cittadini hanno chiesto misure più forti per contenere la crisi. La società ha mostrato la sua volontà di accettare svantaggi, forti interventi governativi, protezione sociale e sì, meno shopping e meno voli aerei, se ciò significa proteggere milioni di vite a rischio.

I governi devono tener conto di questo. Ma non devono abusare del loro potere, ne’ cementare misure prese durante le emergenze in limiti autoritari alla libertà dopo che la crisi è passata.

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Secondo il sig. Salvini, noi femministe saremmo “distrattone” (per favore, Accademia della Crusca, non sdoganare anche questo vezzo deturpante della lingua italiana), oltre che – va da sé – “sedicenti”, perché non vediamo il vero pericolo che minaccia le donne e cioè, secondo lui, l’estremismo islamico. Il dato di fatto incontrovertibile è che nei paesi in cui tale estremismo rende calvari le vite delle donne sono le femministe a protestare, a cercare di tutelare i diritti umani di tutte/i, a essere aggredite e umiliate in mille modi, ad andare in galera e a essere uccise, con la benedizione statale o in esecuzioni extra giudiziarie.

Queste donne ricevono scarsa o riluttante attenzione a livello internazionale, non solo dai veri distratti come Salvini, giacché parlano di uguaglianza, parità, cittadinanza e bene comune e non di quanto sia bello essere una “sex worker” e fare delle “scelte” – ovvero continuano a declinare i diritti umani fondamentali su base universale e non frammentaria. Lo spirito della Dichiarazione Universale del 1948 era questo: nasci, e chiunque tu sia, dovunque tu sia venuta/o al mondo, il resto della comunità umana ti riconosce, ti accoglie, protegge la tua esistenza, lavora per abbattere gli ostacoli sociali ed economici che dovessero metterla in pericolo. Se viceversa i diritti umani sono in qualche modo magnanimamente concessi dal Principe in carica, a seconda di caratteristiche identitarie specifiche, e la loro attuazione si concretizza al massimo nel divieto di discriminare le stesse, sparisce qualsiasi riferimento alle posizioni sociali e alle condizioni economiche delle persone: il che, come non mi stancherò mai di dire, è molto comodo per il neoliberismo e per il patriarcato e non libera NESSUNO e NESSUNA.

Il molto distratto sig. Salvini dichiara di voler riformare il diritto di famiglia e che a tale scopo il DDL Pillon sarebbe “un buon punto di partenza”, perché “vogliamo togliere i bimbi come merce di scambio o ricatto dei litigi tra i genitori” (separati/divorziati). So che il titolare di queste opinioni è impegnatissimo, soprattutto su Twitter, perciò forse non è riuscito a leggere il testo del decreto legge (non voglio assolutamente ipotizzare che l’abbia letto e non l’abbia capito). Persone più capaci e più ferrate nel campo del diritto di me hanno già demolito pubblicamente l’impianto della “riforma”, perciò quanto sto per dire non è nulla di nuovo ma ci tengo a ribadirlo: l’interesse supremo del minore non è il suo centro. Il DDL non è pensato per tutelare i bambini, ma le finanze e la proprietà privata del coniuge economicamente più abbiente: id est, nella stragrande maggioranza dei casi, il padre. La cancellazione dell’assegno di mantenimento del figlio al genitore affidatario e l’abolizione dell’istituto della casa familiare hanno l’unico scopo di dare a costui il controllo completo del patrimonio: poiché il mantenimento del figlio non deve rispettare i parametri del tenore di vita precedente alla separazione dei genitori, e a costoro sono assegnati capitoli di spesa specifici in relazione alle proprie capacità economiche, è impedita ogni minima forma di redistribuzione della ricchezza tra i due ex coniugi.

Nel DDL Pillon, contrariamente a quanto il sig. Salvini dichiara, i bambini sono più che mai penalizzati e oggettivati, simbolicamente tagliati in due con l’accetta, rigidamente controllati, soggetti a sperimentare opportunità e standard altalenanti in ogni aspetto delle loro vite (cure, materiale scolastico, attività extrascolastiche, abbigliamento, attrezzature tecnologiche) a seconda di quale dei due genitori deve aprire il portafoglio – e le donne hanno meno soldi, meno opportunità, meno impieghi sicuri.

