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Mphatheleni Makaulule

Mphatheleni (detta Mphathe) Makaulule, sudafricana, è la fondatrice della “Mupo Foundation” e l’organizzatrice chiave delle donne riunite sotto la sigla “Dzomo la Mupo – La Voce della Terra”: come spiega lei stessa, il significato di mupo (che si traduce come “Terra”) è “la naturale creazione dell’universo che dà spazio a ogni essere sul pianeta”.

Da anni, nella provincia di Limpopo, queste donne organizzano campagne per la protezione del loro ambiente, che vanno dall’opposizione alle attività della compagnia mineraria australiana “Coal of Africa” alla registrazione legale delle foreste come aree protette. Il gruppo fa parte della Rete Africana per la Biodiversità.

Mphathe crede che la distruzione delle foreste sia inestricabilmente legata alla distruzione di valori, cultura e futuro. Ecco perché: “Il sapere indigeno è nelle mie vene. Mio padre, mia madre, mia nonna, mi hanno insegnato condividendo le loro storie anche mentre lavoravamo insieme nei campi. Lavorando la terra ho appreso la conoscenza dei semi e dei sistemi alimentari e ho così tanti anziani e anziane attorno me a istruirmi, io li chiamo le mie “librerie viventi”, sono i miei migliori amici. Quando ho cominciato a difendere la spiritualità indigena, le donne e l’ambiente tramite la Fondazione Mupo ho incontrato anziane/i della Colombia, dell’Etiopia, del Kenya e ho imparato molto anche da loro. Se la conoscenza non ha agganci con le generazioni più giovani, si dissipa.

Ognuna e ognuno di noi si origina nella via della Madre Terra. In questa via, le donne sono i veri semi. Sono le donne che raccolgono, selezionano, immagazzinano e piantano semi. I nostri semi vengono dalle nostre madri e dalle nostre nonne. Per noi, il seme è il simbolo della continuità della vita. I semi non hanno a che fare solo con i raccolti. Il seme concerne il suolo, l’acqua, la foresta.

Quando piantiamo i nostri semi, non lo facciamo comunque e dovunque. I nostri anziani ci hanno insegnato il calendario ecologico. Il seme segue il suo naturale flusso ecologico. Quando crea un altro seme, questo viene piantato e il ciclo continua. Se tagli il ciclo del seme, tagli il ciclo della vita. Noi non riusciamo a capire come qualcosa di geneticamente modificato o trattato chimicamente possa essere chiamato “seme” se non è in grado di dar continuità al ciclo della vita.

seed woman di pawel-jonka

Io vivo in un ambiente fatto di montagne, fitte foreste e terra fertile. Le attività minerarie stanno minacciando ingiustamente la nostra acqua, il nostro suolo, le montagne, i semi e la sovranità alimentare. Il governo sta permettendo scavi sul nostro territorio e nelle montagne, incluse aree tropicali con buona terra e acqua pulita. E l’agricoltura commerciale ha contribuito a cacciare l’agricoltura tradizionale, perché guarda solo al denaro come prodotto finale: i semi dipendono da sostanze chimiche e non crescono secondo il ritmo ecologico naturale. Semi “chimici” e fertilizzanti rendono il suolo secco come una crosta. Il nostro terreno è danneggiato e inaridito. I nostri semi naturali non riescono a crescere in questo terreno.

Quando il suolo è danneggiato e la foresta non porta più frutti, le prime a soffrirne sono le donne. In Africa, la maggioranza delle donne non ha un impiego. Il nostro guadagno viene dalla terra dove possiamo far crescere il cibo, dalla foresta dove raccogliamo frutti organici, dal rivo e dal fiume dove raccogliamo acqua pulita e pura. A livello globale, le donne che non hanno un impiego e non sono istruite stanno sperimentando il problema del non poter più crescere il cibo che mangiano, come avevano fatto da generazioni.

