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Posts Tagged ‘finlandia’

(“Now it is fall”, di Edith Södergran (1892-1923), trad. Maria G. Di Rienzo. Edith, finno-svedese nata in Russia, contrasse la turbercolosi quando era adolescente e morì a soli 31 anni. Il suo impegno artistico, pienamente riconosciuto solo dopo la sua scomparsa, era attivamente incoraggiato dalla madre, con cui aveva un legame molto forte. Nell’immagine l’Autrice è con il suo gatto Totti.)

edith con totti

ORA E’ AUTUNNO

Quando tutti gli uccelli dorati

volano a casa al di sopra della profonda acqua azzurra,

sulla riva io siedo rapita dallo sparpagliato bagliore;

la partenza fruscia tra gli alberi.

Questo addio è immenso e la separazione si avvicina,

ma la riunione, quella è pure certa.

Con la testa sulle braccia mi addormento facilmente.

Sui miei occhi c’è l’alito di una madre,

dalla sua bocca al mio cuore:

dormi, bambina, e sogna ora che il sole se n’è andato.

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(tratto da: “Being a female scientist: marine biologist and computer scientist Laura Uusitalo”, una più lunga intervista di Vvaitkeviciene alla Dott. Uusitalo per Ocean Blogs, 23 ottobre 2017, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Laura Uusitalo, in immagine, lavora all’Istituto per l’Ambiente Finlandese come direttrice e capo-ricercatrice.)

laura

Cosa ti ha ispirata a perseguire una carriera nelle scienze e nelle tecnologie marine?

Quando ero adolescente ho desiderato, per un po’, diventare una sociologa. Più tardi, mi sono interessata sempre di più alle scienze naturali e ho scelto di studiare limnologia (ndt. settore dell’idrologia relativo alle acque continentali) all’università a causa del suo ampio scopo che include tutto: dall’idrologia e dalla fisica acquatica, passando per la chimica e l’ecologia, sino ad arrivare agli aspetti sociali dell’uso delle acque naturali. Ho trovato tale diversità altamente ispirante e non mi sono mai pentita di aver scelto questa carriera.

Quali sono le cose che ti piacciono di più dell’essere una scienziata/ingegnera marina?

Moltissime cose mi piacciono del mio lavoro: poter fare scienza; la varietà del campo che va dall’ecologia d’avanguardia alle questioni sociali; poter lavorare con colleghe/i brillanti sia nel mio Istituto sia a livello internazionale; avere un alto grado di libertà nel definire il mio proprio lavoro e sapere che sto facendo la mia parte per la protezione dei mari.

Pensi ci sia necessità di sostenere in modo speciale le ragazze affinché studino scienze/tecnologie marine?

Io penso ci sia la generale necessità di liberarci dai ruoli di genere nella società e lasciar scegliere a chiunque la carriera e lo stile di vita che meglio si confà a costei o costui. Uno dei passi per arrivarci è incoraggiare le persone a far scelte relative alla carriera che non sarebbero tipiche per il loro genere; ciò può includere il sostenere le donne nella scelta delle scienze marine. In Finlandia, tuttavia, la mia impressione è fra gli studenti di scienze marine tutti i generi siano rappresentati in modo bilanciato. Le scienze tecnologiche sono ancora però un dominio maschile e incoraggiare le ragazze a entrare in tali campi è un compito che gli insegnanti di scuole e università dovrebbero prendere seriamente.

Pensi ci sia bisogno di un sostegno speciale per trattenere le donne nella scienza?

Ci sono ricerche che mostrano come le donne “abbandonino” la scienza più degli uomini in particolar modo nello stadio post-dottorato, perciò sarebbe importante capire quali sono le cause e come possono essere evitate. Probabilmente le ragioni sono molteplici, incluse le possibilità di ottenere fondi per continuare il lavoro, l’attitudine dei colleghi e della comunità scientifica in generale, e il fatto che lo stadio post-dottorato è spesso anche l’età in cui hai bambini, e combinare carriera e famiglia può essere difficile.

