Escono i risultati della seconda indagine Istat (dopo quella del 2006) sulla violenza di genere, “La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia”, e fra venerdì e sabato scorsi (5/6 giugno) i quotidiani producono identici bollettini pullulanti di percentuali e privi di qualsiasi riflessione. Ma sono costretti a dare la notizia, il numero non si può scopare sotto il tappeto: 6.788.000 – sei milioni e settecentottantottomila donne fra i 16 e i 70 anni hanno subito violenza fisica e/o sessuale da parte di uno o più uomini, il che dimostra l’esistenza in Italia di almeno 6 milioni e settecentottantottomila individui inclini ad usare il proprio corpo come un’arma. Tuttavia, costoro non li menziona nessuno.
E’ confortante, dice IL DIRETTORE del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell’Istat Linda Laura Sabbadini (forse persona F–>M) , che negli ultimi cinque anni ci sia stato un calo del 2% delle violenze in generale, anche se sono aumentate – dal 26,3% al 40,2% – quelle che causano lesioni pesanti, però così continua: “Il risultato fondamentale che emerge da questa indagine è che la violenza è un fenomeno ampio, diffuso e grave: un terzo delle donne ha subito violenza fisica o sessuale. Un quarto quella psicologica (…) Il calo di violenze fisiche, sessuali e psicologiche si registra soprattutto tra gli episodi meno gravi. Ciò vuol dire che le donne hanno una maggiore capacità di prevenirla appena si esprime, che a compierla siano ex partner, conoscenti o partner. (…) Non è intaccato lo zoccolo duro, stupri, omicidi, violenze gravi. La maggiore consapevolezza e capacità di reazione tra le giovani, se da un lato ci aiuta a prevenire, dall’altro sollecita comportamenti più violenti da parte dell’uomo.” Anche la Vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, insiste sulla “migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno della violenza”.
Giovanna Martelli, Consigliera per le Pari Opportunità (ma anche ex COORDINATORE, ISTRUTTORE, ASSESSORE… altra persona forse F—>M) spiega invece perché sia stata commissionata la ricerca: “Oggi con questi dati cerchiamo di capire i punti di forza e di debolezza dell’attuale sistema di prevenzione delle violenze. Gli strumenti per combattere i fenomeni non devono essere per forza legislativi. E’ stato varato il Piano Antiviolenza che prevede una serie di interventi ed è un atto di programmazione sistemico per uscire dall’emergenza.”
Cominciamo dal fondo? Le organizzazioni e i gruppi che lavorano quotidianamente sul territorio contro la violenza non ne sono punto soddisfatte. Per stilare “l’atto di programmazione sistemico” il governo ha ritenuto di non aver bisogno di consultarle, come sarebbe stato logico e necessario. I Centri Antiviolenza sono visti come meri fornitori di un servizio, che chiunque altro può fornire al posto loro: storia, competenze, analisi delle donne che per prime e per lunghissimo tempo hanno ascoltato e sostenuto altre donne – tutto superfluo. Che differenza fa? Be’, è diverso chiedere aiuto e trovarsi davanti un dipendente dell’Asl totalmente impreparato e imbevuto delle nozioni standard sulla violenza (raptus, provocazione, masochismo femminile) o qualcuno che ha fatto del contrasto alla violenza una delle priorità della propria esistenza, ha sperimentato e ascoltato e studiato, e sa perché e come la violenza accade. E’ più facile gettarsi dal balcone o tornare dal proprio picchiatore nel primo caso.
Poi c’è la questione delle risorse – striminzite – previste dal Piano che andranno a pioggia in ordine sparso a questo o quel soggetto senza una direzione centrale e una chiarezza di scopi. Anche qui, non occorre essere geni (basta vivere in Italia) per capire che le associazioni di donne non avranno un euro e che potrebbero nascere alcune belle onlus di amici / parenti di politici improvvisamente esperti di tutto, minori, accoglienza, ospitalità, empowerment femminile e mainstreaming di genere. (Ops, genere??? Poi i cattolici si impermaliscono, togliamolo.)
Due cose curiose, infine: a) questa ricerca dell’Istat dovrebbe essere l’ultima in materia, perché il Piano Antiviolenza sostituisce l’ente statale con una “Banca Dati” da appaltare a privati (onlus di cui sopra?); b) il Piano in questione tratta di violenza di genere ma cancella spensieratamente le declinazioni femminili dal proprio testo. Ne capiscono proprio tanto, delle radici della violenza, i cervelloni che l’hanno stilato. Proprio stamane, leggendo i giornali, mi sono imbattuta in questo titolo: “Il Ministro Lorenzin “twitta” la nascita dei suoi due gemelli.” e ho pensato “Speriamo che anche la madre stia bene” prima di ricordarmi che IL MINISTRO si chiama Beatrice…
Veniamo invece ai termini in cui l’indagine Istat è stata presentata, che sono altrettanto problematici. Sabbadini, Fedeli, Martelli, dalle vostre parole riportate sui giornali questo si evince:
1. La violenza è trattata come un “fenomeno”… atmosferico, qualcosa in cui la volontà umana sembra non entrare molto. Accade che le donne siano picchiate, stuprate, uccise, così come accadono terremoti e valanghe.
