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Posts Tagged ‘giustizia’

breathing

Una confessione. Può sembrare una vanteria, ma non lo è – davvero la morte non mi spaventa. Sono terrorizzata, invece, da un unico scenario relativo al “come”: il soffocamento. Sarà perché in quel modo, almeno una volta, sono già “morta” (strozzata dal cordone ombelicale). Sarà perché al respiro è associato il mio elemento preferito, l’aria (sono una Gemelli). Sarà perché simbolicamente per me il respiro è musica e senso di appartenenza e misura di sollievo e significato. “Nessuno tesse lodi al respiro, ma oh!, esserne privi!”, fa dire lo scrittore di sf Roger Zelazny a Yama, uno dei personaggi di Signore della Luce (1967).

L’assassinio di George Floyd ha quindi per me i connotati dell’incubo a più di un livello. C’è l’orrore dell’atto in sé, quel ginocchio premuto sul collo, quelle parole – Non riesco a respirare – cadute nel vuoto della morte. C’è la tragica, tagliente consapevolezza che per un passo avanti sulla strada della civiltà, molti esseri umani sono più che volonterosi nel farne due indietro.

C’è la paura di essere definitivamente in ritardo: posso accettare di non vedere di persona la sconfitta definitiva delle fobie su cui si regge il dominio (razzismo, sessismo, omofobia, svergognamenti dei “non allineati” di qualsiasi tipo), ma mi angoscia l’idea che non la sperimentino mai le generazioni più giovani.

Derek Chauvin, l’ex poliziotto di Minneapolis che si vede nel video schiacciare il collo di Floyd con il ginocchio, è stato arrestato con l’accusa di omicidio colposo.

Un’ora fa, un ragazzo di 19 anni è stato ucciso (i dettagli non sono ancora chiari) a Detroit da proiettili sparati da un Suv sui dimostranti. Stava chiedendo giustizia per George Floyd, per se stesso e per noi tutti/e.

Quando impareremo a respirare insieme?

Maria G. Di Rienzo

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Secondo le Nazioni Unite, le vittime di violenza “dovrebbero essere trattate con dignità e rispetto in tutte le interazioni con la polizia o autorità investigative, avvocati professionisti, personale della magistratura e altri coinvolti nel processo giudiziario: le procedure e le comunicazioni dovrebbero essere “sensibili alla vittima” e coloro che interagiscono con le vittime dovrebbero cercare di agire con empatia e comprensione per le situazioni individuali di queste ultime. Un trattamento rispettoso è particolarmente importante per vittime vulnerabili quali: bambini/e, vittime di violenza sessuale e di genere, vittime di violenza domestica; gli anziani e le persone disabili. E’ ugualmente importante che le vittime indirette, inclusi i familiari, siano trattate con rispetto.”

Mi rendo conto che in un Paese, il nostro, dove una donna su tre dai 16 ai 70 anni ha subito violenza, dove il femminicidio conta 2/3 vittime a settimana, dove si stima in 7 milioni il numero “sommerso” delle donne vittime di maltrattamenti e abusi sessuali, dove i costi sociali della violenza di genere ammontano a 26 miliardi di euro l’anno (ecc.), parlare di rispetto suona stranissimo, alieno – più che una parola esprimente un concetto, sembra un vago e lontanissimo rumore. Però, il brano riportato sopra fa parte della tonnellata di documenti che i governi italiani continuano spensieratamente a firmare quali membri delle Nazioni Unite: poi, dopo i selfies che dovrebbero mostrare quanto i rappresentanti firmatari sono diligenti e sensibili, li chiudono in un cassetto (non voglio speculare su altri usi più volgari che pure saltano in mente).

Il 15 novembre u.s. appare sui giornali in tagli medio-bassi, spesso in articoli che si ripetono parola per parola, la notizia della condanna dei due militanti (ora ex) di Casapound per lo stupro di una 36enne incontrata in un pub.

(https://lunanuvola.wordpress.com/2019/04/30/non-ti-credera-nessuno/)

Rito abbreviato, attenuanti per “la giovane età” e per lo status di “incensurati” dei due e alla fine la condanna è di 3 anni per Francesco Chiricozzi e di 2 anni e 10 mesi per Riccardo Licci, più il risarcimento di 40.000 euro alla vittima.

Chiricozzi commenta con i giornalisti: “E’ andata bene.” Ha ragione:

“Dal 13 settembre i due erano agli arresti domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico. L’accusa era di aver fatto ubriacare la donna, di averla picchiata fino a farle perdere i sensi, di averla violentata per ore, prima l’uno e poi l’altro, riprendendo la scena con i telefonini.”

“Uno stupro sotto gli occhi delle telecamere dei telefonini. I due indagati hanno ripreso ogni sopruso, ogni violenza. Per poi diffondere lo stupro ad amici e parenti. Quelle stesse immagini che poche ore dopo hanno tentato di eliminare sono ora una prova schiacciante.”

