“Io tua figlia la sbatto e la stupro quando voglio, tu non mi puoi fare niente perché sono minorenne, non mi puoi toccare, faccio quello che mi pare perché non sono punibile”.
Così, riporta la stampa in questi giorni, in quel di Perugia un ragazzino avrebbe risposto al padre della 13enne che molestava da tempo mediante “una pesantissima serie di apprezzamenti, inviti e ricostruzioni a sfondo sessuale”. Di sfuggita, vorrei far notare a giornalisti e non che gli “apprezzamenti” in genere non inducono disagio e malessere nella persona che li riceve ne’ riducono la stessa a tette-culo-cosce a cui fare questo e quello: perciò, smettete di chiamare le molestie sessuali “apprezzamenti”, grazie.
La vicenda finisce in cronaca perché il giovanissimo sedicente “stupratore in fieri” ha denunciato il padre della sua vittima per lesioni e minacce, l’uomo nega di averlo malmenato e parla di ritorsione da parte del ragazzo, ma questa è ormai materia per i tribunali e non più di mia competenza. I giornali non specificano l’età dello stalker, tuttavia se è stato in grado di presentare una querela personalmente deve avere almeno compiuto 14 anni (art. 120 del Codice Penale).
Di fianco a questa notizia si può leggerne un’altra che riguarda un ragazzino di Novellara (Reggio Emilia) ancora più giovane:
“Aiuto, papà vuole uccidere mamma: 12enne chiama i carabinieri e fa arrestare il genitore. (…)
Le indagini hanno rivelato che l’uomo, dal 2013, sottoponeva a costanti vessazioni fisiche e morali la moglie 35enne, sistematicamente insultata, minacciata anche mostrandole un ascia, e picchiata con pugni, schiaffi e calci anche di notte per impedirle di prendere sonno (…) arrivando a costringerla con violenza e minaccia a subire atti sessuali completi persino davanti ai figli minori”. Papà, tra l’altro, sventolava l’ascia anche di fronte al dodicenne, tanto per fargli capire a cosa si va incontro quando un UOMO a tutte maiuscole è contrariato.
L’Italia, oltre ad avere un’immeritata fama di Paese in cui “guai a toccare i bambini”, ha firmato dozzine di convenzioni e protocolli internazionali riguardanti la tutela dei minori, ha istituito dal 2011 un’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza e nel luglio scorso financo una “Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori”. Sono convinta che la maggior parte delle persone che lavorano nell’ambito siano competenti in svariate discipline, sinceramente interessati al benessere dell’infanzia e svolgano il loro lavoro con coscienza: sono meno convinta che sappiano riconoscere il peso che stereotipi e discriminazioni di genere hanno nel creare e mantenere in essere la violenza.
Lo “stalkerino” di Perugia sembra avere in mente un quadro assai chiaro per cui le donne sono fatte per essere sbattute e stuprate. Non distingue la violenza dal sesso. Il fatto che gli assalti sessuali siano reati è solo una seccante convenzione sociale che comunque lui, per il momento, è in grado di ignorare bellamente. Non è unico e speciale in tale atteggiamento: una marea di suoi coetanei la pensa allo stesso modo ed esprime con larghezza sui social media convincimenti identici o similari. Questi sono comportamenti appresi, non inclinazioni naturali, e io non vedo nulla all’opera per contrastare le condizioni in cui essi si formano: cioè, non percepisco da parte delle istituzioni alcun tentativo per rompere con la visione patriarcale del rapporto tra i sessi – il quale, come è evidente nella vicenda del ragazzino di Novellara, fa malissimo alle femmine tutte ma non omette di ferire gravemente un bel numero di maschi.
Adesso immaginate i due adolescenti di fronte a una terza notizia in cronaca negli stessi giorni:
“21 ottobre 2019 – Coccaglio, Brescia: Prende a martellate moglie e figlia, patteggia e torna a vivere accanto a loro. (…) L’uomo ha patteggiato una condanna a quattro anni e sei mesi per tentato omicidio. In giornata lascerà anche il carcere per poter tornare ad abitare nella palazzina della famiglia. Non risiederà nella stesso appartamento di moglie e figlia, che potrà però liberamente incontrare, ma in un’abitazione al piano inferiore.” Il tentato omicidio risale alla scorsa estate.
Perugia: Se dopo averla sbattuta e stuprata tenti di ucciderla, non è una cosa grave. Puoi uscire dal carcere in un paio di mesi. Se la ammazzi sul serio magari qualcosa di più, 6 mesi, un anno? Se resta viva puoi persino continuare a stare con lei o molto vicino a lei… Pensa a come si cagherà addosso, la stronza. E’ ovvio, le donne sono fatte per nostro uso e consumo, non dobbiamo loro alcun rispetto, sono meno che umane.
Novellara: Ma allora a cosa serve chiamare la polizia, chiedere giustizia o risarcimento? Che valore hanno il dolore di mia madre, il mio, quello dei miei fratellini? A mio padre sarà permesso tornare a casa, mi imporranno di incontrarlo, lo imporranno alla mamma? Sembra che le donne siano fatte a uso e consumo degli uomini, non si dà loro alcun rispetto, sono meno che umane.
Maria G. Di Rienzo