Guardando meglio queste ragazze magnifiche, ho notato che, pur combattenti e in divisa mimetica, non hanno perso per nulla la loro cara e delicata femminilità, sono sempre tutte belle, e tali rimarranno in eterno.
A “guadagnare” questo commento è un’immagine di sei giovani donne curde armate, accompagnata da un breve testo che ricorda la loro morte e le violenze da loro subite, che sta girando sul web. Potrà sembrare banale e persino assurdo che io scelga altrettanto brevemente di parlarne stante la situazione attuale, ovvero l’invasione militare turca nel nordest della Siria. Potrei scrivere di come l’Europa abbia ingozzato di armi mister Erdogan, ne abbia ignorato la gestione dittatoriale del potere e le sue ricadute sul popolo turco, ed ora manifesti un tardivo sdegno – quando i segni di ciò che sarebbe accaduto (la guerra) erano evidenti da un pezzo. Tuttavia vi sono altri/e che possono farlo e lo fanno assai meglio di me.
Quel che voglio dire qui, come donna e come femminista e come essere umano, ai cantori della “bellezza” delle giovani curde scomparse è: perché non potete fermarvi neppure di fronte alla morte?
Credete che i loro parenti, amici, amati ancora vivi riceverebbero consolazione dal leggere le vostre uscite? Mia figlia è morta in modo atroce, ma era giovane e magnifica e delicatamente femminile, adesso che è un cadavere nulla di tutto questo si guasterà con l’età, sarà “bella in eterno”.
Se l’immagine in questione mostrasse sei combattenti di mezz’età, sei donne civili in fuga dal conflitto con bimbi terrorizzati fra le braccia, sei scolarette delle elementari davanti a una scuola distrutta, sei nonne… avrebbero costoro ricevuto in modo identico la vostra compassione? Se le giudicaste brutte la vostra reazione sarebbe stata “chissenefrega”?
Cosa diamine è la femminilità di cui parlate? Si compone di accessori e abbigliamento e trucco? Si può acquisire semplicemente appendendosi una borsetta al braccio e infilando scarpe con il tacco, e perderla in mimetica?
La “bellezza” di cui vaneggiate è un costrutto sociale che funziona come una macina da mulino appesa ai nostri colli di donne: non fa altro che tenerci piegate, che trascinarci in basso, che impedirci il movimento e più spesso di quanto si voglia ammettere ci affonda in un fiume di sofferenze – e lì, sovente, ci uccide.
Maria G. Di Rienzo