“Agli atti dell’inchiesta ci sono tre video e quattro foto con l’orrore della violenza. “Le immagini sono agghiaccianti – hanno più volte ripetuto gli investigatori – una violenza continua e ripetuta.” (…) Le immagini della violenza nei giorni successivi erano state inviate da Licci ad almeno due chat di Whatsapp, così come emerge dall’ordinanza cautelare.”

“Gli investigatori parlano di immagini «raccapriccianti» e nell’ordinanza di misure cautelari (…) si fa riferimento a reiterati abusi sessuali e insulti beffardi alla vittima, che appare «inerme e apparentemente priva di sensi, completamente nuda e sdraiata sul pavimento». (…) Negli interrogatori di garanzia dopo gli arresti, assistiti dai loro legali, i due indagati sostengono di aver interpretato il rapporto come consenziente.”

Ci stava, giusto: non è quello che i Chiricozzi e i Licci vedono nella pornografia ogni giorno? Donne picchiate, insultate, assalite, umiliate, incatenate, violate – a loro piace, perdinci, godono come le troie che sono, cosa ci sarà mai di “agghiacciante” e “raccapricciante”, è puro intrattenimento da condividere con gli amici. E quando le minacce alla vittima non sono sufficienti a evitare la denuncia non c’è da preoccuparsi troppo, il giudice al massimo ti ammonisce con un buffetto.

Vittime trattate con dignità e rispetto, Tribunale di Viterbo, come no. Protocolli internazionali a parte, è evidente che neppure lo strombazzato “Codice Rosso” è servito a granché – non che avessi dubbi al proposito sin dalla sua entrata in vigore, intendiamoci.

Allora va bene, i magistrati non vogliono punire due stupratori assai violenti e tronfi sbandieratori della loro vigliacca impresa perché sono giovani (ma per i prossimi casi ci sono un mucchio di altre attenuanti come l’essere vecchi, soli, stressati, depressi, malati, single, separati, divorziati, disoccupati, prede del raptus…). Tolti i materni/paterni giudici, parlo al resto della società italiana e in particolare ai media: si potrebbe almeno smettere di alimentare la loro ossessione?

Smettere di equiparare il sesso alla violenza? Smettere di oggettivare le donne e di occupare ettari di spazio con “il lato b” di questa e la scollatura di quest’altra e il tanga dell’influencer di turno? Smettere di diffondere sulle donne stereotipi e pregiudizi sessisti? Smettere di odiarle così tanto, in modo così pervicace e letale?

Maria G. Di Rienzo

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born 1982

“Kim Ji-young, nata nel 1982” è davvero un film da record – e non solo perché nella natia Corea del Sud, il 27 ottobre, ha superato il milione di spettatori cinque giorni dopo la sua uscita nei cinema.

Il romanzo del 2016 di Cho Nam-joo, da cui è tratto, è un best seller in Corea, Giappone e Cina – ne sono state stampate oltre un milione e duecentomila copie – e i diritti per la pubblicazione sono stati venduti ad altri 16 Paesi. Il film ha collezionato però ulteriori primati:

– ha ricevuto migliaia di recensioni negative prima di essere proiettato;

– una petizione è stata inviata al Presidente coreano affinché ne vietasse l’uscita;

– l’attrice che interpreta il personaggio principale, Jung Yu-mi, è stata inondata online di commenti odiosi e insultanti (che in misura minore non hanno risparmiato il resto di cast and crew);

– allo stesso modo sono state assalite attrici e personalità che avevano solo attestato sui propri social media di aver letto il libro.

Vi state chiedendo cosa diamine succede di così terribile e controverso in questa storia e io ve lo dico: niente. O meglio, niente che non vediate all’opera tutti i giorni in termini di sessismo. Kim Ji-young è uno dei nomi più comuni in Corea, da noi potremmo tradurlo come Maria Rossi e gli anglosassoni come Jane Doe o Jane Smith. L’Autrice dà con tale scelta la prima precisa indicazione di quanto la storia sia generalizzabile: la piccola Ji-young nasce e sua madre si scusa per aver messo al mondo una femmina; ad ogni stadio successivo della sua vita – va a scuola, trova un lavoro, si sposa, ha una figlia – subisce discriminazioni di genere più o meno violente.

Come tutte noi cerca dapprima di capire e adattarsi, come a moltissime di noi le è stato detto che ora le donne, se si impegnano abbastanza e studiano e sgobbano, possono fare tutto: ma per esempio sempre guadagnandoci meno, intendiamoci. Le donne coreane soffrono un gap salariale assurdo (63% in meno degli uomini) e la nazione è stimata una delle peggiori al mondo per le lavoratrici.

Nel libro la voce narrante non è quella della trentenne Ji-young, ma quella dello psichiatra maschio da cui è finita in terapia… perché la sua ribellione a una società profondamente patriarcale e quindi profondamente ingiusta ha preso una forma singolare: la giovane donna sembra “posseduta” dagli spiriti della madre scomparsa, della sorella maggiore, di diverse donne con cui è in relazione.