La visione di “famiglia” sottesa al testo non è neppure quella cosiddetta tradizionale, poiché ogni istanza di solidarietà e senso della comunità in essa presente svanisce con l’atomizzazione e lo scollegamento dei membri della famiglia stessa, ognuno dei quali agirebbe – in pieno stile neoliberista – unicamente per il proprio personale interesse. Mors tua vita mea. Ognuno per sé e lo Stato per papà.

E questa sarebbe la vera famiglia, fondata sull’amore di mamma e papà, la famiglia a cui ogni bambino avrebbe diritto?

Io non sono distratta, sig. Salvini. Sono disgustata. Maria G. Di Rienzo

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“Il neoliberismo è la filosofia politica (della sinistra e della destra) che si è sviluppata in occidente durante gli anni ’80 a guisa di “buon senso” populista. Ha diversi problemi:

1) vede l’individuo come agente autonomo, motivato principalmente dall’interesse personale;

2) ci dice che l’economia del libero mercato priva di regole allevia le diseguaglianze sociali;

3) descrive la libertà personale nei termini della capacità dell’individuo di “scegliere” in un mercato di scelte.

Cosa c’è di sbagliato nella visione neoliberista ed economicistica dell’essere umano? E’ riduttiva. Oltre a essere agenti individuali, gli esseri umani sono collocati in contesti psicologici, sociali e politici che rendono la nostra autonomia e le relazioni reciproche con altri assai più complesse di quanto questa ideologia permetta. (…) Il neoliberismo, con il suo focus sull’individualismo e la scelta personale ignora l’esistenza del patriarcato come struttura sociale.”

Heather Brunskell-Evans, consulente accademica su genere e sessualità; portavoce dell’organizzazione pro diritti umani delle donne FiLiA; membro del consiglio d’amministrazione di OBJECT, gruppo attivista femminista.

Il neoliberismo ne ignora volutamente parecchie, di strutture sociali – in primis le divisioni di classe e la piramide della proprietà privata: perciò, come l’accademica sottolinea, riduce la condizione umana alle “scelte” che il singolo essere umano compie. Di conseguenza, se sei povero/a, disoccupato/a, sottopagato/a, eccetera, è colpa tua. Non ti sei orientato bene nel pescare il pasticcino dal vaaaaasto plateau che la società ti offriva.

Da questa ignoranza salta fuori il “navigator” del Ministro del Lavoro Di Maio, il cui principale impegno politico sembra essere il mostrare ossessivamente la propria smagliante dentatura in tv e autoscatti (non si è ancora accorto che un “sorriso” perenne non produce fiducia nell’osservatore, ma inquietudine). Dalla stampa:

“Chi si rivolgerà ai centri dell’impiego avrà dall’altra parte la figura del “Navigator” che “lo prenderà in carico”, spiega il ministro. Una figura che “selezioneremo con un colloquio” e “deve essere in grado di seguire chi ha perso il lavoro, formarlo e reinserirlo nel mondo del lavoro”. La platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza, secondo Di Maio, ammonterà a 5 milioni di persone.

“La figura del Navigator”, in sostanza, “si prenderà in carico” la persona in cerca di lavoro.”La formerà e la orienterà in modo che l’azienda la possa assumere senza doverla formare”. “La formazione – ha dichiarato – non necessariamente deve essere formata nei centri per l’impiego; può esserlo in un centro privato, in una azienda. L’importante è che la persona che orienta il disoccupato venga pagato in base al numero delle persone orientate”. (…)

In poche parole, spiega il ministro, il “tutor o Navigator” associato a un individuo che abbia diritto al reddito di cittadinanza “lo raggiungerà dovunque egli sia”, lo spingerà a seguire le prassi necessarie per trovare un lavoro o formarsi e “prenderà un bonus se farà assumere quella persona”.

