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Posts Tagged ‘emirati arabi uniti’

Gli Emirati Arabi Uniti hanno, come tutte le nazioni al mondo – chi più chi meno, alcuni problemi nel garantire diritti umani alla cittadinanza. Le torture inflitte ai detenuti, le grossolane ingiustizie a danno dei lavoratori e delle lavoratrici stranieri/e e la discriminazione di genere hanno indotto l’anno scorso l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite a rendere note le proprie preoccupazioni al proposito. L’ultima istanza non è legalmente considerata discriminazione: le donne degli Emirati hanno ancora bisogno del permesso di un uomo per sposarsi e quando sono sposate il marito ha facoltà di proibire loro di lavorare all’esterno della casa e di limitare la loro libertà di movimento; alcune forme di violenza domestica non sono sanzionate per legge, così come non è sanzionato lo stupro all’interno del matrimonio.

In questo contesto, il governo ha la faccia tosta di indire premi per l’Indice del Bilanciamento di Genere diretti ai suoi dipartimenti che meglio hanno realizzato obiettivi di “partecipazione” femminile. Com’è visibile dalla foto – e com’è ovvio – i premiati sono tutti uomini.

premiati

Il vice Primo Ministro nonché Ministro dell’Interno, sceicco Saif bin Zayed Al Nahyan è stato premiato per i suoi sforzi nell’introdurre il congedo di maternità nell’esercito degli Emirati; i meriti degli altri personaggi sono meno chiari (miglior ente governativo, miglior autorità federale, miglior iniziativa): si tratta comunque del vice governatore di Dubai nonché Ministro delle Finanze, sceicco Hamdan bin Rashid Al Maktoum (anche sua moglie ha ricevuto un “riconoscimento”, per quanto non degno di premiazione pubblica), del Ministro per le Risorse Umane e l’Emiratizzazione (ignoro cosa comporti l’ultima qualifica) Nasser bin Thani al-Hamli e del direttore generale dell’Autorità su Competitività e Statistiche Abdulla Nasser Lootah.

L’immagine sopra è circolata diffusamente sui social media con commenti di questo tipo:

“Mi dispiace di dover essere quella che ve lo dice, ma avete dimenticato di invitare le DONNE.” – Rianne Meijer, blogger olandese.

“Mashallah (ndt. “Come dio ha voluto”, qui ironico), grande vittoria per il bilanciamento di genere.” – Hayder al-Khoei, analista su questioni mediorientali.

“Ve lo giuro, non è satira.” – Joey Ayoub, blogger libanese.

“Wow, hanno davvero rappresentato perfettamente le differenze. Uno dei tipi era vestito di grigio.” – Tim Binnington, co-fondatore e presidente di “Sovereign Land Ltd.”

Maria G. Di Rienzo

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1 – Abbiate cura degli uomini. Se siete una donna e vi state dirigendo verso una porta assieme ad un uomo, e ci arrivate prima di lui, per carità: NON tenetela aperta per lasciarlo passare. La ricerca (Purdue University) attesta che ciò abbassa la sua autostima e la sua fiducia in se stesso. Sbattetegli la porta in faccia senza rimorsi, non siete una maleducata, state avendo cura di lui. Tenergli la porta aperta può spingere un uomo a vergognarsi di se stesso e alla disperazione, e svirilizzarlo al punto che non si riconoscerà più come maschio.

Tenete conto che, sempre secondo la ricerca (Journal of Personality and Social Psychology) lo stesso devastante risultato si ottiene quando un uomo viene a sapere che sua moglie o la sua ragazza hanno conseguito un successo: non che questa donna abbia fatto qualcosa meglio di lui, ha solo fatto qualcosa molto bene. Come nel primo caso, autostima, virilità ecc. vanno a picco. Può esservi difficile nascondere al vostro compagno di esservi laureata con lode, di aver vinto l’oro alle Olimpiadi o di essere stata assunta al Cern, ma almeno cercate di non dirgli che quella torta squisita l’avete proprio fatta voi, mentite a fin di bene assicurandogli di averla comprata o di averla ricevuta in dono.

torta drago

2 – Ascoltate i saggi. Se siete musulmane/i, non andate su Marte. E’ semplicissimo. Lo vieta con un editto “religioso” l’Autorità generale per gli Affari Islamici degli Emirati Arabi Uniti. Perché? Perché prima di voi, l’esploratore marocchino Ibn Battuta se ne andò in giro per Russia, Afghanistan, Filippine e Maldive, ma morì giovane (1325-1355). Voi invece volete vivere a lungo, non è vero? Perciò, cancellate subito la prenotazione che avevate fatto per il Mars-ferry di sabato prossimo.