Per sua bocca, intere generazioni chiedono ragione del trattamento subito – e giustizia. E’ questo ad aver mandato fuori di zucca gli odiatori coreani. E’ una cosa – aspettate, tratteniamo il fiato, corazziamoci, teniamoci alle sedie – FEMMINISTA! Aaargh!

Ai loro assalti il protagonista maschile, l’attore Gong Yoo,

(https://lunanuvola.wordpress.com/2017/01/18/goblin)

ha semplicemente risposto di aver accettato il ruolo perché leggendo la sceneggiatura era scoppiato più volte in lacrime: e tale lettura, ha ribadito, ha rinforzato il suo desiderio di essere un figlio migliore per sua madre.

cho nam-joo

Cho Nam-joo (in immagine sopra), grazie e congratulazioni. Hai fatto uno splendido lavoro, maledetta strega femminista, sorella nostra.

Maria G. Di Rienzo

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aristolochia salvadorensis

Le sacrosante preoccupazioni di un padre, il sig. Fabio Volo, espresse con accorata dignità tramite Radio Deejay (corsivo e sarcasmo miei):

A un certo punto sulla tv appare una che si chiama Ariana Grande: bellissima ragazzina, mora. Sembra abbia 15 anni, vestita di rosa, tutta sexy. Se sono a una festa e una viene vestita così dico ‘Chi è ‘sto puttanun? Come si è introiata’. Le donne sono come i fiori, in base ai colori e ai profumi attirano un certo tipo di uomo. Se hai paura perché sei insicura e quindi esageri con la sessualità, attirerai solo gente che ti vuole sdraiare. Questa ragazzina è a quattro zampe, in ginocchio, impecorata che muove il culo. Tutto il videoclip era un richiamo sessuale. Pensate a me, padre di due femmine: vado al lavoro, faccio le mie cose, mentre una società mi sta imputtanando la figlia.”

(Le illustrazioni di questo articolo sono fiori: attendiamo che gentilmente il sig. Volo ci precisi quale tipo di uomo e/o insetto attraggono.)

Il papà angosciato si è preso del moralista e del bigotto, ma io credo abbia semplicemente fatto sfoggio di sessismo – quel sessismo quotidiano che in Italia è soffocante, nauseante, pervasivo, ossessivamente normalizzato e che investe tutte le donne, comprese le figlie del signore in questione.

skulls

Tanto per cominciare: crede il sig. Volo che se Ariana Grande non fosse bellissima, non avesse l’aspetto di una ragazzina e la sua performance non fosse sessualmente allusiva starebbe in televisione? Se avesse quarant’anni, pesasse ottanta chili e fosse vestita in jeans e maglietta potrebbe anche diffondersi nella danza in acrobazie da stuntwoman e gli studi televisivi le resterebbero proibiti. Quel che lei ha visto, mister, è ciò che gli uomini vogliono vedere e pertanto è ciò che passa in tv ab ovo usque ad mala – dall’inizio alla fine, delle trasmissioni – non solo tramite Ariana Grande. I mass media non forniscono modelli differenti a cui le sue figlie possano ispirarsi: c’è solo la introiata che deve dimostrare 15 anni anche in menopausa, qualsiasi mestiere faccia, qualsiasi ruolo svolga, al di là delle sue preferenze personali, delle sue capacità e della sua storia.

Punto secondo: poiché tali rappresentazioni soddisfano una richiesta a stragrande maggioranza maschile (maggioranza assoluta nelle redazioni dei media), per quale motivo lei ne considera responsabili le donne? Si rende conto esattamente di quel che ha detto? Paurose e insicure esagerano con la sessualità e attirano gente che le vuole “sdraiare”: quindi quando gli uomini le molestano, quando le assalgono, quando le stuprano, la colpa è loro, giusto?

Assecondando il ragionamento, in questi giorni sono accadute delle cose di cui le vittime sono responsabili, tipo:

“Varcaturo: segrega per dodici ore l’ex e sua figlia, poi violenta la donna – Per l’uomo, 27 anni, c’era già un divieto di avvicinamento. Arrestato con le accuse di violenza sessuale, sequestro e stalking. Ha tenuto prigioniere per dodici ore in auto la sua ex compagna 28enne, picchiandola ripetutamente, e la figlia di due anni.”

“Messina, picchiano e violentano una novantenne: arrestati due minorenni – In manette un 17enne e un 14enne. Uno di loro è amico del nipote dell’anziana. Hanno aggredito una 90enne, l’hanno selvaggiamente picchiata e poi hanno abusato di lei. Per entrambi l’accusa è di rapina aggravata, tentato omicidio e violenza sessuale, indagati a piede libero anche per porto di strumenti atti a offendere.”

E’ palese che non occorre vestirsi come Ariana Grande ne’ dimenare il didietro per essere investite dalla violenza, ma gli offensori in genere possono davvero “stare sereni” come va di moda dire: nei tribunali c’è un mucchio di gente che la pensa in modo non dissimile dal sig. Volo (sempre dalla cronaca di questa settimana):

“Uccisa dall’ex nel Casertano, pena ridotta per l’assassino – La sentenza di appello emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere riduce di due anni (in primo grado furono comminati 19 anni) la pena inflitta all’assassino ed ex compagno di Maria Tino, uccisa a Dragoni, nel Casertano, il 13 luglio del 2017.”

