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Posts Tagged ‘nazismo’

(tratto da: “People Aren’t Bad for the Planet—Capitalism Is”, di Izzie Ramirez per Bitch Media, 27 marzo 2020, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Izzie Ramirez – in immagine – è una reporter freelance e la caporedattrice di NYU Local.)

Izzie

C’è una brutta china nei commenti che giustificano i decessi umani per preservare l’ambiente. Come l’attivista per il clima Jamie Margolin ha spiegato in un tweet “Dire ‘I deboli moriranno ma va bene perché ciò aiuta il clima’ non è giustizia climatica. Questo è ecofascismo.” L’ecofascismo è definito da governi che esercitano il loro potere per la protezione dell’ambiente a costo delle vite individuali.

Nel loro articolo del 2019 “Overpopulation Discourse: Patriarchy, Racism, and the Specter of Ecofascism,” Jordan Dyett e Cassidy chiarirono come l’ecofascismo prese piede nel 19° e 20° secolo in Germania, dove “una serie di preoccupazioni ecologiche cominciarono ad interagire con la xenofobia, il nazionalismo e il razzismo presenti nella regione.”

All’epoca, le autorità fasciste tedesche erano solite giustificare determinate politiche di esclusione collegando l’ambiente alla salute. La retorica tipica includeva il controllo della popolazione, misure anti-sovrappopolazione e nozioni per cui i gruppi minoritari erano specie invasive che costituivano una minaccia all’ambiente stesso. Questa è ideologia comune ai suprematisti bianchi, in particolare, e a quelli che commettono omicidi di massa. Per esempio, l’assassino responsabile degli omicidi di un gran numero di persone a El Paso, Texas, nel 2019 citò la degradazione ambientale come una delle sue ragioni. “Se riusciamo a sbarazzarci di abbastanza gente, allora il nostro stile di vita diventerà più sostenibile”, scrisse nel suo manifesto.

Nel contesto odierno, comunque, persone comuni stanno argomentando che il Covid-19 sarebbe il vaccino della Terra contro gli esseri umani mentre il virus sta gettando il mondo nello scompiglio e sta uccidendo migliaia di persone, molte delle quali appartengono alla classe lavoratrice, non hanno accesso alla sanità e sono costrette a continuare a lavorare perché sono considerate forza lavoro essenziale. Per come le cose stanno ora, l’ecofascismo – visto attraverso tali conversazioni sui social media – sta asserendo che la gente povera, la gente disabile e la gente anziana dovrebbero sacrificarsi per far vivere il resto di noi. Ciò non è solo moralmente riprovevole ma è l’incomprensione del problema più vasto: il coronavirus non è un “detox” per la Terra, è una perturbazione dei sistemi che potenziano il capitalismo.

Persino chi cerca di sfidare il capitalismo è forzato a vivere al suo interno, giacché dobbiamo sopravvivere in un’economia capitalista concentrata sul beneficio immediato anziché sulle conseguenze future. Perciò le persone salgono in autobus per andare ai loro impieghi salariati, montano in auto per andare in fabbrica e condividono veicoli per far quadrare i conti. Queste persone non hanno molte alternative economiche, perché hanno bocche da sfamare e bollette da pagare. La loro adesione per sopravvivenza al capitalismo non li rende egoisti o sacrificabili. In effetti, se voi siete preoccupati per il cambiamento climatico, queste sono le esatte persone per cui dovreste preoccuparvi.

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(due poesie di Alejandra Pizarnik (1936-1972) dalla raccolta “Árbol de Diana”, trad. Maria G. Di Rienzo. Alejandra faceva parte di una famiglia ebrea ucraina in fuga dal nazismo e nacque in Argentina. A partire dall’adolescenza cominciò ad averi problemi con la propria immagine – si sentiva orribilmente “brutta” – e divenne assuefatta alle amfetamine nel tentativo di rendere il proprio corpo rispondente ai canoni di “bellezza” femminile. E’ morta suicida. Nonostante ciò, i suoi lavori riflettono costantemente lo spirito sfrontato e indomabile che aveva mostrato sin da bambina. Durante la dittatura in Argentina la lettura delle sue poesie era proibita. Un documentario sulla vita di Alejandra, del 2013, è visibile in lingua spagnola e sottotitoli in inglese qui: https://vimeo.com/62036418 )

ed mell - dust rose

(23, senza titolo)

Uno sguardo dal tombino

può diventare una visione del mondo

La ribellione consiste nell’osservare una rosa

sino a che i tuoi occhi si riducono in polvere

(Orologio)

Signora piccolissima

inquilina nel cuore di un uccello

esce all’alba per pronunciare una sola sillaba

NO

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Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche entrarono ad Auschwitz. Trovarono alcune migliaia di sopravvissuti in condizioni allucinanti, centinaia di migliaia di abiti ammucchiati e diverse tonnellate di capelli umani.

In poco più di quattro anni e mezzo dalla sua entrata in funzione, Auschwitz uccise un milione e centomila persone: circa un milione erano ebrei, 75.000 erano civili polacchi, 15.000 prigionieri di guerra russi, 25.000 rom e sinti e poi un numero imprecisato di omosessuali e prigionieri politici e “devianti” di ogni tipo. Morirono nelle camere a gas, di fame, di lavoro coatto e di esperimenti medici.

In occasione dell’anniversario, l’organizzazione ebraica Centropa ha intervistato quest’anno 1.200 anziani nell’Europa centrale e dell’est: le tre brevi storie che seguono provengono da questo lavoro, riportato da BBC News.

anuta

Estera Sava: “Questa è mia sorella, Anuta Martinet” – Romania.