Come possiamo superare le istanze che spingono le donne fuori dalle carriere scientifiche?

Alcune misure che sarebbero d’aiuto consistono nel migliorare la sensibilità al genere nei processi di selezione e valutazione (per evitare i pregiudizi culturali profondamente radicati e largamente subconsci contro le donne), nel migliorare le possibilità di combinare lavoro e famiglia (inclusi buoni servizi per l’infanzia, congedi familiari, il tornare al lavoro in modo agevole dopo i congedi) e dar sostegno a una cultura che permetta ad ambo i genitori in una famiglia di lavorare (servizi per l’infanzia accessibili e di alta qualità, politica delle tasse che preveda benefici ecc.).

Che consigli daresti a una donna che sta considerando l’idea di intraprendere una carriera nella scienza?

Vai! La scienza è fantastica! Ricordati che non devi compiacere nessuno: è sufficiente fare un buon lavoro. E controlla la bilancia vita/lavoro, non lavorare tutte le notti e nei fine settimana, non solo perché non è buono per il tuo benessere: non è neppure buono per la tua creatività. Avrai bisogno di permettere alla tua mente di rinfrescarsi e ricaricarsi per poter avere buone idee e lavorare in maniera efficiente.

Qual è il modo più efficace, per te, di mantenere il bilanciamento fra la vita professionale e quella personale?

Non ho mai fatto molti straordinari. A volte mi è risultato difficile, ma è valsa anche la pena di provare a me stessa che quel che potevo fare in 40 ore settimanali era abbastanza.

Mi piace ballare – ho fatto tip tap, danza irlandese, balletto, danze orientali, tribal fusioni, danze folk e swing, tra l’altro; per me è un gran modo per scollegarmi dal lavoro e concentrarmi su qualcosa che è sia fisico sia mentale, intellettuale e intuitivo allo stesso tempo.

Anche i miei figli mi rendono necessario lasciare l’ufficio di buon ora; a volte, quando il flusso delle idee mi trascina, mi piacerebbe restare semplicemente in ufficio e lavorare sino a notte.

Quali sono i tuoi sogni professionali e personali?

Mi piace proprio fare ricerca e amerei avere l’opportunità di continuare. Mi piacerebbe che tale ricerca facesse la differenza su come capiamo e maneggiamo i mari. Mi piacerebbe anche essere in grado di ispirare le giovani scienziate e i giovani scienziati a trovare il meglio in se stesse/i e a raggiungere i loro sogni.

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Lingue Madri

(“Mother Tongues”, di Kirsti Simonsuuri, trad. Maria G. Di Rienzo. Kirsti Katariina Simonsuuri, finlandese nata nel 1945, è poeta, scrittrice e studiosa di letterature antiche.)

Kirsti

LINGUE MADRI

Poi venne la solitudine fresca remota

distante dall’inferno di altri

Io sola io parlavo in tutte le lingue

forgiavo chiavi per codici segreti

acqua dolce: Latino

fragola selvatica: Finlandese

Il mio silenzio era profondo

come quando, un tempo, mi trovavo nell’utero

inner goddess

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Il 23 gennaio scorso, AWID – Association for Women’s Rights in Development, ha chiesto a un bel mucchio di femministe in giro per il mondo cosa si augurano per il 2015, quali sono le loro speranze, i loro sogni e le loro aspirazioni. Le risposte sono state raccolte da Nana Darkoa Sekyiamah e Mégane Ghorbani. Quella che segue è una mia piccola selezione (perché dieci pagine non le avreste mai lette, lo so). Maria G. Di Rienzo

Be Loud Be Proud di Lori Portka

YEWANDE OMOTOSO, 34enne, Barbados/Nigeria/Sudafrica, Scrittrice e Architetta.

Sarebbe grandioso svegliarsi in mondo dove i corpi delle donne non sono merci; dove ovunque io guardi non sono oppressa da immagini sui media che mi dicono come dovrei apparire per essere una vera donna o per essere davvero bella; dove bambine e bambini non siano dominati da quest’immaginario che normalizza qualcosa di profondamente problematico.