“Sorrento, stupro nel ristorante: Pepe ai domiciliari dopo nove mesi. Il 57enne accusato di aver drogato e violentato una 23enne di Piano di Sorrento nell’autunno del 2016, va agli arresti domiciliari. Lo ha stabilito il Tribunale di Torre Annunziata davanti al quale il ristoratore è a processo con le accuse di spaccio di droga e violenza sessuale.”

Venus Flytrap

Nella sua prossima trasmissione, il padre preoccupato potrebbe provare a commentare le richieste che la società (guidata – diretta – normata da uomini come lui) fa non solo alle sue figlie, ma a tutte le donne:

“Il decalogo dell’amante perfetta” (articolo della settimana, sul quotidiano Libero diretto da Vittorio Feltri): “L’amante perfetta: indipendente, passionale, non invia sms e video nel cuore della notte; sembra sempre uscita dal parrucchiere; non ha mai il mal di testa; frizzante emotivamente e sessualmente; è sempre disponibile; è depilata; (…)”.

E per finire, potrebbe cominciare a contemplare la possibilità che le donne non siano al mondo con lo scopo unico e prescrittivo di attirare e soddisfare uomini.

Maria G. Di Rienzo

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Come ho detto (e raccontato in numerosi casi specifici) altre volte, la generazione di Greta Thunberg che lotta per salvare il pianeta dalla catastrofe climatica e di Olga Misik che lotta per ridare senso alla democrazia, comprende in tutto il mondo giovanissime attiviste ugualmente brillanti per passione, intelligenza e coraggio.

Quelle che cito oggi fanno parte di “Girl Up”, un movimento globale per l’eguaglianza di genere ispirato dalle Nazioni Unite a partire dal 2010. L’istituzione riconosce gli sforzi per il cambiamento sociale operati da queste ragazze e li sostiene, perché da qualsiasi retroscena esse provengano mostrano il potere della trasformazione di se stesse, delle loro comunità e del mondo intero che le circonda: “Eppure, le ragazze continuano ad avere scarso accesso alle opportunità. – spiega la presentazione di “Girl Up” – Ciò è sbagliato. E’ ingiusto. E, detto chiaro e tondo, non è furbo. (Ndt: è dimostrato che l’economia di una nazione ove le donne hanno eguali opportunità migliora sensibilmente.) Dobbiamo lavorare verso un mondo ove tutte le adolescenti possano andare a scuola e dal medico ed essere protette dalla violenza. Ciò è il fattore critico per ridurre la povertà e per dare spinta al cambiamento economico e sociale. Ottenere questi risultati non sarà un compito facile e non accadrà nello spazio di una notte, ma questa non è una scusa per non agire. In effetti, è la ragione per migliorare il nostro impegno collettivo, perché quando investi in una ragazza, tu stai investendo nella sua famiglia, nella sua comunità e nel nostro mondo.”

Durante l’ultimo incontro internazionale delle giovani attiviste, nel luglio scorso, sono state effettuate diverse interviste in cui le ragazze parlano della misoginia e del sessismo che incontrano nella loro vita quotidiana (il che comprende spesso l’atteggiamento dei loro stessi parenti). Tutto molto noto a noi attiviste più vecchie. Le giornaliste Luisa Torres e Susie Neilson hanno posto alle ragazze anche una domanda inconsueta e cioè qual era il termine con cui sono definite, per il loro lavoro sociale, che produce in loro maggior frustrazione. Di seguito qualche risposta:

attiviste

(da sin. Valeria Colunga e Eugenie Park)

Valeria Colunga, 18 anni, Monterrey, Messico.

Femminazista“. Valeria si dice nauseata da questo termine perché indica la mancanza di conoscenza di ciò che è il femminismo. Molte persone, sottolinea, si dicono “umaniste” anziché “femministe” per evitare l’insulto, perciò lei si prende puntualmente la briga di chiarire che si tratta di due cose differenti. “E’ faticoso. – ammette – Ma se devo spiegarlo all’infinito lo farò. Perché, se non lo faccio io, chi lo farà?”

Eugenie Park, 17, Bellevue, Washington.

Guerriera per la giustizia sociale“. “In se stesso, quando lo senti, sembra una cosa incoraggiante. – dice Eugenie – Ma nella realtà, è un termine usato per minimizzare un bel mucchio di lavoro che i giovani compiono per la giustizia sociale, facendo apparire le attiviste e gli attivisti come se stessero semplicemente facendo qualcosa di trendy.

attiviste2

(Lauren Woodhouse)

Lauren Woodhouse, 18, Portland, Oregon.

Influencer“. Lauren sostiene che questo termine, riferendosi a una persona con del “potere sui social media”, riduce l’attivismo a qualcosa di individualistico e di moda anziché dare riconoscimento alla sua dimensione sociale. “Quando le corporazioni economiche ti dicono questa è l’influencer da seguire e il suo è il femminismo che vogliamo è veramente noioso e stancante. Ho chiuso con roba del genere.”