“Il sogno di mia sorella era sempre stato diventare una dottoressa. Dopo essersi diplomata alle superiori con il massimo dei voti si trasferì a Iasi, per passare l’esame di ammissione alla Scuola di Medicina. Ma a Iasi erano già presenti i movimenti antisemitici. Le dissero “Tu jidanii (giudea) vattene a casa. Non abbiamo bisogno di medici ebrei!”

Allora decise di studiare all’estero e andò a Padova, in Italia. Nel giugno 1939 diede gli esami e di nuovo li passò con il massimo dei voti! Però disse a nostro padre: “Non intendo tornare. Non c’è una buona qualità di vita là (in Romania). Andrò in Francia.” Avevamo un parente in Francia, perciò lei andò a Montpellier, dove studiò, sposò un uomo cattolico ed era prossima a laurearsi.

Fu tutto inutile. I tedeschi la presero e ci è stato detto che cercò di aiutare altri in vari campi di concentramento, persino ad Auschwitz. Poi la uccisero.”

Bala e Giga

Julian Gringras: “Questa è una fotografia della mia sorella minore Bala e di mia nipote Giga. E’ stata scattata nel 1938 a Kielce” – Polonia.

“Bala aveva quasi 18 anni all’epoca. Le volevo molto bene, era una ragazza assai vivace e intelligente, attiva, molto carina secondo me. Aveva begli occhi e le fossette.

Le ragazze lavoravano nello studio fotografico; avevano passato del tempo a imparare come correggere le fotografie. Entrambe furono mandate al campo di Birkenau (parte del complesso di Auschwitz). Furono liquidate dai tedeschi molto velocemente.”

Rozsi

Erno Schwarz: “Questa è la mia figlioletta, Rozsi Schwarz, a Pesterzsebet nel 1939” – Ungheria.

“Ho incontrato mia moglie quando lavoravo alla fabbrica Rebenwurzl. Il matrimonio si tenne nella sinagoga Kazinczy. Fu affollato, entrambi i piani erano pieni di spettatori e molti restarono all’ingresso perché non riuscirono ad entrare.

Mia moglie fu portata via con i nostri due bambini. Era l’ultimo trasporto, nessuno è tornato da esso.

Non sono in grado di ricordare esattamente quando ho saputo che la mia famiglia era stata mandata ad Auschwitz. All’epoca ero ai lavori forzati.”

Maria G. Di Rienzo

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sardine - la presse

“A chi gli fa notare più di qualche sedia vuota nel palazzetto, Salvini replica: “Non c’è il pienone? Ci sono 10 pullman bloccati da ‘sti delinquenti. Fuori ci sono teppisti che pensano che a Bologna possano manifestare solo quelli che paiono a loro. Spero non ci siano contusi fra le forze dell’ordine.” Ma non risultano pullman in attesa.”

“Il leader della Lega, commentando la sentenza di condanna per i carabinieri ritenuti responsabili della morte di Stefano Cucchi, ha detto che rispetta la famiglia ma il caso “dimostra che la droga fa male”. “Che c’entra la droga? Salvini perde sempre l’occasione per stare zitto. – ribatte Ilaria Cucchi – Anch’io da madre sono contro la droga, ma Stefano non è morto di droga. Contro questo pregiudizio e contro questi personaggi ci siamo dovuti battere per anni. Tanti di questi personaggi sono stati chiamati a rispondere in un’aula di giustizia, e non escludo che il prossimo possa essere proprio Salvini.”

“Non è un caso che a volte ricompaiano emblemi e azioni tipiche del nazismo. – ha detto Papa Bergoglio durante il suo incontro con i penalisti – Io vi confesso che quando sento qualche discorso di qualche responsabile del governo mi vengono in mente i discorsi di Hitler nel ’34 e nel ’36. Sono azioni tipiche” del nazismo che, “con le sue persecuzioni contro gli ebrei, gli zingari, le persone di orientamento omosessuale, rappresenta il modello negativo per eccellenza di cultura dello scarto e dell’odio.”

sardine - bologna 2019

Per la manifestazione “delle sardine” si parla di 13.000 partecipanti e c’è chi arriva a 15.000. L’importante non è il numero preciso, ma l’aver aperto così tante scatolette in cui troppe sardine restavano rinchiuse fra disperazione e rabbia. Grazie, fieri e resistenti pesci piccoli, da una di voi.

Maria G. Di Rienzo

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8 novembre 2019: “Si sono visti nel pomeriggio, a Milano, Liliana Segre e Matteo Salvini. A casa della senatrice a vita. E non erano presenti altri esponenti politici né delle istituzioni. Il leader leghista si è presentato con la figlia.” (perché usare i bambini è roba da Bibbiano, mica da padri leghisti, ultracattolici, sovranisti, ballisti e pregiudicati… che peraltro non esistono, perché – parole di Salvini – “In Italia non esistono fascisti.”) (1)

Ricapitoliamo:

1. Liliana Segre propone l’istituzione di una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, il Senato la approva con 151 voti favorevoli e le 98 astensioni di Lega Nord, Fratelli d’Italia e Forza Italia. “Se ci si fosse limitati all’antisemitismo non avrei avuto problemi – sempre Salvini – Le commissioni etiche le lascio all’Unione Sovietica.”

