(“Meno madri muoiono grazie ad una legge modello”, articolo di Gonzalo Ortiz per International Press Service – IPS, 4.5.2010, trad. M.G. Di Rienzo)
LATACUNGA, Ecuador. La diciassettenne Miriam Toaquiza è l’unica paziente nel reparto maternità per adolescenti dell’ospedale pubblico di questa città andina. Accanto a lei nel letto c’è Jennifer, la sua bimba appena nata. Miriam è rilassata e sorridente, anche se deve restare in ospedale più tempo di quel che si aspettava a causa di una complicazione post parto.
“Ti stanno trattando bene?”, le chiede Julio Guerrero. “Sì.”, replica lei. “Hai dovuto pagare per le medicine, o per qualsiasi altra cosa ti abbiano dato?”, continua Guerrero. “No, è tutto gratis, grazie al programma per la libera maternità.”, dice lei allegramente.
IPS era presente a questa scena, cento chilometri a sud di Quito, la capitale della provincia di Cotopaxi, una delle più povere del paese. Nelle valli fra la catena delle montagne andine che circondano la città, 2.800 metri sopra il livello del mare, si producono fiori e broccoli per l’esportazione, e ciò provvede un alto tasso di occupazione. Ma più in alto, sulle montagne, le comunità indigene di parlanti Quechua, marginalizzate per secoli, stentano la vita su piccoli appezzamenti di terra erosa.
Miriam Toaquiza, che parla perfettamente sia Quechua sia Spagnolo, vive in una di queste comunità, nel cantone di Saquisilí, dove il 68% della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, un tasso di povertà del 20% più alto della media provinciale. Guerrero è il presidente del “Comitato degli utenti locali”, stabilito dalla “Legge per la libera maternità e la cura del bambino”, che fu approvata nel 1994 e codificata nel 2006 per armonizzare le leggi interne ai suoi scopi, rinforzare i regolamenti ed i programmi esistenti e renderla finanziariamente autonoma.
Come risultato, l’Ecuador ha conseguito un significativo declino della mortalità materna, e le agenzie delle Nazioni Unite fanno riferimento alla sua legge come ad un modello per gli altri paesi latinoamericani dove le morti delle donne in travaglio e nell’immediato periodo post-parto sono stazionarie o crescenti.
A Quito, Veronica Rocha, a capo dello sviluppo istituzionale del programma “Libera maternità” ha detto ad IPS che la legge: “finanzia medicinali, materiali, vitamine e minerali, provviste, test di laboratorio, per le donne incinte durante il travaglio e nel periodo post-natale, e per i bambini sino ai cinque anni.” Lo staff del Ministero per la Salute, i suoi locali ed il suo equipaggiamento fanno parte del programma. I risultati ottenuti sono da ascrivere “all’intero sistema della sanità pubblica”, ha detto Veronica Rocha.
Negli anni ’70, il tasso medio annuale della mortalità materna in Ecuador era di 188 ogni 100.000 nati vivi; tasso che cadde a 142 negli anni ’80, a 75 negli anni ’90 e infine ad una media di 55 nel periodo 2001-2007 secondo le statistiche internazionali accreditate. Il tasso medio della mortalità materna in America Latina era di 130 decessi ogni 100.000 nati vivi nel 2007. Le organizzioni internazionali ed i gruppi femminili avvisano che la percentuale si sta riducendo lentamente o per nulla.
Il principio che sta dietro alla legge ecuadoriana è semplice. Ogni donna ha diritto a cure sanitarie gratuite e di qualità durante la gravidanza, il parto ed il periodo post-parto, così come all’accesso a programmi di salute sessuale e riproduttiva, recita il primo articolo. Eulalia Salinas, la segretaria del “Comitato degli utenti locali” di Latacunga, sostiene che i training tenuti ai gruppi comunitari e la loro responsabilità di supervisione sono la chiave del successo della legge. Essa prevede che si crei un Comitato in ognuno dei 221 cantoni in cui sono suddivise le 24 province del paese. Tuttavia, ad oggi ce sono solo 59. Eulalia Salinas è felice che ci siano stati solo due decessi materni nella provincia di Cotopaxi nel 2009, a confronto dei 33 di quattro anni orsono.
“Il nostro Comitato si è formato nel 2004, grazie al lavoro del “Corpo di coordinamento politico delle donne”. Questa organizzazione non governativa ha fomentato la creazione dei comitati,” racconta Salinas, “i quali sino ad allora erano lettera morta, affinché noi potessimo reclamare i nostri diritti. Lavoriamo su base volontaria per assicurarci che i fondi previsti per legge siano usati effettivamente nel programma per la libera maternità, e che le donne e i bambini ricevano un trattamento di alto livello, che abbia anche del calore umano.”
I Comitati hanno avuto successo nel ridurre i maltrattamenti verso le donne e la discriminazione dai toni razzisti. “Prima, i medici ci trattavano male. Quando stavamo partorendo loro ci gridavano: Tu sporca indiana, hai aperto le gambe quando ti andava, cos’hai da urlare adessso, stai zitta!”, dice Giovanna Alvarez, presidente del “Comitato degli utenti locali” di Saquisilí, nel cantone di Toaquiza. Questo cantone è quello che ha registrato maggiori progressi verso “una nascita umanizzata”. Le madri possono avere accanto una persona di loro scelta durante il travaglio, possono avere tè di erbe prima che esso inizi, e possono scegliere per partorire la posizione che preferiscono. Tutte queste cose sono proibite negli altri ospedali, ma a Saquisilí hanno dovuto essere accettate a causa delle pressioni fatte dalle donne indigene, che le considerano un segno di rispetto per i loro costumi tradizionali.
“Precedentemente, la comodità del medico era quella che veniva per prima. Lui sedeva di fronte alla donna in travaglio, che giaceva orizzontalmente con le gambe spalancante sorrette da sostegni metallici, una posizione del tutto innaturale. Il modo naturale è che la donna sia in piedi o accovacciata, perché la forza di gravità aiuta il bambino a nascere.”, spiega Eulalia Salinas.
Il modello centrato sui bisogni della madre, e non su quelli del medico o della levatrice, sarà esteso in tutto il paese, ed ogni incoraggiamento possibile sarà dato alle madri affinché partoriscano nelle cliniche. “La grande maggioranza delle morti materne accade quando le donne partoriscono in casa in condizioni inadeguate.”, conclude Giovanna Alvarez.
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