Maria G. Di Rienzo

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Non gli hanno ancora dato una medaglia, ma immagino sia solo questione di tempo. Il Tribunale del Riesame di Bari ha infatti ridimensionato i reati contestati all’ex giudice Francesco Bellomo,

( https://lunanuvola.wordpress.com/2017/12/13/si-chiama-etica/ )

gli ha tolto gli arresti domiciliari dopo venti giorni e gli impone unicamente l’interdizione per 12 mesi riguardo ad “attività imprenditoriali o professionali di direzione scientifica e docenza”.

Dopo di che, potrà tornare a insegnare lunghezza delle gonne e profondità delle scollature, fotografia porno, coercizioni sessuali e in genere sottomissione femminile nella sua “scuola di formazione” per la preparazione all’ingresso in magistratura.

Gli articoli al proposito adesso parlano di “presunti maltrattamenti” a quattro donne, si trattava di semplice “tentata violenza privata aggravata e stalking” e per quel che concerne l’estorsione ai danni di una di esse, costretta dal signore a lasciare il lavoro be’, era il 2011 quindi è roba “già sostanzialmente prescritta”.

I difensori di Bellomo sono così contenti che annunciano di voler andare in Cassazione a contestare i 12 mesi in cui al loro assistito viene “inibito l’insegnamento”: non è accettabile, perbacco, soprattutto – dico io – quando non gli è nemmeno stato dato un incarico nella giuria di “Miss Culo Agosto” alla Sagra del Peperoncino o un posto direzionale a YouPorn.

Ma ehi, donne: e dite di no, cavolo, non siete capaci di dire di no?

Ma ehi, donne: denunciate, denunciate altrimenti è (ancora di più) colpa vostra!

Ogni volta in cui una donna parla apertamente degli abusi che subisce ne riceve immediatamente altri due, l’incredulità e la ridicolizzazione. Quando poi riesce ad arrivare in tribunale più spesso che no le sentenze gliene infliggono un terzo, dimostrandole quanto sul serio i giudici l’hanno presa.

Questo è il motivo per cui sovente non diciamo nulla. E questo è il motivo per cui i numeri della violenza di genere nel nostro paese sono definiti, a ogni nuova indagine statistica, impressionanti: gli italiani non vogliono saperne di modificare le loro abitudini di svilimento e oggettivazione delle donne.

Perciò, solo per portare un recentissimo esempio, un ospedale piemontese può realizzare un filmato sulla prevenzione in campo urologico con l’attore porno Rocco Siffredi, ove quest’ultimo incita in modo sessista e volgare a usare sessualmente le donne per la salute del pisello di turno. Quando i messaggi misogini arrivano da enti, istituzioni, tribunali, ospedali sigillano con l’aura dell’autorevolezza o addirittura della scienza un falso ideologico e cioè l’idea che le donne siano una branca inferiore del genere umano, meramente addette al fornire soddisfazione ai “veri” esseri umani, gli uomini.

Maria G. Di Rienzo

picard

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(tratto da: “Bolivia Declares Femicide a National Priority”, di Anastasia Moloney per Thomson Reuters Foundation, 16 luglio 2019, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

La Bolivia, che ha una delle percentuali più alta di donne uccise per il loro genere in Sudamerica, ha dichiarato il femicidio una priorità nazionale e aumenterà gli sforzi per contrastare la crescente violenza. Da gennaio le autorità hanno registrato 73 femicidi (1), il numero più alto dal 2013. Gli omicidi ammontano a una donna uccisa ogni due giorni.

Tania

“Nei termini del numero di femicidi la Bolivia è al top della classifica.”, ha detto Tania Sanchez (in immagine sopra), a capo del “Servizio plurinazionale per le donne e per la fine del patriarcato” (2) del Ministero della Giustizia boliviano, nonostante le protezioni legali in essere.

Una legge del 2013 definisce il femicidio come crimine specifico e prevede sentenze più severe per i perpetratori condannati. “Noi non siamo indifferenti. – ha detto Sanchez a Thomson Reuters Foundation – La priorità nazionale sono le vite delle donne, di tutte le età, e per tale ragione il Presidente ha sollevato la questione del femicidio come la forma di violenza più estrema.”

L’ultima vittima di femicidio è stata la madre 26enne Mery Vila, uccisa la scorsa settimana dal suo partner a martellate in testa. Questa settimana il governo ha annunciato il suo “piano d’emergenza” in 10 punti.

In Bolivia, la violenza contro le donne è motivata da una radicata cultura machista che tende a biasimare le vittime e a condonare la violenza stessa. Secondo un’indagine governativa nazionale del 2016, sette donne boliviane su dieci dichiarano di aver sofferto qualche tipo di violenza da parte di un compagno.