Lo stesso “tutor o Navigator” poi, “sarà lui a farmi la scheda, come ministro del Lavoro”, per segnalare eventuali inadempimenti. Naturalmente, riconosce Di Maio, per creare la platea sufficiente di “tutor o Navigator” per seguire i percettori della misura, “ovviamente faremo un piano di assunzioni straordinarie”.”

Lo sradicamento della povertà a livello globale è il primo degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile indicati dalle Nazioni Unite. La “data di scadenza” è il 2030 – una marea di commentatori / commentatrici di politica, economia, finanza ecc. dichiara (ovviamente) l’obiettivo irraggiungibile per tale data. I dati che la scheda delle NU fornisce al proposito sono questi:

– 783 milioni di persone vivono sotto la linea internazionale della povertà di un dollaro (Usa) e novanta centesimi al giorno.

– Nel 2016, circa il 10% dei lavoratori ha vissuto con le proprie famiglie sulla base di meno di un dollaro e novanta a persona al giorno.

– Globalmente, ci sono 122 donne fra i 25 e i 34 anni che vivono in povertà estrema per ogni 100 uomini dello stesso gruppo d’età.

– La maggioranza delle persone che vivono sotto la linea di povertà appartengono a due regioni: Asia del sud e Africa sub-sahariana.

– Alte percentuali di povertà si trovano spesso in piccole, fragili nazioni affette da conflitti.

– Un bimbo su quattro sotto i cinque anni, in tutto il mondo, ha un’altezza inferiore a quella che dovrebbe avere alla sua età.

– Sino al 2016, solo il 45% della popolazione mondiale era in effetti tutelata da almeno un beneficio finanziario di protezione sociale.

– Nel 2017, le perdite economiche dovute a disastri ambientali, inclusi i tre grandi uragani negli Usa e nei Caraibi, sono state stimate a oltre 300 miliardi di dollari.

Le cose che ho scelto di sottolineare sono il “moto perpetuo” della povertà, ciò che le permette di esistere, allargarsi, persistere.

1. Gente che il lavoro ce l’ha, ma che l’economia neoliberista non paga abbastanza per vivere decentemente – ciò è necessario a gonfiare i conti in banca di un mucchietto di stronzi, i quali sono arrivati dove sono non grazie alle proprie avvedute scelte, ma alle ricchezze di famiglia e alle protezioni di consessi finanziari e istituzioni politiche. Non partiamo tutti dagli stessi blocchi e se qualcuno vince la corsa perché ha regolarmente mezzo chilometro di vantaggio è vergognoso dire a quelli dietro di allenarsi di più.

Il nostro governo ha visto questo? Come no, flat tax.

2. La diseguaglianza di genere non è un’invenzione lagnosa delle vecchie brutte femministe zitelle ecc., tiene effettivamente le donne a distanza anche dalle minori opportunità loro offerte.

Poiché le donne sono spesso escluse per intero dai processi decisionali che le riguardano – e ciò è una violazione dei loro diritti umani – la diseguaglianza si amplia costantemente.

Il nostro governo ha visto questo? Aspettate i burlesque e le mimose dell’8 marzo.

3. Il razzismo ha un ruolo chiave nel tenere a distanza dall’accesso a lavoro, beni e servizi determinati gruppi etnici.

Il nostro governo ha visto questo? Chiedete al sig. Salvini.

4. e 5. Guerre e devastazioni ambientali generano innanzitutto morte – ma il loro principale “beneficio” è il profitto economico che il gruppetto di stronzi in cima alla piramide della proprietà privata incassa. A costoro non può fregare di meno delle conseguenze che ricadono su chi sopravvive ai disastri da loro creati (sfollamento, migrazione, fame, perdita di casa – lavoro – famiglia, aumentata vulnerabilità alla violenza di genere, ecc.).

Il nostro governo ha visto questo? Interverrà sul commercio di armi, metterà in sicurezza almeno il proprio di territorio? Ok, le risposte le sapete, non prendiamoci in giro.