3 – Fate uno sforzo per nascere nella famiglia giusta. Un altro studio riportato dal New York Times il 21 febbraio u.s. dice che la genetica e la ricchezza sono correlate, tramite il cognome. Si può dire se sarai miserabile o benestante già dando un’occhiata ai tuoi bis-bis-bis-nonni. “Siamo arrivati a questa conclusione esaminando ingenti quantità di dati sui cognomi (…) i cognomi associati alle famiglie elitarie di molte generazioni fa sono ancora sproporzionatamente presenti fra le élite di oggi. La nozione della trasmissione genetica della “competenza sociale” – volontà e abilità – può infastidirci, ma gli studi sui bambini adottati mostrano che i loro QI sono più legati ai genitori biologici ecc. ecc.” (come se c’entrasse qualcosa)

Comunque, ecco qua: se nel vostro albero genealogico non si riesce a risalire ad un Plantageneto, o se di cognome non fate Rockfeller o Agnelli, le cose non si mettono bene, neppure se riuscite a farvi adottare da uno di essi o a sposare un figlio di Berlusconi (la figlia non conta, perché non potete assumerne il cognome con il matrimonio). I ricercatori hanno omesso di notare il trascurabile particolare che assieme al cognome questa gente non eredita solo geni, ma tenute, castelli, relazioni di potere, patrimoni finanziari, parchi macchine e parchi giochi e dozzine di ville in Sardegna. Chiamala pure “competenza sociale”, caro scienziato, e poi mettiti il cappellino con l’elica.

4 – Care donne, rendetevi conto che una gravidanza comporta la vostra cancellazione come esseri umani. Fatevene una ragione. Sul serio. Non passa giorno senza che un religioso, un politico, uno scienziato, un opinionista, un beota qualsiasi vi definisca “entità/organismo ospitante” di un vero essere umano titolare di diritti e quant’altro. Su, un po’ di buona volontà e riconoscete di non essere, non valere, non contare nulla. E’ quanto una buona incubatrice deve fare.

personhood

5 – Non preoccupatevi. Isotopi radioattivi di cesio, provenienti dal disastro nucleare di Fukushima, sono arrivati alle acque costiere del Canada. I cervelloni riuniti ad Honolulu il 25 febbraio u.s., hanno però detto che: a) la concentrazione è bassa e anche se doveste berla, quest’acqua radioattiva, non ci sono problemi; b) niente è ancora arrivato alle coste statunitensi. Be’, se non è un sollievo questo…

6 – Il quadro suddetto è dipinto di scienza affidabile, buona politica, santa religione. Questa è la Terra, amen. Se il biglietto per il Mars-ferry è ancora disponibile, però, lo prendo io. Maria G. Di Rienzo

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Gandhi con le operaie tessili del Lancashire, 26.9.1931

Gandhi con le operaie tessili del Lancashire, 26.9.1931

Il 2 ottobre è il Giorno Internazionale della Nonviolenza (giorno di nascita di Gandhi): lo stabilì nel 2007 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite come occasione per “disseminare il messaggio della nonviolenza”, nel desiderio “di assicurare una cultura di pace, tolleranza, comprensione”. Vi andrebbe di fare qualcosa che vada in questa direzione, oggi? Io ho un suggerimento: potreste firmare la petizione che si trova al seguente indirizzo:

http://www.change.org/en-GB/petitions/united-nations-secretary-general-the-ohchr-end-stoning-now

Di che si tratta ve lo faccio spiegare da Emma Batha con alcuni brani di un suo articolo del 29.9.2013 per Thomson Reuters Foundation (trad. Maria G. Di Rienzo):

Due mesi fa, in Pakistan, una giovane madre di due figli è stata lapidata a morte dai suoi parenti, su ordine di un tribunale tribale. Il suo crimine: possedeva un cellulare. Lo zio di Arifa Bibi, i suoi cugini ed altri le hanno tirato addosso pietre e mattoni sino a che è morta. E’ stata sepolta nel deserto, lontana dal villaggio. Sembra che nessuno sia stato arrestato.