Sanchez dice che il nuovo piano “prende in conto la prevenzione, così come la cura delle vittime e la sanzione della violenza, la violenza macho” e che una commissione valuterà l’aumentata spesa del governo sulla violenza di genere e la sua prevenzione, così come il grado di successo delle svariate iniziative. Altre misure includono formazione obbligatoria per funzionari statali e operatori del settore pubblico su violenza di genere e prevenzione. Insegnanti di scuole e università riceveranno anche formazione su “la violenza psicologica, sessuale e fisica” che le donne e le bambine sperimentano.

Le vittime dei femicidi in Bolivia e nella regione in generale spesso muoiono per mano di attuali o ex fidanzati e mariti con una storia di abuso domestico alle spalle, dicono gli esperti. “Noi crediamo che l’aumento (dei femicidi) si dia in relazione a un sistema patriarcale che si appropria dei corpi e delle vite delle donne.”, ha detto Violeta Dominguez, capo dell’Agenzia Donne delle Nazioni Unite in Bolivia.

I casi di femicidio restano spesso impuniti, con le famiglie delle vittime che lottano per la giustizia, ha detto ancora Sanchez: dei 627 casi accertati dal 2013, 288 restano aperti senza sentenza, il che Sanchez giudica “allarmante”.

Il Presidente boliviano Evo Morales ha scritto su Twitter lunedì scorso: “E’ ora di metter fine all’impunità e di affrontare i problemi come società.”

(1) In America Latina si usano sovente due termini per definire la mattanza di donne: femicidio – l’assassinio di donne da parte di uomini perché sono donne, a causa della loro “subordinazione” di genere, e femminicidio – che sottolinea l’impunità e le complicità relative ai femicidi: il crimine non viene commesso solo quando si uccide una donna, ma anche quando lo Stato non investiga accuratamente e si fa complice, cioè non garantisce alle donne una vita libera dalla violenza e il loro diritto alla giustizia.

(2) “Plurinazionale” fa riferimento alla definizione ufficiale del Paese: Stato plurinazionale della Bolivia. Adesso vi pregherei di immaginare il Ministro della Giustizia italiano, Alfonso Bonafede, che chiede l’apertura del dipartimento per mettere fine al patriarcato nel suo dicastero. Mission impossible. In alternativa, potete immaginare che lo chieda il Ministro dell’Interno: fantascienza.

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4 luglio 2019, Catania – “Abusa della figlia disabile mentale: la moglie lo scopre e lo denuncia, arrestato”.

Da quattro anni stuprava la figlia, oggi 24enne. La moglie (pure affetta da disabilità, simile a quella della figlia) lo ha sorpreso in bagno mentre abusava della giovane.

Il Ministro della Mascolinità Italica, durante i festeggiamenti per l’Indipendenza americana, scatta selfie e scherza sulla sua passione per gli hamburger, poi la notizia lo raggiunge, disturba il suo appetito e lo costringe a commentare: “Una fiaba pessima, horror, surreale. Non ho parole. Cosa bisogna fare per scopare in Italia? Mi vergogno che questo povero uomo italiano, sessantenne, sia stato costretto a rivolgersi alla figlia disabile per il suo legittimo diritto al sesso! Quando le mogli se ne fregano e si lasciano andare e non si riaprono i bordelli questo succede!”

4 luglio 2019, Garlasco (Pavia) – “Getta la compagna dal balcone: donna salvata dai carabinieri che l’afferrano al volo”.

L’uomo ha precedenti per violenza domestica. Gettatosi a sua volta dalla finestra al primo piano – e riportando con ciò la frattura delle gambe – una volta individuato dai carabinieri li ha colpiti con un bastone e delle pietre ferendone tre.

Il Ministro del Sessismo di Stato, durante i festeggiamenti per l’Indipendenza americana, scatta selfie e scherza sulla sua passione per la Coca-Cola, poi la notizia lo raggiunge, il drink gli va di traverso ed è costretto a commentare:

“Una fiaba pessima, horror, surreale. Non ho parole. Cosa bisogna fare per liberarsi di una donna rompicazzo in Italia? Mi vergogno che i carabinieri non siano potuti andare a prelevarla prima, ma comunque il suo volo ha messo a rischio la vita di militari che fanno il loro lavoro. Certo, anche il tizio ha sbagliato, ha aggredito i carabinieri, ma mi dicono che è italiano quindi dev’essere comunista.”

4 luglio 2019, Giugliano (Napoli) – “Maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale, arrestato il marito recidivo”.

Un uomo responsabile di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale, con il divieto di avvicinamento all’ex moglie e sottoposto agli arresti domiciliari, tenta per l’ennesima volta di introdursi in casa di costei.

Il Ministro della Difesa della Razza, durante i festeggiamenti per l’Indipendenza americana, scatta selfie e scherza sulla sua passione per il baseball, poi la notizia lo raggiunge, la mazza che impugnava gli cade dolorosamente su un piede, con il gomito urta sul tavolo la bottiglia di olio di ricino che si versa a terra, tira un paio di “porchi” off the record e poi commenta:

“Una fiaba pessima, horror, surreale. Non ho parole. Ma come è finita la famiglia in Italia per colpa della Boldrini? Mi vergogno che una moglie tenga la porta chiusa in faccia al marito italiano. Da dove viene questa delinquente? Se è italiana come minimo è comunista. Sono arrabbiato e indignato a nome dei militari italiani che ogni giorno rischiano la vita e meritano rispetto, non devono andare a fare i fabbri per far contenti i piddioti e le cornute.”