2. Il 7 novembre scorso, valutando la gravità delle minacce rivolte a Liliana Segre tramite internet, il prefetto di Milano Renato Saccone le assegna una scorta. Salvini, sempre al centro dell’universo: “Anche io ricevo tante minacce.” Quelle che seguono sono illuminate opinioni dell’Italia che assai presumibilmente vota Salvini e gli altri astenuti e non le ho corrette perché possiate assaporarne tutta l’intelligenza:

Questa ebrea di m. si chiama Liliana Segre, chiedetevi che cazzo a fatto per diventare senatrice a vita stipendiata da noi ed è pro invasione?”

“Forse era meglio se rimaneva a fare la nonna Un’altra da mantenere!!!”

“Ebrea ti odio”

“X le sue cazzate ora paghiamo noi, come al solito, xché non se la paga lei la scorta? O se ne sta a casa a fare la calza, come tutte le ottantenni”

“Hitler non ai fatto bene il tuo mestiere”

“Più che altro se questa signora di 89 anni se ne stesse tranquilla con la sua famiglia non graverebbe su di noi per la scorta oltre che per lo spropositato stipendio pensionistico. Non ha già fatto abbastanza?”

“Scusate eh, ma per il web non c’è la polizia postale?”

“io non ho mai letto nulla di offensivo e di odio nei confronti della senatrice a vita,eppure di tempo sui social né passo!Se dovessi azzardare un’ipotesi direi che è la sinistra che ha organizzato tutta questa messa in scena,ha bisogno di odio per legittimare le solite nefandezze sugli avversari.”

“Si è fatta usare dal PD….se si teneva fuori non aveva bisogno della scorta, come la stragrande maggioranza degli ebrei in Italia! CHI E’ CAUSA DEL SUO MAL PIANGA SE STESSO/A”

“200 insulti e minacce AL GIORNO ? Io ho i miei dubbi. Mi sembrano di gran lunga trroppi, soprattutto tenendo presente che fino a questa storia della commissione la Segre non se la filava nessuno manco per caso.”

“mi chiedo perché non sia crepata con tutti gli altri”

Se lo chiedono tutti i sopravvissuti, infatti, e Liliana Segre è una dei venticinque ex bambini italiani deportati nei campi di concentramento che sopravvissero. Venticinque. In complesso, provenienti dall’intera Europa, ne sono morti un milione e mezzo. Non c’è un perché. C’è solo il “come” delle leggi razziali fasciste del 1938, dei rastrellamenti e delle deportazioni, il “come” del lavoro forzato, degli esperimenti eugenetici e delle camere a gas. Il “come” dell’odio, che è quanto la Commissione parlamentare voluta da Segre si propone di contrastare.

Łódź - campo concentramento bimbi

(Bambini del ghetto di Łódź avviati al campo di sterminio di Chełmno)

Ma naturalmente dobbiamo anche domandarci “che cazzo a fatto” questa donna, a paragone dell’idolo delle masse Matteo Salvini a cui, fedele al suo essere umana e coerente con le convinzioni che professa, ieri ha aperto la porta.

Liliana Segre ha ricevuto il numero di matricola 75190, tatuato sull’avambraccio, ad Auschwitz, all’età di 13 anni. Il resto dei deportati della sua famiglia è morto. E’ stata costretta a fabbricare munizioni per un anno. Nel gennaio 1945, dopo l’evacuazione del campo, ha affrontato la “marcia della morte” diretta in Germania ed è sopravvissuta. Il 1° maggio 1945 l’Armata Rossa ha raggiunto il campo di Malchow – Ravensbrück dove la ragazzina si trovava e liberato i detenuti.

La sua vita da adulta è stata per la maggior parte un intenso impegno pubblico affinché la memoria di ciò non andasse perduta e la sua storia non dovesse mai più ripetersi e, almeno a livello istituzionale, per ciò ha ricevuto riconoscimento:

2004 – riceve per iniziativa del Presidente della Repubblica (allora Carlo Azeglio Ciampi) l’Ordine al merito della Repubblica italiana;

2005 – riceve la Medaglia d’oro della riconoscenza della Provincia di Milano;

2008 – riceve la Laurea Honoris Causa in Giurisprudenza dall’Università di Trieste;

2010 – riceve la Laurea Honoris Causa in Scienze Pedagogiche dall’Università di Verona;

2018 – è nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella;

poi ci sono una valanga di premi, due cittadinanze onorarie (Palermo e Varese) e così via.

Adesso chiediamoci però “che cazzo a fatto” l’uomo che vuole pieni poteri e ci informa ogni giorno sulle sue abitudini alimentari. Pesco a caso:

1999 – coordina il coro “Prefetto italiano, via da Milano!” nell’aula del consiglio comunale; si rifiuta di stringere la mano al Presidente della Repubblica (che a suo dire non lo rappresenta); è condannato per oltraggio a pubblico ufficiale a 30 giorni di reclusione (con la condizionale): aveva lanciato uova all’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema;

2009 – propone di riservare vagoni della metropolitana ai milanesi e “alle donne che non possono sentirsi sicure per l’invadenza e la maleducazione di molti extracomunitari”;

2013 – va a Bruxelles a manifestare contro l’Unione Europea e le sue “regole assassine”;

2014 – propone un referendum in Lombardia per chiederne l’indipendenza dalla Repubblica Italiana;

2016 – denunciato per vilipendio delle istituzioni costituzionali (la bambola gonfiabile paragonata a Laura Boldrini, allora Presidente della Camera dei Deputati) e vilipendio della magistratura (da lui definita “una schifezza”): quest’ultimo procedimento continua a slittare per i “legittimi impedimenti” del sig. Salvini; inoltre, dichiara pubblicamente la necessità di “ripulire le città dagli immigrati” dando a tale scopo “mano libera a Carabinieri e Polizia”;

2018 – indagato per sequestro di persona (caso nave Diciotti) e dopo sei mesi di tira e molla salvato dal Senato che nega l’autorizzazione a procedere nel 2019;

2019 – condannato per violazione di copyright dal Tribunale di Francoforte per aver utilizzato senza permesso la foto di un giornalista tedesco; denunciato per diffamazione da Carola Rackete; indagato per uso illegittimo dei voli di Stato; Russiagate

Liliana Segre è in Senato da un anno e qualcosa e gli individui che ho citato sopra sono assai preoccupati dal “costo” della sua presenza: però continuare a mantenere Salvini (da vent’anni almeno) sta loro benissimo – i suoi contributi a una società incivile sono, com’è visibile, davvero impareggiabili.