Il suo caso non è unico. La lapidazione è legale o praticata in almeno 15 fra paesi e regioni. E gli attivisti temono che questa forma barbarica di esecuzione stia crescendo, in particolar modo in Pakistan, Afghanistan e Iraq. Le attiviste per i diritti delle donne hanno lanciato una campagna internazionale per il bando della lapidazione, che è nella maggioranza dei casi inflitta alle donne accusate di adulterio. Stanno usando Twitter ed altri social media per far pressione sul Segretario generale delle NU Ban Ki-moon affinché denunci la pratica.

“La lapidazione è un castigo crudele e mostruoso: è una forma di tortura a morte.”, dice Naureen Shameem del gruppo internazionale per i diritti umani Women Living Under Muslim Laws (WLUML – Donne che vivono sotto le leggi musulmane), “E’ una della forme più brutali della violenza perpetrata contro le donne al fine di controllare e punire la loro sessualità e le loro libertà basilari.” Aggiunge che le attiviste intendono spingere le NU ad adottare una risoluzione sulla lapidazione, simile a quella passata lo scorso anno sullo sradicamento delle mutilazioni genitali femminili, un altro tipo di violenza contro le donne spesso giustificato con motivazioni religiose e culturali.

La lapidazione non è legale nella maggioranza dei paesi musulmani e non vi è menzione di essa nel Corano, ma i suoi sostenitori controbattono che è legittimata dagli Hadith, le azioni e i detti del Profeta Maometto. La lapidazione è indicata come punizione specifica per l’adulterio in molte interpretazioni della “sharia” o legge islamica. In alcune circostanze, anche una donna che denunci l’essere stata stuprata può essere vista come rea confessa di “zina”, o sesso fuori dal matrimonio. In uno dei casi citati da Shameem, una ragazza somala tredicenne, Aisha Ibrahim Duhulow, è stata seppellita sino al collo e lapidata da 50 uomini di fronte ad un pubblico di 1.000 persone, in uno stadio a Kismayu nel 2008. Suo padre ha testimoniato ad Amnesty International che la ragazza era stata violentata da tre uomini, ma che era stata accusata di adulterio quando aveva denunciato lo stupro alla milizia al-Shabaab che controlla la città.

L’Iran ha il più alto tasso di esecuzioni per lapidazione e attualmente vi sono in prigione 11 persone condannate ad essa, secondo l’avvocata iraniana e attivista per i diritti umani Shadi Sadr. L’avvocata, che è stata rappresentante legale di cinque persone condannate alla lapidazione, dice che l’Iran esegue queste sentenze in segreto, nelle carceri, nel deserto o al mattino presto nei cimiteri: “La pressione dall’esterno dell’Iran aiuta sempre. La repubblica islamica pretende di non curarsi della propria reputazione, ma in effetti se ne cura e come.”

dimostranti iraniane

La lapidazione è un castigo legale per l’adulterio in Mauritania, in un terzo dei 36 stati nigeriani, in Pakistan, Qatar, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, Emirati Arabi Uniti e Yemen. In alcuni paesi, come la Mauritania ed il Qatar, la lapidazione resta legale anche se non mai stata usata, ma in altri paesi come l’Afghanistan e l’Iraq, dove è illegale, viene praticata in modo extragiudiziale da leader tribali, militanti, eccetera. “In Afghanistan”, spiega Naureen Shameem, avvocata per i diritti umani di WLUML che sta coordinando la campagna contro la lapidazione, “i signori della guerra stanno manipolando la religione per terrorizzare davvero la popolazione, per i loro scopi politici: la lapidazione è uno dei mezzi che stanno usando.” L’anno scorso, la 21enne Najiba è stata lapidata di fronte ad un centinaio di uomini esultanti, dopo che i signori della guerra della provincia afgana di Parwan l’avevano accusata di “crimini morali”. Uno degli uomini ha filmato la lapidazione, che è visibile su internet. Shameem dice che il caso di Najiba fa chiarezza su quale livello di impunità esista. (…) La petizione contro la lapidazione sarà presentata al Segretario generale e all’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite il 25 novembre prossimo – Giorno internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: al momento, ha circa 9.000 firme (Ndt: il 1° ottobre aveva oltrepassato tale cifra).

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