4 luglio 2019, Roma – “Foto hot da minorenni, poi le ricatta: 18enne condannato a un anno e quattro mesi”.

Riporto il titolo com’è, anche se trattandosi di minorenni non sono “foto hot” ma pedopornografia. Il farabutto che prima posava da “fidanzato” e poi ricattava le ragazzine con frasi di questo tipo: “O ti mostri tutta nuda e ti accarezzi oppure farò circolare le tue foto in intimo su internet”, “Sarai disonorata sui social” ecc., è definito dall’articolista “uno studente con il pallino del sesso”. E che sarà mai, uno non può più avere un hobby, adesso?

Il Ministro della Giustizia Sommaria, durante i festeggiamenti per l’Indipendenza americana, scatta selfie e scherza sulla sua passione per le grigliate del 4 luglio, poi la notizia lo raggiunge, si scotta con una costata di manzo, infila la mano bruciante nella sangria cercando di non farsi notare e commenta:

“Una fiaba pessima, horror, surreale. Non ho parole. Sono indignato e schifato. Mandiamo in galera un ragazzo italiano che si diverte un po’ perché le sgualdrinelle hanno 3-4 anni meno di lui? Anche a me le donne piacciono più giovani (l’ultima per età potrebbe essere mia figlia) e scollate. Questa è una sentenza politica emessa da qualcuno pagato dalle femminaziste e ci dice quanto è urgente la riforma della giustizia. E la faremo, amici! Prima però devo andare a sentire cosa ne pensa l’amico Putin. Bacioni.”

Maria G. Di Rienzo

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Per una scrittrice / uno scrittore di fantascienza creare universi è il pane quotidiano. Cercando di rispondere alle domande “cosa succederebbe se” o “cosa sarebbe successo se” puoi descrivere realtà parallele e dimensioni alternative e svilupparle in ogni possibile direzione.

Personalmente faccio questo ogni giorno, che le mie riflessioni finiscano per prendere la forma di una pagina scritta oppure no: ma sono sempre consapevole di vivere nella realtà e non in uno dei miei mondi fantastici. Quando non sei più in grado di distinguere fra le tue fantasie e i dati di fatto non sei meravigliosamente creativo, stai manifestando un disagio psicologico o una vera e propria malattia mentale.

In questi ultimi casi, il dovere morale della comunità che ti circonda è cercare di ancorarti di nuovo alla realtà prima che tu faccia del male a te stesso o agli altri: se tu pensi di avere le ali e noi non le vediamo, non possiamo comunque permetterti di andar giù in picchiata dal tetto di un grattacielo per provare la tua tesi; se tu credi che le persone con i capelli rossi siano tutte figlie di Satana e debbano essere sterminate noi non possiamo permetterti di tenere in mano un fucile a lunga gittata.

Il concetto è chiaro? Bene. Quel che io trovo sconvolgente della società attuale è come abbia perso gran parte del senso comune che serve a tenerci insieme in relativa salute (mentale, fisica e relazionale) come comunità umana.

Quando il papa in pensione, invece di godersi la primavera in giardino leggendo buoni libri e grattando di tanto in tanto la testolina del suo gatto, se ne esce con la teoria strampalata che ascrive al movimento del 1968 lo sdoganamento della pedofilia e spiega con ciò l’esistenza di sacerdoti pedofili nella chiesa cattolica, una società sana non dovrebbe fornire a questi vaneggiamenti alcuna validazione – il contrario di quanto oggi fanno gran parte della stampa italiana e degli opinionisti correlati.

Le violenze sessuali su minori da parte di preti cattolici hanno tristemente secoli di storia negli ordini religiosi, nei seminari, negli orfanotrofi, nei monasteri ecc.: è teoricamente possibile, anche se assai improbabile, che Ratzinger non lo sappia, ma noi sì e almeno per rispetto verso le vittime non dovremmo assecondare ne’ la sua ignoranza ne’, se del caso, la sua confusione o la sua malizia.

Allo stesso modo dovremmo comportarci con un altro che sembra vivere in un – distopico – universo alternativo e cioè il senatore leghista Pillon.

https://lunanuvola.wordpress.com/2019/04/09/un-paragone-insostenibile/

Costui è stato condannato ieri per diffamazione: “dovrà versare 30.000 euro per la sua campagna omofoba” contro l’associazione Omphalus e l’attivista Monni come condizione per la sospensione della pena, mentre il risarcimento del danno sarà stabilito in sede civile. A commento della sentenza, Pillon dichiara di voler ricorrere in appello e non trova di meglio che posare da martire: “Difendere le famiglie dall’indottrinamento costa caro”.