CRISTINA PALABAY, 35enne, Filippine, Segretaria generale di Karatapan – Alleanza per l’avanzamento dei diritti delle persone.

Nel 2015, mi auguro il rilascio di tutte le prigioniere politiche. Con rinnovata speranza, aspiro ad un più forte movimento delle donne che sfidi le strutture e le filosofie al centro dell’oppressione delle donne – patriarcato, globalizzazione, militarizzazione e fondamentalismo.

MORENA HERRERA, 54enne, El Salvador, Direttrice Colectiva Feminista para el Desarrollo Local.

Sogno una società che prenda passi concreti nella lotta per la libertà delle donne e la loro autonomia sui loro corpi e le loro vite. Sogno movimenti femministi coesi e più interazioni creative con altri movimenti sociali che mettono in questione i modelli capitalisti, patriarcali e omofobici, di società.

MINNA SALAMI, 36enne, Nigeria/Finlandia, Scrittrice e Direttrice di Ms Afropolitan.

Spero quest’anno di vedere più donne che prendano spazio e diano forma ad agende nella sfera geo-politica, in quella socio-economica e nelle nostre vite private. Abbiamo bisogno di più donne nella comunicazione e nel dar forma alla narrazione anche per il bene delle generazioni future. E’ importante che le ragazze e le bambine vedano donne che non hanno paura di dire come la pensano.

JULIETTE MAUGHAN, 33enne, Barbados, Consulente sul genere – Fondatrice di Ev-O!-lution e Co-editrice di Senseisha – Memorie dai Caraibi.

Ho in mente un anno in cui concentrarsi sul fornire alle donne lo spazio per definire e dar forma alla propria sessualità, sul creare una società che sia libera da ogni forma di violenza e in cui le donne abbiamo accesso a prodotti e servizi per le loro necessità di salute sessuale e riproduttiva.

SHEWAGA GEBRE-MICHAEL, 25enne, Etiopia, Coordinatrice comunicazione e raccolta fondi di RECFAM – Fondazione ricerca e consulenza per i migranti africani.

La mia speranza, il mio sogno e la mia aspirazione sono che chiunque comprenda davvero come i diritti delle donne concernano tutti. Dobbiamo tutti capire che non possiamo progredire come persone, come cittadini del mondo mentre neghiamo alle donne la loro umanità e minacciamo il loro diritto ad esistere.

YESICA TRINIDAD, 37enne, Honduras, Coordinatrice Rete Nazionale delle Difensore dei diritti umani.

Sogno il giorno in cui le donne potranno camminare per le strade senza temere per la propria vita. Sogno il giorno in cui le femministe e le difensore dei diritti umani saranno di più di una manciata e diventeranno una forza che si confronta con il patriarcato. Sogno che le donne disimparino i modi in cui la società ci ha insegnato ad avere relazioni l’una con l’altra e che noi si lasci da parte le competizioni che ci consumano.

AXELA ROMERO, 47enne, Messico, Segretaria Iniziativa Donne Mesoamericane Difensore dei diritti umani e Coordinatrice Gruppo di Lavoro per l’Inclusione Sociale.

Auguro a tutte noi donne la riconciliazione con i nostri corpi, così che noi si sia svelte a rispondere quando i nostri corpi chiedono riposo e lentezza e il godere di qualcosa. Mi auguro che noi si abbia cura di noi stesse senza provare sensi di colpa o doverlo giustificare. E mi auguro che nessuna di noi perda la capacità di lasciar sbrigliata la sua immaginazione, perché anche nelle peggiori condizioni il mondo è pieno di bellezza, potenziale e risorse sufficienti per rendere ognuna di noi felice e di valore.

MEGHANA BAHAR, 34enne, Sri Lanka, Specialista Comunicazioni di MUSAWAH.

