(“We are fighting for no early marriages” – Meet Asma Khader from Sisterhood is Global Institute, Jordan, di Julia Lapitskii e Malin Ekerstedt per Kvinna till Kvinna, agosto 2014. Trad. Maria G. Di Rienzo. La foto di Asma Khader è di Karin Råghall.)
Asma Khader è membro del Senato giordano, Segretaria generale della Commissione nazionale giordana per le Donne e fa parte della direzione dell’ “Istituto La Sorellanza è Globale”. E’ una prominente figura del movimento delle donne giordano da quarant’anni e la sua lotta per i diritti umani è cominciata a scuola.

Come sei diventata un’attivista per i diritti delle donne?
Ha avuto inizio con la mia famiglia. La nostra società ha una tradizione per cui i genitori sono chiamati non con i loro nomi, ma padre/madre del loro figlio più anziano. Io ero la prima figlia e sino a che non ebbi 11 anni avevo solo due sorelle, perciò ero abituata a sentir chiamare i miei genitori “madre di Asma” e “padre di Asma”. Poi nacque mio fratello e in men che non si dica tutti li chiamavano “madre di Samir” e “padre di Samir”, che è il nome di mio fratello. Mi sono sentita improvvisamente perduta, come se fossi stata lasciata indietro e lui fosse molto più importante di me.
Allora cominciai a notare le differenze anche nelle altre famiglie: come i ragazzi potessero giocare in strada dopo il tramonto o andare al cinema e le ragazze no. Ciò mi fece odiare le faccende domestiche: mi rifiutavo di lavare i piatti e di aiutare mia madre a pulire la casa e insistevo nel voler indossare pantaloni e andare a giocare fuori con i ragazzi.
Alle elementari diventai l’avvocata delle mie amichette, perché difendevo il loro diritto di esprimersi. Alle superiori ero nel movimento studentesco delle donne e partecipai alle elezioni per il sindacato degli studenti. Fui eletta e diventai l’unica femmina del comitato esecutivo, che era composto da sette membri. Poi decisi di studiare legge, perché era un modo da usare per proteggere i nostri diritti.
Su che tipo di casi lavori?
Da principio pensavo che sarei stata un’avvocata per le donne. Ma le donne non si fidano delle donne: poiché sentono debole la loro posizione nella società pensano che un’avvocata non sarà abbastanza forte per difenderle. Perciò, per cinque anni, ho lavorato di più per gli uomini. Ho difeso molti prigionieri politici e ho lavorato attivamente nel Comitato per i diritti umani dell’Associazione degli avvocati. Sono diventata nota come un’avvocata efficace per i diritti umani, che era la precondizione affinché le donne si fidassero di me. A questo punto ho potuto cominciare a concentrarmi sui diritti delle donne.
Com’è successo che da avvocata sei diventata un Ministro del gabinetto giordano?
Ero molto attiva nella società civile, presente ad ogni manifestazione. Perciò fui invitata a far parte di un gruppo che avrebbe incontrato il Re, per parlare del processo a una donna che aveva sfidato la poligamia religiosa e i sottotesti contro le donne nelle interpretazioni religiose. All’incontro io fui molto aperta, gli parlai della situazione come se lui non fosse il Re. Per esempio, durante lo svolgersi della democratizzazione, avevano detto che avrebbero liberato tutti i prigionieri politici. Ma io avevo ricevuto comunicazione da 67 di loro che erano stati esclusi da quest’amnistia. Perciò portai con me quella lettera, da loro firmata, e dissi: “Maestà, lei ha dichiarato che non ci sono più prigionieri politici in prigione, ma questi 67 sono ancora dentro.” E il fatto è che nel giro di due/tre giorni tutti loro furono rilasciati. Penso di essere rimasta in mente al Re per quell’episodio, e quando nel 2003 lui volle un gabinetto che dimostrasse come il governo fosse davvero intenzionato a riformare la società, io fui una di quelli nominati per farne parte. Ho accettato, perché sentivo che avrei potuto avere l’opportunità di operare cambiamenti.
Tu sei stata Ministra della Cultura e dell’Informazione e in precedenza sei stata nel Comitato reale che ha vergato la Carta Nazionale. Ci sono state istanze importanti per le donne che hai potuto spingere in avanti?