Ora, le persone dipendono solo dai mercati, per il cibo che mangiano, perché i campi non producono più cibo naturale e loro devono comprare tutto, semi inclusi, il che dà come risultato fame e povertà. La gente non tocca più la terra per avere cibo: trovano lo stesso pacchetto congelato sullo stesso scaffale in ogni stagione. Noi donne che seguiamo la conoscenza indigena sappiamo bene che il cibo ha effetti sulla salute. Abbiamo bisogno di varietà in quel che mangiamo. Non poter trovare i nostri cibi naturali, stagionali, peggiora la salute delle nostre famiglie.

Quando i bambini e i familiari sono malati, le prime a soffrirne sono le donne. Le donne non trovano più le erbe medicinali nella foresta, perché gli alberi sono stati tagliati e il terreno non fa crescere i semi da cui dovrebbero germogliare le piante che ci servono per guarire.

L’alternativa è riportare il ruolo di semi alle donne. Le giovani e le bambine devono ricollegarsi al suolo e ai campi delle nostre nonne, alle foreste vicine alle nostre case e ai semi locali indigeni. Le donne sono l’alternativa. Dobbiamo rivitalizzare i nostri metodi e le nostre tecniche tramite la permacultura o l’agroecologia. Anche se il terreno è stato danneggiato da fertilizzanti e semi geneticamente modificati, c’è l’opportunità di ricostruire, compostare e lavorare il terreno sino a che divenga vivo di nuovo.

Le donne di “Dzomo la Mupo” si stanno portando a casa la sovranità alimentare. Nei nostri orti e nei nostri campi, noi insegniamo ai bambini che il cibo viene dal suolo, non dagli scaffali del supermercato. Le donne conoscono il calendario ecologico e le stagioni per piantare, quando selezionare i semi e quali semi produrranno cibo. Questo è sapere di donne in tutto il mondo. Quale futuro può esserci, se noi ci arrendiamo? Se non parliamo di questo noi donne, chi capirà?

Noi siamo quelle che difenderanno le restanti foreste indigene dalla distruzione.” (trad. Maria G. Di Rienzo)

Dzomo la Mupo

Le donne di “Dzomo la Mupo” riunite prima di una marcia di protesta.

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(tratto da: “Women Farmers In Chile To Teach The Region Agroecology”, un più ampio articolo di Marianela Jarroud, per Tierramérica Network, 10 gennaio 2014, trad. Maria G. Di Rienzo.)

Per anni, l’Associazione nazionale delle donne rurali ed indigene (ANAMURI) ha addestrato migliaia di persone tramite La Vía Campesina, il movimento contadino internazionale, basandosi sulla sovranità alimentare, che afferma il diritto del popolo di definire il proprio sistema alimentare. Ma oggi sta lavorando al suo progetto più ambizioso.

L’Istituto di Agroecologia per le donne rurali (IALA) sarà il primo in America Latina a rivolgersi solo alle donne. Sta prendendo forma nella città di Auquinco – che si può rozzamente tradurre come “Il suono dell’acqua” – nel distretto di Chépica, 180 km a sud di Santiago. Le sessioni di addestramento sono già cominciate, anche se l’edificio non è ancora pronto.

Non stiamo lavorando ad un sogno, ma a una sfida.”, ha detto la direttrice internazionale di ANAMURI, Francisca Rodríguez, che dirigerà IALA, a Tierramérica. Il progetto ha un cuore politico: “produzione di cibo per risolvere il problema della fame.”

francisca rodriguez

E’ essenziale trovare modi che rendano possibile, per noi, il continuare a sopravvivere ed esistere come importante segmento dell’agricoltura nel mezzo del forte attacco ai campesinos, il che riguarda i settori produttivi ma anche i modelli di consumo. IALA si concentra sul difendere l’agricoltura familiare dei campesinos.”, ha aggiunto Francisca Rodríguez: è uno sforzo per unirsi al “grande scopo” degli Istituti di Agroecologia dell’America Latina, da cui prende il suo acronimo.