Maria G. Di Rienzo

(1) Doveroso update sulla vicenda, in poche ore abbiamo avuto:

Marcia indietro – Caso Segre, Salvini a sorpresa non conferma l’incontro con la senatrice: “La vedrò più avanti”

Vittimismo e sotteso paragone insultante – “A me è appena arrivato un altro proiettile ma io non piango”

Mistificazione grottesca di un episodio banale (un uomo per strada grida in dialetto a Salvini “Sei la vergogna d’Italia”) – “Napoli: sventata aggressione a Salvini dalla sua scorta”

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brain

Logica elementare: il predicato è l’attestazione di un giudizio – vero o falso – su un soggetto. Tertium non datur. Per esempio, io vivo in Italia (e ultimamente me dispiaccio troppo spesso, purtroppo) e ciò è vero. Il fatto non può essere contestato, negato, sottoposto a opinione o rubricato come tale, reso parziale da convinzioni altrui sull’esistenza mia e dell’Italia.

Sessismo, omofobia e razzismo sono espressioni di paura e odio i cui dettagli come definizioni si possono trovare su qualsiasi dizionario della lingua italiana. Le definizioni in questione non sono parimenti opinabili: quel che un individuo qualsiasi può pensare al proposito non le rende fluide e incerte o sospese per aria in attesa di chiarimento.

Considerare ogni dato fattuale una mera opinione, d’altronde, è attualmente la forma più comune di giustificazione della violenza relativa a sessismo, omofobia e razzismo.

1. Torino, “Aggredita perché lesbica”. La denuncia di una quindicenne presa a pugni all’uscita dalla stazione”.

La vicenda è accaduta il 31 ottobre u.s. La ragazzina stava andando a scuola. Il farabutto adulto (25/30 anni) che le ha tirato, a freddo, un pugno in faccia e calci sul costato le ha nel contempo fornito questa opinione come spiegazione della propria condotta: una femmina non deve andare in giro conciata come un uomo. Nessuno dei presenti, probabilmente tutti molto rispettosi delle opinioni altrui, è intervenuto.

La madre della quindicenne ha dichiarato alla stampa che la figlia è bersaglio di ingiurie sin da piccola, perché giudicata “troppo mascolina”: “Già alle medie era stata bullizzata dai ragazzini, se non sei la classica ragazza carina e fashion i maschietti di oggi te lo fanno notare e sono feroci. (…) Mia figlia ci ha messo degli anni per accettare questa sua scelta, ora che è stata aggredita si sente umiliata e impaurita. (…) Ai genitori che vivono la mia stessa situazione consiglio di stare vicino ai propri figli, di ascoltarli e di avere il coraggio di affidarsi a chi ha gli strumenti giusti e può dare il supporto psicologico adeguato.”

Tutto sensato da parte della madre e, per me che ho lavorato sovente nell’ambito identità / discriminazione con le persone lgbt, tutto il resto molto noto. Ci sono solo alcuni aspetti da delucidare: a) l’essere maschi o femmine è un dato biologico, non un set di abiti e accessori – indossare pantaloni o minigonna, truccarsi o no, avere al braccio una borsetta con lustrini o uno zaino in spalla non determina il sesso di nessuno; b) i tratti di comportamento sociale attribuiti e prescritti ai due sessi della specie umana sono in larga parte arbitrari, soggetti a variazioni – che ne danno di volta in volta descrizioni anche diametralmente opposte – influenzate da epoche storiche, ambiti culturali, religioni ecc. Questa è la differenza fra “sesso” e “genere”; c) l’omosessualità non è una scelta: non ci si sveglia una mattina pensando “Ma sì, scelgo di essere lesbica (o gay).” Ci si accorge pian piano, ma di solito molto presto, di provare determinati sentimenti e stante l’ostracismo sociale che gli stessi incontrano sì, si lotta per anni con se stesse/i e con la sofferenza derivata dal rifiuto e dal disprezzo altrui.

Con buona probabilità, il tizio che ha assalito la quindicenne e ha usato “lesbica” come insulto considera l’omosessualità una scelta, ritenendosi legittimato a sanzionarla in quanto maschio eterosessuale, ma ciò per cui ha menato pugni e calci è l’altra unica e vera scelta che una persona omosessuale può fare: dirlo ed essere se stessa o tacerlo e fingere. La ragazza è stata “punita” per essersi sottratta ai diktat del genere – quelli che la vogliono in tacchi e pizzi e scollature e strizzatine d’occhio per la soddisfazione dello sguardo maschile giudicante.

2. “Liliana Segre nonnetta mai eletta”: si dimette il coordinatore della Lega di Lecce dopo gli insulti alla senatrice.