Io credo che il sig. Di Maio il suo “navigator” lo abbia perso da tempo. Sembra girare a vuoto. Ma vedete, andando a spanne senza bussola ha guadagnato cariche politiche. Dobbiamo davvero chiederci cosa stiamo facendo, italiane e italiani.

Maria G. Di Rienzo

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(tratto da: “Art can influence political action for women’s liberation”, intervista all’artista femminista Emilia de Sousa – in immagine sotto – di Brenda Campos per FES Connect, 28 marzo 2018. Trad. Maria G. Di Rienzo. FES è l’acronimo della fondazione non-profit tedesca Friedrich-Ebert-Stiftung, che promuove la democrazia sociale e i diritti umani. Il mese scorso ha organizzato un incontro di donne a Maputo, in Mozambico, per discutere modi innovativi di analizzare e raddrizzare le ingiustizie politiche, economiche e sociali.)

emilia de sousa

Studiose femministe, sindacaliste, blogger e attiviste per i diritti umani hanno fatto parte del Laboratorio Idea per trovare approcci unitari alla creazione di conoscenza femminista, mutuo sostegno e azione politica, per trasformare le narrative neoliberiste e conservatrici che giustificano lo sfruttamento economico e la strumentalizzazione politica delle donne in molte odierne società africane.

Emilia de Sousa, un’artista mozambicana multidisciplinare, i cui dipinti e disegni sfidano l’immagine della donna in una società capitalista e patriarcale, ha partecipato al dibattito e ha fatto del “potere femminista per il cambiamento” un’opera d’arte.

Hai accettato di contribuire al Laboratorio Idea per la riflessione e l’azione femministe africane in un modo unico e da art-ivista. (ndt.: con il dipinto visibile nell’immagine sopra) Com’è stata questa partecipazione per te?

Partecipare al Laboratorio Idea è stato un viaggio emotivo. E’ stato molto eccitante, difficile da descrivere con parole esatte in tutte le sfumature delle sensazioni. Essere nella stessa stanza con tutte quelle donne meravigliose che lottano per i diritti e il benessere delle donne è stata la concretizzazione di un sogno, mi ha aperto la mente.

I temi affrontati, le discussioni, i piani, l’unione delle menti, il potere di costruire ponti fra le diverse esperienze individuali per formare qualcosa di più grande, un collettivo inarrestabile, è stato davvero ispirativo ma anche una sfida per me.

Sono rimasta colpita dalle presentazioni personali, dalla forza delle donne nella stanza e dalla connessione delle nostre lotte che sembrano assai simili in un certo modo. Ciò mi ha fatto pensare, piangere e ridere. Ho raccolto un sacco di energia dal gruppo e ho cercato di metterla nel dipinto, che raffigura lo sbloccarsi del potere delle donne tramite l’azione collettiva e la solidarietà.

Cosa ti motiva nel creare arte femminista?

Non ricordo quando esattamente mi sono definita una femminista / artista / attivista negli anni della mia adolescenza. Ma ricordo che il momento in cui mi sono sentita completa e potenziata è stato quello in cui ho cominciato a esprimere i miei convincimenti e le mie frustrazioni di donna nera tramite l’arte. Ha funzionato come auto-terapia.

Mi sono sempre concentrata sull’esperienza dell’essere una donna, anche in modo inconscio. Il tema ricorrente nei miei dipinti e disegni sono i corpi delle donne, la nostra lotta per riconciliarci con la nostra realtà corporea al di là delle false immagini femminili che la società capitalista e patriarcale tenta di imporre.

Le donne sono costantemente strumentalizzate. Le nostre insicurezze e i nostri dubbi diventano pubblicità per vendere prodotti commerciali che alla fine ci mantengono nelle prigioni dei nostri complessi e alimentano competizioni separate per la bellezza, le incertezze, l’anoressia, la vergogna, i disturbi. L’amore di sé, la compassione collettiva, l’empatia, la solidarietà di altre donne e l’esprimere te stessa coraggiosamente sono rimedi per queste influenze negative a cui siamo esposte sin dalla nascita. Ma per comprendere la confortevole forza di un’espressione collettiva e dell’auto-accettazione, dobbiamo spesso compiere un viaggio lungo, solitario e duro. Tale esperienza ispira i miei dipinti: la sofferenza delle donne e l’evento che apre gli occhi e la mente, l’accettare le tue debolezze e le tue imperfezioni e l’aiutare altre ad arrivare allo stesso punto di liberazione.