Nella Carta Nazionale siamo stati in grado di far avanzare con successo principi democratici, diritti umani e libertà civili. Abbiamo anche dato interpretazioni al testo costituzionale: per esempio, nell’Art. 6 della Costituzione si dice che tutti i giordani sono uguali di fronte alla legge, senza distinzioni di lingua, religione o razza. Ma il genere non è menzionato. Perciò, abbiamo stabilito che tutti i giordani, uomini e donne, sono uguali di fronte alla legge senza distinzioni di questo e quello. Cioè abbiamo interpretato “giordani” come “ambo i sessi”.
Durante il periodo in cui ho fatto parte del gabinetto siamo stati in grado di far passare alcune leggi progressiste, come quella sui rifugi per le donne e per l’eguale diritto delle lavoratrici di passare l’assicurazione sanitaria alle loro famiglie. E anche, per la prima volta, abbiamo dato licenze a stampa, radio e canali televisivi privati.
Sei attiva nell’organizzazione per i diritti delle donne “Istituto la Sorellanza è Globale” da molti anni. Su quali questioni si concentra l’organizzazione?
(http://www.sigi-jordan.org/)
Lo scopo principale è proteggere e promuovere i diritti umani delle donne, in special modo per coloro che sono sopravvissute alla violenza. Al momento stiamo anche lavorando con le donne siriane rifugiate in Giordania.
Tramite le campagne contro i matrimoni precoci, nel 2008 siamo riuscite ad alzare l’età minima per sposarsi a 18 anni. Ma ci sono ancora eccezioni e un giudice può dare il permesso quando si hanno fra i 15 e i 18 anni. La legge sullo stato civile del 2010 ha portato maggiori restrizioni su questa possibilità ed ora stiamo lottando perché tutte le eccezioni siano proibite. Bisogna andare passo dopo passo.
Quanto grave è questo problema?
Nel 2012, il 12% dei matrimoni ad Amman erano matrimoni precoci, il che fa più di 8.000 casi. Poi ci sono i matrimoni non registrati, che avvengono principalmente nelle zone rurale ed ora in special modo fra i rifugiati siriani. Tengono pubblicamente una cerimonia familiare, così la gente sa che è un matrimonio, ma non lo registrano come richiede la legge. Fanno così perché quando la ragazza sarà incinta il matrimonio diventerà legale qualsiasi sia la sua età; perciò aspettano che ciò accada e poi registrano il matrimonio.
Abbiamo anche un progetto contro l’Art. 308 del Codice penale, che permette agli stupratori di sfuggire alla pena se sposano le loro vittime. Su queste ultime si fa molta pressione, da parte della famiglia del perpetratore, che preferisce pagare il padre di lei, e da parte della sua stessa famiglia che non vuole rimanga in casa dopo lo stupro, perché ciò “danneggerebbe” le sue sorelle e le sue altre parenti di sesso femminile. E’ una coalizione patriarcale contro il suo diritto di avere sostegno invece dell’essere forzata a sposare una persona che la stuprerà ogni giorno. Comunque, l’opposizione a questo articolo del Codice penale sta crescendo, e sembra che ce la faremo ad avere la sua abolizione.
Quali sono le tue speranze per il futuro?
Penso che siamo in una posizione tale da sperare che le riforme continueranno. E che andranno verso una società laica e democratica, dove tutti i cittadini sono eguali e le leggi sono sviluppate in modo da non discriminare le donne.
Naturalmente ci sono problemi, la mentalità patriarcale esiste ancora, i “crimini d’onore” stanno ancora accadendo, c’è violenza contro le donne e discriminazione nei salari. Stiamo lottando ora per avere una legge che distribuisca equamente le proprietà di una famiglia all’atto del divorzio. Attualmente, una donna divorziando non ha diritto a niente che sia registrato come proprietà del marito e vede tutti i suoi anni di sostegno alla famiglia conteggiati come nulli.
Voglio vedere più donne in politica, perché quando abbiamo la massa critica, in un consiglio o istituzione, riesci a sentire come le donne diventano più forti. Per esempio, nelle elezioni comunali del 2007 per la prima volta avevamo una quota del 20% dei seggi riservati alle donne, ma noi abbiamo fatto una campagna enorme e alla fine il risultato fu del 25% di elette! Nel 2013, il turno elettorale successivo, avevamo una quota del 25%, ma le donne riuscirono a prendere il 35% dei seggi. Penso sia un ottimo indicatore di come le donne in tutto il paese si sentano più forti e incoraggiate a prendere posizioni guida.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Read Full Post »