Dell’astensione di Lega e centrodestra tutto sulla Commissione Segre e dello strascico di polemiche conseguente siete di certo già edotti. Il coordinatore in questione è l’avvocato Riccardo Rodelli. L’altro giorno non aveva niente di meglio con cui occupare il proprio tempo e ha mandato in giro un comunicato stampa che fa dubitare sia presente a se stesso (il testo è uno sproloquio zeppo di complottismo e vittimismo, scollegato dalla realtà) e suscita forti perplessità su come abbia ottenuto la laurea (usa la lingua italiana in modo scorretto nonché assai spericolato nel tentativo di apparire profondo e filosofico).

Estratto esplicativo, dove soggetti e verbi non concordano ma si svela il tristo sotterraneo maneggio contro il perseguitato politico Salvini (qualche anno fa il perseguitato si chiamava Berlusconi), candidato all’esilio coatto se si costituisce una commissione parlamentare:

“Le rivoluzioni si inaugurano con le nuove parole, le dittature con l’abrogazione, la proibizione, la mutazione delle parole. Ovvio che corra ai rimedi, ovviamente ammantati dei più santi e venerabili principi provvisori che contraddistinguono la loro etica imputridita di doppiopesismo e doppia e magari tripla morale. Usando come avanguardia e maschera un personaggio che non possa essere “attaccato”: una vecchietta ben educata, reduce dai campi di concentramento, mai eletta. La Mrs. Doubtfire di palazzo Madama. Ed ecco servito il ricatto, l’estorsione perfetta.

L’avvertimento minaccioso e sinistro col quale ti tapperanno la bocca: perché non puoi dire più niente, devi chinare la testa, tacere, accettare di bere sino in fondo il calice dell’amarezza. E allora che significa “Commissione sull’Antirazzismo e l’odio”? La verità è nelle ultime inquietanti parole che la nonnetta, a nome del PD che l’ha redatta, dove per odio, razzismo e intolleranza si intende “ogni forma” di “nazionalismo”, “etnocentrismo” e similia. In pratica: il “prima gli italiani” e solo quello. E’ Salvini e i salviniani l’unico scopo. Come è Salvini il solo scopo di questo governo. Il suo internamento in un solitario campo di concentramento, dove attenti agli altri, molti potrebbero andare a fargli compagnia per un commento su fb.”

Poi c’è la solita manfrina, che vi risparmio, sulla “dittatura del politicamente corretto”. Anche il sig. Rodelli appare convinto che le apologie di reato (e poi magari i reati veri e propri, perché le parole alimentano le azioni) siano opinioni, ma non “mere” opinioni: costituirebbero addirittura il bastione contro il totalitarismo. Peccato che, cito a caso, “sporca ebrea” o “gli ebrei stanno bene nei forni”, così come “troia lesbica” e “negro di merda”, siano proprio le espressioni che preparano e sostengono le dittature. Il totalitarismo ha bisogno di nemici, interni ed esterni, per creare una coesione sociale basata sulla paura e attribuire ad essi la responsabilità di ogni problema nazionale e di ogni proprio fallimento. Le minoranze, in questo senso, si prestano perfettamente allo scopo. E qui arriviamo al

3. Il capo ultrà del Verona: “Balotelli mai del tutto italiano, ha fatto una pagliacciata”

“Balotelli è italiano perché ha la cittadinanza italiana ma non potrà mai essere del tutto italiano. Ci sono problemi a dire la parola negro? Mi viene a prendere la Commissione Segre perché chiamo uno negro? Mi vengono a suonare il campanello?”, dice il “capo” menzionato nel titolo, tale Luca Castellini di Forza Nuova, che già in passato aveva spiegato come “l’inneggiare a Hitler” sia semplice “goliardia”.

Anche qui sapete già dei cori della tifoseria avversaria contro il giocatore, della reazione dello stesso che calcia il pallone in curva e delle ciance leghiste / di destra: di nuovo vittimismo e rovesciamento della realtà (“vergognosa gogna mediatica contro Verona e i suoi tifosi” – Lorenzo Fontana, ex ministro leghista), entrambi enunciati con disdegno per la lingua italiana (“Non può esistere che da un presupposto che non esiste, perché allo stadio non ci sono stati cori razzisti, venga messa alla gogna una tifoseria e una città.” – Federico Sboarina, sindaco di Verona) e conditi dal consueto benaltrismo: “Vale più un operaio dell’Ilva che dieci Balotelli. Il razzismo va condannato ma non abbiamo bisogno di fenomeni.” – Matteo Salvini, futuro martire della libertà di parola che sulla commissione parlamentare già citata si è chiesto meditabondo “chi” possa giudicare “cosa è razzista e cosa no”, cos’è odio e cos’è opinione.

Se per ventura mi leggesse, il primo paragrafo di questo pezzo dovrebbe essere sufficiente a dissipare i suoi dubbi ed eventualmente quelli dei suoi sodali. Informo tutti costoro che il dizionario Treccani è online.

C’è anche un mezzo diretto – e davvero efficace – per accertarsi delle differenze: chiedere alla ragazza di Torino se il pestaggio che ha subito derivi da odio (omofobia, sessismo) o da una stimata e tutelabile opinione; chiedere a Liliana Segre se quando le hanno tatuato il numero sul braccio in campo di concentramento ha pensato “Be’, questa è l’opinione dei nazisti, devo rispettarla o finiremo sotto la dittatura del politicamente corretto!”; chiedere a Balotelli perché si incazza quando si vede a occhio nudo che è uno sporco negro, diamine, e prendersi una pallonata negli zebedei – infine, chiedere a quella cima di Luca Castellini se può dettagliare i centimetri, i grammi, il numero dei capelli, o quant’altro difetti al giocatore per essere “tutto italiano”. Sappiamo già che a lui non manca nulla per essere un razzista.