Questi progetti hanno avuto inizio in Venezuela, dove si sono diplomati i primi agronomi, tutti figli di famiglie di campesinos. Gli istituti IALA si sono poi replicati in Brasile e Paraguay, così come in Ecuador e nel resto della regione andina. L’ultimo loro grande successo è stata l’apertura in Argentina, nell’aprile 2013, dell’Università SURI Campesino.

E’ importante per noi avere professionisti nel campo dell’agricoltura, come aiuto per raggiungere la sovranità alimentare, e per continuare su questa strada che richiede specialisti provenienti dalla terra stessa. Nessuno meglio dei campesinos può sentire la necessità di continuare a sviluppare l’agricoltura, che è al servizio dell’umanità.”, dice Rodríguez. Aggiunge anche che in ANAMURI “noi capiamo di che tipo di sfida si tratta” e che mentre l’istituto si concentrerà all’inizio sulle donne del cono sud del Sudamerica, più tardi potrebbe espandersi per includere uomini.

Ad Auquinco, l’Associazione nazionale delle donne rurali e indigene ha appena un ettaro di terra e una grande casa dove staranno le studentesse, comprata per soli 23.000 dollari. Il prezzo era basso, spiegano, perché una coppia di esiliati durante la dittatura cilena del 1973 – 1990, una volta tornata nel paese ha deciso di vendere la la propria casa e la propria terra alle donne, di modo che potessero fare un buon lavoro. A causa dei danni che la proprietà ha sofferto durante il terremoto del febbraio 2010, la grande casa rurale necessità di riparazioni estese, che cominceranno prima possibile, dice la direttrice dell’organizzazione per ANAMURI Alicia Muñoz: “Durante quest’estate (emisfero sud del pianeta), organizzeremo gruppi di volontari per aiutarci e mettere a posto edificio e terreni, così entrambi non perderanno il loro carattere originario. Il nostro sogno è avere un Istituto per la conservazione di quel tipo di agricoltura che le donne sanno fare, che è davvero affidabile dal punto di vista della salute e della nutrizione.”

alicia

Nella storia dell’agricoltura cilena, gli uomini hanno sempre dominato la scena, “con le donne relegate alla sfera domestica, alla lavorazione del cibo, alla cura della casa e all’allevamento di piccoli animali”, ha detto a Tierramérica l’antropologo Juan Carlos Skewes, “Ma il loro contributo, a mio avviso fondamentale, al lavoro agricolo e al progetto di sviluppo alternativo, che è l’orto, è stato dimenticato. Ogni appezzamento di vegetali, ogni pratica agricola delle famiglie campesine comprende la biodiversità, la conservazione del materiale genetico, la possibilità di riprodurre sementi e l’uso migliore delle risorse locali.” Skewes, direttore della Scuola di Antropologia all’Università Alberto Hurtado, ha aggiunto che: “C’è anche la questione del miglior coordinamento delle risorse, l’autosufficienza e il rafforzamento delle economie locali. Per cui, facendo il riassunto, ci sono progetti autonomi, capacità di auto-organizzazione, produzione autonoma sostenibile, maneggio di materiali non modificati geneticamente, e c’è la possibilità di rispondere, resistere e sfidare i processi industriali nell’agrobusiness e nell’industria che lavora il cibo. Le giocatrici chiavi sono le povere donne rurali, organizzate nella protezione dei semi per loro proprio uso e l’uso sostenibile dell’agricoltura.”

Per le donne di ANAMURI, il nuovo anno è pieno di speranza. Le partecipanti hanno fiducia che il nuovo governo, con a capo una donna socialista, la presidente Michelle Bachelet, aprirà loro le porte e rafforzerà il loro lavoro. Hanno anche fiducia di ricevere il sostegno delle Nazioni Unite, che hanno dichiarato il 2014 l’Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare.

Molte persone stanno tornando in campagna”, dice Francisca Rodríguez, “perciò c’è speranza. Noi sappiamo di star aiutando a rafforzare il paese, qui, sul nostro piccolo pezzo di terra ad Auquinco.”

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