Tutti i giornalisti riportano – ma nessuno fa il suo mestiere ponendo domande:

Quale indottrinamento, signor senatore? I programmi scolastici non li fa l’Arcigay.

Durante il processo lei aveva dichiarato di aver fatto della mera “sferzante ironia”, adesso è diventata una “difesa delle famiglie”?

Di cosa sta parlando, esattamente, senatore? A quale titolo lei sarebbe difensore delle famiglie e di che famiglie si tratta? Chi le starebbe indottrinando, su cosa e perché?

Ha pensato di cambiare pusher? (questa è la domanda di Zonker Harris per il giornalino del college, saltatela pure) (1)

Illusione: forte convincimento che non cambia nonostante l’evidenza si opponga a esso e che potrebbe segnalare un episodio psicotico. Per esempio, un individuo può credere che qualcuno stia rubando i suoi pensieri, di essere sorvegliato o pedinato, di essere dio o che la malvagia lobby omosessuale finanziata dai poteri forti stia indottrinando le famiglie… ma il fatto che lo creda non rende il suo convincimento reale e, ripeto, noi abbiamo il dovere di dirglielo.

Maria G. Di Rienzo

(1) Personaggio del fumetto Doonesbury di Garry Trudeau, qui sotto in immagine.

zonker

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Onorevoli membri della Commissione Giustizia del Senato, oggi 9 aprile a partire dalle ore 14.00 discuterete in seduta plenaria di diversi argomenti, fra cui le proposte del senatore leghista Pillon in materia di affido condiviso.

La rivolta di ampi settori della società civile contro queste ultime vi è di certo nota ed è stata dettagliata sotto il punto di vista giuridico e tecnico non meno che sotto il punto di vista ideale, ove l’idea di famiglia prospettata richiama disagevoli associazioni con una struttura di comando e controllo (tipo una caserma con un marito-padre colonnello, una moglie-madre attendente e dei figli soldatini). A noi contestatori / contestatrici preoccupa anche il conflitto di interessi riguardante il senatore, giacché un disegno di legge che prevede la mediazione familiare a pagamento e la relativa offerta presentata dallo studio legale di chi quella medesima legge presenta, insieme suonano davvero male.

Fra poche ore, il senatore Pillon vi esporrà la sua relazione e voi avrete di fronte lo stesso uomo che in questi giorni siede sul banco degli imputati in un processo per omofobia; se la vicenda non vi fosse nota, sottolineo innanzitutto che non si tratta di un processo alle sue opinioni, ma del fatto che ha orchestrato una vera e propria campagna diffamatoria dell’associazione Lgbt “Omphalos”, affiliata Arcigay, con tanto di manipolazione del loro materiale informativo (volantini “taroccati”, per stare sul colloquiale).

In una serie di performance pubbliche in tutta Italia, questo individuo ha anche ripetuto che “quelli di Arcigay vanno nei licei e spiegano ai vostri figli che per fare l’amore bisogna essere o due maschi o due femmine e non si può fare diversamente e… venite a provare da noi, nel nostro welcome group”. Cioè, ha scientemente trasformato l’opera di sensibilizzazione contro il bullismo omofobo e di informazione sulle malattie a trasmissione sessuale in una squallida manovra per adescare minorenni.

So che in aula il sig. Pillon si è giustificato dichiarando che la campagna diffamatoria era solo “ironia sferzante”, paragonando la stessa alla “satira dei libri di Guareschi”. Giovannino Guareschi, celebrato creatore di Don Camillo e Peppone, dichiaratamente uomo di destra per quanto rigettasse il nazifascismo, si trovò in effetti a doversi difendere in tribunale da un’accusa di diffamazione a mezzo stampa (per la quale fu poi condannato e scontò più di un anno di galera). Aveva pubblicato nel 1954 due lettere in cui apparentemente De Gasperi, durante la II guerra mondiale, esortava gli alleati a effettuare bombardamenti. Guareschi le credette vere, ma le analisi storiche hanno comprovato che si trattava di due falsi prodotti dal neofascista De Toma, che fuggì all’estero a processo concluso.

Guareschi non aveva manipolato personalmente le due lettere. Pillon ha personalmente manipolato il materiale dell’associazione diffamata.

Guareschi aveva buoni motivi per lamentarsi del comportamento del collegio giudicante e si considerò condannato ingiustamente: tuttavia, per questione di principio, non presentò appello ne’ successivamente chiese la grazia. Era, nel senso relativo alla sua epoca, un “galantuomo”. Temo, Onorevoli membri della Commissione Giustizia del Senato, che a tal proposito il senatore Pillon si stia gloriando di un paragone insostenibile.

E’ impossibile accettare che una persona del genere abbia titolo per “riformare” il diritto di famiglia, poiché carente sia a livello di competenze (è evidente che ignora il reale status delle famiglie italiane) sia, come risulta da quanto esposto sopra, a livello etico. Prima di prendere qualsiasi decisione, dovreste necessariamente riflettere su ciò.

Maria G. Di Rienzo

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