Che ruolo può giocare l’arte nella nostra lotta per espandere i diritti delle donne e ridurre la discriminazione?

L’arte è inseparabile dalle società e ha una grande influenza sull’azione politica, in particolare nel combattere la discriminazione contro le donne. L’artista parte dalla sua prospettiva e dalla sua esperienza soggettive. Permette l’accesso ai suoi sentimenti e riflessioni, alla sua rabbia e alle sue paure – può farlo con la musica, la pittura, le illustrazioni, la scrittura – e in questo modo crea messaggi in un linguaggio multidimensionale, colorato e potente, che va oltre le argomentazioni razionali e induce le persone a capire l’essenza dei problemi sociali, politici o economici.

Io credo che le esibizioni artistiche che toccano i temi del femminismo, della discriminazione e dell’abuso perpetrati contro le donne diano voce a chi è oppresso e possano toccare le persone in modi svariati. Dobbiamo portare l’arte nei vicinati e nelle scuole, dobbiamo parlarne e farne fare esperienza alle generazioni più giovani, così che possano trovare i loro propri modi di esprimere se stesse, di definirsi e raccogliere forza per trasformare il loro ambiente in qualcosa di più amichevole, più giusto e più libero di quello in cui viviamo attualmente.

Quale cambiamento desideri per la società mozambicana, da un punto di vista femminista?

I dibattiti femministi stanno lentamente crescendo in Mozambico. C’è ancora il cancro delle donne copertina. Dobbiamo essere belle, sexy, ma non volgari. I nostri corpi devono essere “perfetti”. A seconda di dove i peli si trovano sul tuo corpo, da una parte devono essere rimossi e dall’altra devono essere stirati (ndt.: i capelli). Dobbiamo essere sveglie e capaci di divertire, ma non dobbiamo fronteggiare padri, insegnanti e mariti. Lavoriamo il doppio e siamo pagate meno della metà, ma una brava donna non si lamenta, ne’ urla contro le ingiustizie o contro la violenza strutturale e fisica.

Facciamo di tutto per assumere su di noi una personalità e una vita che non sono nostre. Viviamo nella paura di esprimere la nostra propria voce, i nostri pensieri, i nostri sogni, perché non vogliamo essere giudicate. Siamo state educate a essere quel che non siamo e a cambiarci costantemente per compiacere gli altri. Essere te stessa, amare te stessa e rispettare te stessa, nella nostra società è in pratica un atto di ribellione.

L’arte non può restare silenziosa su questo. Dobbiamo far riflettere le donne, dobbiamo far riflettere la società, dobbiamo aiutare questa nuova generazione di donne e uomini a trovare la propria espressione e la propria narrativa su cos’è la vita. Una narrativa di compassione, di rispetto, di accettazione e umanità. Dobbiamo spingere per la trasformazione che vogliamo.

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(tratto da: “The Subtle Abyss: Visual Representation and Feminist Art Practices”, un più ampio saggio di Rose Gibbs e Catherine Long del dicembre 2015. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

Ladies Sasquatch

L’ortodossia economia del neoliberismo, promuovendo il “ragionevole interesse personale” tramite la deregolazione, la privatizzazione, il libero mercato e governi sempre più ristretti, ha il suo equivalente culturale nell’attitudine “tutto fa brodo” che separa azioni e comportamenti dalle circostanze in cui essi si generano.

Quest’ortodossia presuppone che siamo tutti nati liberi, che prendiamo decisioni liberamente e che non siamo formati da aspettative normative. Qui, il soggetto è un individuo solitario per il quale tutti i legami – familiari o d’altra natura – sono gravosi. Il presupposto sotteso è che vi sia un giusto e “naturale” modo di essere e che esso emergerà comunque in qualche modo. Similmente, il libero mercato sarebbe un “ecosistema” che si autoregola e che, come il mondo naturale, a volte può essere brutale ma in fin dei conti è armonioso.