Maria G. Di Rienzo

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compagni di merende

Questa l’invocazione del “fratello d’Italia” Cannata, vicepresidente del consiglio comunale di Vercelli fresco di elezione.

Rilevo dai quotidiani che il suo problema è costante: ha una pagina Facebook piena di definizioni per lesbiche e gay, che vanno dalla “feccia” alle “merde” agli “schifosi comunisti”. Il sig. Giuseppe Cannata è medico chirurgo e odontoiatra, si dice anche negli articoli: dev’essere un altro che il giuramento di Ippocrate l’ha usato per incartare i branzini dal pescivendolo. Purtroppo la stampa non specifica se entrando nel suo ambulatorio sbattere i tacchi urlando sieg heil fosse obbligatorio o facoltativo e se appendere un fez in sala d’aspetto comportasse uno sconto sulla parcella.

Ad ogni modo, di fronte alle reazioni non proprio entusiaste di molti, compresi il gruppo Arcigay locale, l’Ordine provinciale dei medici e membri autorevoli del suo partito (non meno beceri di lui, ma sicuramente più furbi) cucina la consueta ridicola minestrina auto-assolutoria:

“Non sono omofobo e non intendevo assolutamente offendere nessuno.”

Infatti, pubblicare articoli sulle manifestazioni del Pride con il commento “quante merde in giro” e “questi schifosi comunisti” indica un sereno e ponderato giudizio, una predisposizione innata al dialogo e un incrollabile rispetto per gli altri.

“Ho tanti amici omosessuali che stimo e a cui voglio bene.”

E che non se la prendono assolutamente quando infango con il mio livore sguaiato e insensato l’intera categoria. Anzi, si sentono una meraviglia, queste merde comuniste. Gli voglio bene, perdinci.

“Ero indignato per le vicende di Bibbiano.”

Perciò me la prendo con chi rispetto a tali vicende non c’entra nulla. Bibbiano è una manna, ragazzi, il sindaco indagato per abuso d’ufficio è PD, il che consente di allargare la responsabilità a tutta la sinistra passata, presente e futura, e soprattutto a questi schifosi che continuano ad essere schifosi. Guardate i sondaggi su Salvini: più urli e diffondi intolleranza più voti prendi.

“So di avere utilizzato parole improprie e mi dispiace. Spero che queste mie scuse possano essere accettate da chi si è sentito offeso e mi auguro che non si strumentalizzi questo inciampo”.

L’accostamento infame omosessualità/pedofilia e l’ancora più infame invito a uccidere sono quindi, secondo costui, semplicemente due innocenti imprecisioni per cui qualcuno potrebbe sentirsi offeso, ma non essere offeso davvero, andiamo. Ah, e non permettetevi di “strumentalizzare” un minuscolo errore di cui il “medico che ha sempre aiutato tutti” non dovrebbe neppure rispondere: è inciampato, tutto qui.

La nuova amministrazione comunale di Vercelli, in effetti, inciampa di continuo. Non fa politica nella sua opportuna sede istituzionale, ma sui social media: sono passati solo tre giorni dall’esternazione dell’altro “fratello d’Italia”, l’assessore Emanuele Pozzolo che ha messo alla berlina un invalido civile al 100% (“occupante abusivo di casa”, “reddito di cittadinanza in saccoccia”) da lui ritenuto uno dei “parassiti” che in Italia “vivono alle spalle degli altri”.

Se pure questi amministratori della cosa pubblica pensano – e io ne dubito – che le loro esternazioni siano innocue, si sbagliano completamente. Solo per portar loro un esempio recentissimo, la propaganda antigay in Polonia diffusa dal partito di maggioranza PiS – Prawo i Sprawiedlywosc (amici sovranisti della Lega) e sostenuta dalla chiesa cattolica locale ha infettato:

giornali – il quotidiano filogovernativo Gazeta Polska offrirà in omaggio con ogni copia un adesivo con la bandiera arcobaleno e la sigla Lgbt cancellate da una X;

assemblee comunali e regionali – in circa trenta si sono dichiarate “Lgbt-free”, e cioè “liberi” dalle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (questo cane è libero da pulci, questa città è libera da ebrei, ecc.)

rappresentanti governativi – un prefetto si è spinto a premiare le autorità locali di cui sopra per la loro iniziativa discriminatoria.

I risultati non si sono fatti attendere. I cosiddetti “ultrà di destra” hanno raccolto il messaggio alla perfezione. Le 800 persone (numero stimato) che hanno partecipato alla manifestazione del Gay Pride a Bialystok, il 21 luglio u.s., sono state bersagliate da sacchetti di plastica contenenti urina e sterco, attaccate con bastoni, pugni di ferro, catene, rincorsi e picchiati brutalmente in ogni strada (cercavano di rifugiarsi nei negozi per salvarsi dai pestaggi). La polizia ha reagito solo quando è stata assalita anch’essa.

Il partito di governo in Polonia, quindi un’aggregazione con ampio e facile accesso a tutti i media, compresi ovviamente quelli statali, ripete da mesi che gli individui compresi nella sigla Lgbt “Sono una minaccia per la nazione e per la famiglia“: di conseguenza, i farabutti che hanno aggredito un corteo pacifico i cui slogan erano del tipo “L’amore non è un reato” lo hanno potuto fare sentendosi spalleggiati e persino eroici – stavano difendendo la nazione da persone inermi che chiedono solo di essere trattate in modo umano, poiché umane sono.