2. La violenza sulle donne riguarda solo le donne. Sta a loro esserne consapevoli, prevenirla, reagire.
3. La violenza sulle donne è responsabilità delle donne in ogni senso: essendone consapevoli, prevenendola e reagendo esse provocano ulteriore violenza, di maggiore intensità.
E allora, Sabbadini, Fedeli, Martelli, ci dite cosa diamine dobbiamo fare? Se non la preveniamo siamo stupide e ci prendiamo le legnate, se la preveniamo dalle legnate si passa al fucile. (Qui mi sono autocensurata e manca un’esclamazione parecchio volgare e furibonda.)
Sabbadini, Fedeli, Martelli, manca qualcosa anche ai vostri ragionamenti: questi sei milioni e rotti di donne chi le picchia, chi le stupra, chi le uccide? No, no, non sto parlando delle classificazioni partner, ex partner, sconosciuti. Sto parlando di uomini. Uomini provenienti da ogni classe sociale e con i retroscena più disparati, ma tutti socializzati a credere alla propria superiorità, alla propria legittimazione al possesso dei corpi delle donne, al fatto che la violenza sarebbe ingrediente supremo e più che necessario della loro virilità e prontissimi a scusarsi, giustificarsi e perdonarsi l’un l’altro e a glorificarsi l’un l’altro a pacche sulle spalle. Quando li rendiamo consapevoli e responsabili, questi? E come? Le associazioni antiviolenza e i gruppi femministi che non si è voluto ascoltare qualche suggerimento in merito lo avrebbero.
Leggendovi, Sabbadini, Fedeli e Martelli, ho avuto la percezione che tutte e tre camminaste in punta di piedi su ghiaccio sottilissimo: fra le righe sembravano vibrare cose del tipo non accusiamo gli uomini, non tutti gli uomini, non offendiamo gli uomini… Di quanto sia offensivo per le donne lo scaricare sulle loro spalle l’intero portato della questione e di quanto ciò alimenti e rafforzi il contesto in cui la violenza si crea e prolifera, non ne parliamo, non ha importanza. Noi, vostre simili, siamo abituate ad essere prese a calci in culo, uno più o uno meno non fa grande differenza.
Tanta delicatezza nei confronti degli uomini è invece davvero ammirevole. Guardate come vi è subito tornata indietro nei commenti agli articoli (non li ho corretti):
“La percentuale dichiarata mi sembra francamente esagerata, tanto da far perdere credibilità all’indagine.”
“Entrano nelle percentuali anche quelle a cui lui ha detto che non gestisce bene la casa o cucina male. Poi arriva qualche gentile donzella che sventolando queste cifre chiede stanziamenti di soldi NOSTRI…”
“Ormai dare torto a una donna su una ricetta vale come violenza. Della violenza psicologica subita quotidianamente dagli uomini nessuno ne parla, molto meglio dipingere mostri per fare audience e vendere carta straccia.”
“Spiace che in giro ci siano tanti uomini così, ma non posso esimermi dal pensare anche a quanti uomini che conosco che siano stati vittime, più in termini psicologici che fisici ma con conseguenze altrettanto funeste, di certe donne.”
Quest’ultima profondissima e accorata riflessione è stata lodata dai sodali come “raro esempio di onestà intellettuale”. Riassumendo: le cifre sono false e gonfiate; gli uomini soffrono altrettanto – se non di più – della “violenza psicologica” delle donne (i reparti psichiatrici degli ospedali traboccano di uomini devastati dalle donne, solo che non ce lo volete dire, GOMBLODDO!); le prime associazioni che vengono in mente a questi uomini leggendo 6.788.000 – sei milioni e settecentottantottomila donne vittime di violenza in Italia sono: cattive casalinghe, cucinano male, non puliscono adeguatamente e strillano violenza! ad ogni sciocchezza per succhiare il nostro danaro.
Sabbadini, Fedeli, Martelli, riuscite a vedere che questo dannato paese ha un problema culturale? Se non lo affrontiamo perché temiamo di diventare meno simpatiche agli uomini non guadagniamo comunque nulla: meno simpatiche di così è IMPOSSIBILE. Maria G. Di Rienzo
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