
Gandhi con le operaie tessili del Lancashire, 26.9.1931
Il 2 ottobre è il Giorno Internazionale della Nonviolenza (giorno di nascita di Gandhi): lo stabilì nel 2007 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite come occasione per “disseminare il messaggio della nonviolenza”, nel desiderio “di assicurare una cultura di pace, tolleranza, comprensione”. Vi andrebbe di fare qualcosa che vada in questa direzione, oggi? Io ho un suggerimento: potreste firmare la petizione che si trova al seguente indirizzo:
http://www.change.org/en-GB/petitions/united-nations-secretary-general-the-ohchr-end-stoning-now
Di che si tratta ve lo faccio spiegare da Emma Batha con alcuni brani di un suo articolo del 29.9.2013 per Thomson Reuters Foundation (trad. Maria G. Di Rienzo):
Due mesi fa, in Pakistan, una giovane madre di due figli è stata lapidata a morte dai suoi parenti, su ordine di un tribunale tribale. Il suo crimine: possedeva un cellulare. Lo zio di Arifa Bibi, i suoi cugini ed altri le hanno tirato addosso pietre e mattoni sino a che è morta. E’ stata sepolta nel deserto, lontana dal villaggio. Sembra che nessuno sia stato arrestato.
Il suo caso non è unico. La lapidazione è legale o praticata in almeno 15 fra paesi e regioni. E gli attivisti temono che questa forma barbarica di esecuzione stia crescendo, in particolar modo in Pakistan, Afghanistan e Iraq. Le attiviste per i diritti delle donne hanno lanciato una campagna internazionale per il bando della lapidazione, che è nella maggioranza dei casi inflitta alle donne accusate di adulterio. Stanno usando Twitter ed altri social media per far pressione sul Segretario generale delle NU Ban Ki-moon affinché denunci la pratica.
“La lapidazione è un castigo crudele e mostruoso: è una forma di tortura a morte.”, dice Naureen Shameem del gruppo internazionale per i diritti umani Women Living Under Muslim Laws (WLUML – Donne che vivono sotto le leggi musulmane), “E’ una della forme più brutali della violenza perpetrata contro le donne al fine di controllare e punire la loro sessualità e le loro libertà basilari.” Aggiunge che le attiviste intendono spingere le NU ad adottare una risoluzione sulla lapidazione, simile a quella passata lo scorso anno sullo sradicamento delle mutilazioni genitali femminili, un altro tipo di violenza contro le donne spesso giustificato con motivazioni religiose e culturali.
La lapidazione non è legale nella maggioranza dei paesi musulmani e non vi è menzione di essa nel Corano, ma i suoi sostenitori controbattono che è legittimata dagli Hadith, le azioni e i detti del Profeta Maometto. La lapidazione è indicata come punizione specifica per l’adulterio in molte interpretazioni della “sharia” o legge islamica. In alcune circostanze, anche una donna che denunci l’essere stata stuprata può essere vista come rea confessa di “zina”, o sesso fuori dal matrimonio. In uno dei casi citati da Shameem, una ragazza somala tredicenne, Aisha Ibrahim Duhulow, è stata seppellita sino al collo e lapidata da 50 uomini di fronte ad un pubblico di 1.000 persone, in uno stadio a Kismayu nel 2008. Suo padre ha testimoniato ad Amnesty International che la ragazza era stata violentata da tre uomini, ma che era stata accusata di adulterio quando aveva denunciato lo stupro alla milizia al-Shabaab che controlla la città.
L’Iran ha il più alto tasso di esecuzioni per lapidazione e attualmente vi sono in prigione 11 persone condannate ad essa, secondo l’avvocata iraniana e attivista per i diritti umani Shadi Sadr. L’avvocata, che è stata rappresentante legale di cinque persone condannate alla lapidazione, dice che l’Iran esegue queste sentenze in segreto, nelle carceri, nel deserto o al mattino presto nei cimiteri: “La pressione dall’esterno dell’Iran aiuta sempre. La repubblica islamica pretende di non curarsi della propria reputazione, ma in effetti se ne cura e come.”

La lapidazione è un castigo legale per l’adulterio in Mauritania, in un terzo dei 36 stati nigeriani, in Pakistan, Qatar, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, Emirati Arabi Uniti e Yemen. In alcuni paesi, come la Mauritania ed il Qatar, la lapidazione resta legale anche se non mai stata usata, ma in altri paesi come l’Afghanistan e l’Iraq, dove è illegale, viene praticata in modo extragiudiziale da leader tribali, militanti, eccetera. “In Afghanistan”, spiega Naureen Shameem, avvocata per i diritti umani di WLUML che sta coordinando la campagna contro la lapidazione, “i signori della guerra stanno manipolando la religione per terrorizzare davvero la popolazione, per i loro scopi politici: la lapidazione è uno dei mezzi che stanno usando.” L’anno scorso, la 21enne Najiba è stata lapidata di fronte ad un centinaio di uomini esultanti, dopo che i signori della guerra della provincia afgana di Parwan l’avevano accusata di “crimini morali”. Uno degli uomini ha filmato la lapidazione, che è visibile su internet. Shameem dice che il caso di Najiba fa chiarezza su quale livello di impunità esista. (…) La petizione contro la lapidazione sarà presentata al Segretario generale e all’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite il 25 novembre prossimo – Giorno internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: al momento, ha circa 9.000 firme (Ndt: il 1° ottobre aveva oltrepassato tale cifra).
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