Signori “Fratelli d’Italia”, è questo che volete? Urlare verso un gruppo di individui, cittadini del vostro stesso paese, titolari come voi di inalienabili diritti umani, “Ammazziamoli tutti” è persino peggio del dichiararli “minaccia per la nazione”.

L’Italia non ha bisogno della fratellanza dei violenti. Per bocca mia, oggi la ripudia come ripudia la guerra e si dichiara figlia unica. La sua casa è civile, aperta a tutti/e e vi si praticano rispetto e cura – le regole per vivere in essa, che questo dicono, stanno scritte nella Costituzione.

Maria G. Di Rienzo

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“(…) Nella storia dei popoli le migrazioni forzate di individui o di interi gruppi, per ragioni politiche od economiche, assumono quasi l’aspetto di un avvenimento quotidiano.

Quel che è senza precedenti non è la perdita di una patria, bensì l’impossibilità di trovarne una nuova.

D’improvviso non c’è più stato nessun luogo sulla terra dove gli emigranti potessero andare senza le restrizioni più severe, nessun paese dove potessero essere assimilati, nessun territorio dove potessero fondare una propria comunità.

Ciò non aveva nulla a che fare con problemi materiali di sovrapopolamento; non era un problema di spazio, ma di organizzazione politica. Nessuno si era accorto che l’umanità, per tanto tempo considerata una famiglia di nazioni, aveva ormai raggiunto lo stadio in cui chiunque veniva escluso da una di queste comunità chiuse, rigidamente organizzate, si trovava altresì escluso dall’intera famiglia delle nazioni, dall’umanità. (…)

I nuovi esuli erano perseguitati non per quel che avevano fatto o pensato, ma per quel che erano immutabilmente, perché nati nella razza o nella classe sbagliata (…) Col crescere del numero delle persone prive di diritti si tendeva a prestare meno attenzione ai misfatti dei governi persecutori che allo status dei perseguitati. Questi, pur dovendo la loro sorte a una causa politica, non erano più, come in ogni altro periodo della storia una passività e una vergogna per i persecutori (…) ma erano e apparivano nient’altro che esseri umani la cui innocenza, specialmente dal punto di vista del governo persecutore, era la loro massima disgrazia. L’innocenza, nel senso di assoluta mancanza di responsabilità, era il contrassegno della perdita di ogni diritto, oltre che dello status politico. (…)

Uno degli aspetti più sorprendenti dell’esperienza moderna è che è manifestamente più facile privare della capacità giuridica una persona completamente innocente che l’autore di un reato. (…)

La disgrazia degli individui senza status giuridico non consiste nell’essere privati della vita, della libertà, del perseguimento della felicità, dell’eguaglianza di fronte alla legge e della libertà di opinione (…) ma nel non appartenere più ad alcuna comunità di sorta (…)

Anche i nazisti, nella loro opera di sterminio, hanno per prima cosa privato gli ebrei di ogni status giuridico, della cittadinanza di seconda classe, e li hanno isolati dal mondo dei vivi ammassandoli nei ghetti e nei Lager; e, prima di azionare le camere a gas, li hanno offerti al mondo constatando con soddisfazione che nessuno li voleva.

In altre parole, è stata creata una condizione di completa assenza di diritti prima di calpestare il diritto alla vita.”

Hannah Arendt, “Le origini del totalitarismo”, cap. 9: “Il tramonto dello stato nazionale e la fine dei diritti umani”.

Le sottolineature sono mie. Il testo ricorda fatti molto attuali e molto italiani: i “decreti sicurezza”, per esempio. Maria G. Di Rienzo

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Queste parole sono dedicate a coloro che sono sopravvissuti

perché la vita è natura selvaggia e loro erano selvatici

perché la vita è un risveglio e loro erano allerta

perché la vita è una fioritura e loro sono sbocciati

perché la vita è una lotta e loro hanno lottato

perché la vita è un dono e loro erano liberi di accettarla

Queste parole sono dedicate a coloro che sono sopravvissuti

irena

Brano tratto da “Bashert” (“ba-shert”, in yiddish “inevitabile” o “pre-destinato”), di Irena Klepfisz. Irena (in immagine qui sopra) è un’Autrice lesbica ebrea e un’attivista. E’ nata il 17 aprile 1941 nel Ghetto di Varsavia, da cui suo padre la fece uscire clandestinamente assieme alla madre all’inizio del 1943: Irena finì in un orfanotrofio cattolico, mentre la madre, grazie a documenti contraffatti, lavorava come domestica per una famiglia polacca. Il padre di Irena morì quello stesso anno durante la Rivolta del Ghetto di Varsavia. Madre e figlia si riunirono subito dopo e si nascosero in campagna, aiutate da contadini locali; a guerra finita si trasferirono prima in Svezia nel 1946 e poi negli Stati Uniti nel 1949.