Nel 2015 vorrei che i movimenti per i diritti delle donne incorporassero pienamente i principi per cui lottano: ciò significa allontanarsi da quelle strutture e sistemi che sostengono il patriarcato e disimparare il condizionamento patriarcale che mantiene le donne bloccate e le rende senza voce.

KHIRA ARAB, 55enne, Marocco, Giornalista – Famille Actuelle Magazine.

La bacchetta magica non ci aiuterà, ma la mobilitazione e la solidarietà lo faranno. Condivido con altre donne marocchine dei sogni per quest’anno: il vedere finalmente l’Agenzia per la parità e la lotta ad ogni forma di discriminazione prevista dalla Costituzione; piena ed eguale partecipazione delle donne alla vita politica ed economica; più uguaglianza in termini di diritti e giustizia; la fine di stupri e assalti di cui le donne soffrono; l’effettiva implementazione di una legge che protegga le donne da ogni forma di violenza e che la lotta contro la violenza di genere sia dichiarata nel 2015 Grande Causa Nazionale.

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“La ragazza più amabile del mondo”, così si chiama uno dei progetti della fotografa, artista ed educatrice Miina Savolainen, finlandese. Il progetto ha coinvolto dieci ragazze dell’orfanatrofio “Casa dei bambini Hyvönen” e ci sono voluti quasi dieci anni per portarlo a termine. L’idea di base era quella di dare fiducia, autorevolezza e potere alle ragazze, nonché la convinzione di Miina che ognuna di loro aveva diritto di sentirsi unica, speciale.

 

Il metodo inventato dalla fotografa viene applicato nell’istruzione, nel lavoro di cura e a scopo terapeutico, anche se non si tratta di “fototerapia”, nel senso che non richiede le abilità professionali di uno psicologo. Nel caso della ricostruzione di legami familiari, ad esempio, le attività sono più ampie di quelle utilizzate nel progetto “La ragazza più amabile del mondo”, e prevedono l’uso di vecchie fotografie di famiglia e di una progressione di nuove immagini scattate allo scopo di esplorare temi, ruoli, storie personali e collettive.

La fotografia di Miina, come lei stessa spiega, ha come fondamento l’eguaglianza: “Il potere inerente nell’atto di fotografare viene smantellato, rimpiazzato dall’interazione e dal dialogo; il potere di testimonianza della fotografia è messo in questione per poter enfatizzare l’esperienza soggettiva. Il soggetto è l’unico titolare della scelta delle immagini che desidera per definire se stesso e la sua vita. Un’immagine apparentemente neutra può portare con sé il dolore più profondo o la gioia più sconfinata.”

Le fanciulle che parteciparono al progetto “La ragazza più amabile del mondo” hanno scelto di preferenza una qualità fiabesca per loro fotografie, quella che permetteva ad ognuna, al di là della sofferenza e della durezza delle loro esistenze quotidiane, di vedersi forte e non ferita. Le immagini colpiscono al primo sguardo proprio per la loro “autenticità”: rivelano il desiderio delle ragazze (un univerale desiderio umano) di essere considerate persone buone, persone che hanno un valore.

“La fotografia può essere d’aiuto nel mostrare alle persone quanto sono importanti, e ciò che esse significano per me.”, dice ancora Miina Savolainen, “Accettare il proprio ritratto è una metafora dell’accettazione della propria personalità. Durante gli anni del progetto si è sviluppato, con le ragazze, un modo di interagire intimo e profondo, e questo è visibile nella qualità di fiduciosa apertura delle immagini. L’infanzia di qualcuno che cresce in un orfanatrofio include i sentimenti di abbandono e di invisibilità, nonché il fardello dei pregiudizi esterni: l’ambientazione fiabesca delle fotografie si contrappone alle storie di vita che ben raramente hanno in se stesse qualcosa di fiabesco. Con l’aiuto di questo mondo-non-quotidiano le giovani si sono sentite autorizzate ad essere viste e a vedere se stesse in modo differente: le fotografie de “La ragazza più amabile del mondo” sono le immagini dell’identità interiore di queste persone.” Maria G. Di Rienzo

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