Nella cultura neoliberista odierna le barriere imposte alla libertà da classe, razza e discriminazione di genere non sono chiaramente riconosciute. C’è una “libertaria” celebrazione del libero arbitrio che non mette in discussione le condizioni che rendono la vera libertà possibile, ne’ ci riflette sopra.

In un rovesciamento del principio femminista per cui “il personale è politico”, i problemi non sono mai politici ma sempre personali: individuali, sui generis e perciò non analizzabili.

In queste circostanze, mettere insieme le persone affinché affrontino istanze comuni diviene sempre più difficoltoso. Inoltre, presumere che siamo tutti individui isolati e autonomi oscura effettivamente la realtà delle nostre situazioni difficili. Ciò è preoccupante soprattutto per le persone vulnerabili e marginalizzate.

Attualmente siamo nel mezzo di una rinascita del femminismo, in occidente e a livello globale, che continua a raccogliere slancio. Gli ultimi cinque anni hanno visto un aumento significativo di conferenze femministe, attivismo di base, creazione e mostre di arte femminista. Molta di questa attività organizzativa opera a fronte di una discriminazione continua e a partire dalla consapevolezza da parte delle donne più giovani che ci è stata venduta una montatura: e cioè l’eguaglianza è stata raggiunta, rendendo il femminismo superfluo.

Allo stesso tempo, il capitalismo ha cooptato il linguaggio femminista nei media del mainstream. Il contrattacco al femminismo ha preso la sua forma più virulenta: i comportamenti e i prodotti che sono tutti parte dell’arsenale capitalista sono rielaborati come attrezzi femministi del “potenziamento delle donne”, mentre le fonti di tale potere restano incredibilmente non esaminate. Le donne sono diventate i bersagli di aggressive tattiche di marketing; ci viene detto che i soggetti femminili manifestano la propria libertà tramite il potere d’acquisto.

E’ pure da notare come tali comportamenti tendano ad adattarsi molto bene all’ethos di una società che continua a punire coloro che non si conformano ai suoi standard e non rispondono in modo compiacente alla sue richieste.

Ladies Sasquatch 2

L’attuale stato del maggior successo culturale per le donne appare come il diritto di oggettificare se stesse e l’essere grate per il privilegio della visibilità, una visibilità che è ancora data come premo solo alle donne che corrispondono al ristretto ideale sottile – di pelle chiara – giovane prevalente nella cultura eteronormativa capitalista.

Questa insidiosa invasione del neoliberismo riduce il femminismo a un set di diritti “personali” e scelte che si incastrano con il capitalismo in modo conveniente, mentre minano con efficacia l’intero progetto. Perché se il femminismo non rappresenta e non sostiene nulla, in che modo sappiamo cos’è o come può liberarci?

P.S. Le immagini che ho inserito in un questo pezzo fanno parte dell’opera “Ladies Sasquatch” di una straordinaria artista multimediale femminista, Allyson Mitchell (è canadese e fa scultura, teatro, installazioni, film). Con essa, Allyson ha inteso rappresentare “una sessualità selvaggia esterna alle nozioni prescrittive eteronormative di bellezza e brama” e la definisce “una congrega di Sasquatch lesbiche”. Le sculture di Allyson comprendono anche una Vagina Dentata dalle dimensioni di una stanza, un esercito di Holly Hobbies Super-Geniali e una libreria situata in un bosco e completa di pozzo dei desideri “per la conoscenza politica proibita”.

Ah sì, i Sasquatch, per chi non lo sapesse – io lo so perché da bambina leggevo Tex Willer, non perché sono più furba di voi… – sono delle specie di Yeti del folklore nordamericano, umanoidi dai tratti scimmieschi alti 2/3 metri, ben ben pelosi, che si farebbero volentieri i fatti propri nelle foreste montane se esploratori e curiosi li lasciassero in pace.

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