chris e melania

Queste due giovani donne sono una coppia, Chris e Melania, e vivono a Londra. Il 30 maggio scorso hanno preso un autobus notturno diretto a Camden Town dove abita Chris. Melania affida al web il resoconto di quella serata: “Dobbiamo esserci scambiate un bacio o qualcosa del genere, perché questi tipi hanno cominciato a darci addosso. Ce n’erano almeno quattro. Hanno cominciato a comportarsi da hooligans, chiedendoci di baciarci così che loro potessero godersi la vista, ci chiamavano lesbiche e descrivevano posizioni sessuali. Non ricordo esattamente l’intero episodio, ma la parola “forbici” mi si è impressa in mente. C’eravamo solo noi e loro a bordo. Nel tentativo di sdrammatizzare la situazione ho cominciato a scherzare. Ho pensato che così avrebbero finito per andarsene. Chris ha anche finto di stare male, ma loro hanno continuato a molestarci, a lanciarci monetine e a diventare sempre più entusiasti della faccenda. Di colpo, Chris era nel mezzo dell’autobus a difendersi da loro. D’impulso l’ho raggiunta e l’ho vista con la faccia sanguinante mentre tre di loro la picchiavano. L’ultima cosa che ricordo è di essere stata presa a pugni. Sono rimasta stordita alla vista del mio sangue e sono caduta all’indietro. Non ricordo se ho perso i sensi o no. Improvvisamente l’autobus si è fermato, c’era la polizia e io sanguinavo dappertutto. Le nostre cose sono state rubate. Non so ancora se il mio naso è rotto e non sono stata in grado di andare al lavoro (1), ma quello che mi disturba di più è che LA VIOLENZA E’ DIVENTATA UNA COSA NORMALE, che a volte è necessario vedere una donna che sanguina dopo essere stata presa a pugni per sentire di aver fatto impressione. Io sono stanca di essere presa per un OGGETTO SESSUALE, o di scoprire che queste situazioni sono comuni, degli amici gay che sono stati picchiati senza motivo. Noi dobbiamo sopportare molestie verbali e VIOLENZA SCIOVINISTA, MISOGINA E OMOFOBICA perché quando ti difendi succedono schifezze come questa. Tra l’altro, sono grata a tutte le donne e gli uomini nella mia vita che comprendono come AVERE LE PALLE SIGNIFICHI QUALCOSA DI TOTALMENTE DIVERSO. Spero solo che in giugno, il mese del Pride, cose come queste siano raccontate ad alta voce di modo che SMETTANO DI ACCADERE.”

Quando la violenza diventa il modo usuale e normalizzato di esistere nel mondo, il passo successivo sono i Ghetti. Non possiamo restare a guardare e aspettarlo passivamente. Maria G. Di Rienzo

(1) Melania Geymonat, di origine uruguayana, ha 28 anni ed è assistente di volo. Le maiuscole del testo sono sue.

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Sottorappresentazione nella sfera politica decisionale, esclusione da opportunità economiche, svalutazione in ambito lavorativo (in casa e fuori casa), oggettivazione mediatica ossessiva e persistente, presentazione e percezione negative basate su stereotipi in relazione al ruolo sociale, limitazione della libertà di espressione e movimento giustificate con i medesimi stereotipi.

Poiché ciò costituisce il fertile terreno in cui la violenza nasce e si nutre, non stupisce che il 27% di appartenenti al gruppo di persone trattato come sopra, in Italia, dichiari di aver subito almeno un atto di violenza fisica o sessuale a partire dai 15 anni di età – e tale violenza costa allo Stato 26 miliardi l’anno (dati EIGE – Istituto europeo per l’eguaglianza di genere, 2018): inoltre, le vittime incontrano per la maggior parte un’ulteriore violenza nel responso inadeguato al meglio e ostile al peggio da parte delle istituzioni a cui presentano le loro denunce.

Se non si trattasse di donne, il quadro susciterebbe un’esplosione di orrore. I corsivisti produrrebbero analisi angosciate con paralleli storici e i politici si affretterebbero a metter mano alla questione, se non altro per placare l’opinione pubblica giustamente pervasa di indignazione. Ma trattandosi appunto di donne, i corsivisti sguazzano fra psicologia d’accatto e biasimo delle vittime, l’opinione pubblica è accecata da tonnellate di mutande e seni rifatti, e i politici stanno meramente sul pezzo (l’ultimo fatto in ordine di tempo che ha raggiunto la cronaca) urlando lo slogan di turno: “castrazione chimica” (Salvini) o “galera” (Di Maio).

E così è ovviamente andata per lo stupro perpetrato dai due giovani farabutti – 19 e 21 anni – di Casa Pound. Come si usa di questi tempi, hanno filmato l’impresa per riguardarsela con gusto sul cellulare e vantarsene condividendola con gli amici fidati. Il rischio di cementare prove a proprio carico vale la candela, per questi intelligenti individui.

Dopo aver preso a pugni e violentato una donna per ore, Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci le chiariscono come vanno le cose, in caso lei non lo sappia ancora: “Stai zitta, tanto non ti crederà nessuno.

E’ una previsione dotata di buone probabilità di avverarsi e comunque fondata sull’osservazione della realtà: perché come fa a essere credibile un soggetto quasi totalmente privo di peso istituzionale (sottorappresentazione nella sfera politica decisionale), svantaggiato a livello economico (svalutazione in ambito lavorativo), ridotto a portapene ambulante 24 ore su 24 (oggettivazione mediatica ossessiva e persistente), descritto in termini di inferiorità e mancanza da religioni – teorie pseudo psicologiche – costumi e tradizioni (presentazione e percezione negative basate su stereotipi in relazione al ruolo sociale)???

Se io adesso scrivo “La violenza contro le donne e le bambine è una delle più diffuse, durature e devastanti violazioni dei diritti umani presente al mondo” sto citando a braccio le Nazioni Unite e corsivisti, politici e opinione pubblica non fanno una gran fatica a essere d’accordo.

E’ quando si chiede loro di esaminare le ragioni per cui questa violenza esiste e di intervenire su di esse che danno di matto.

Maria G. Di Rienzo

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