Non gli hanno ancora dato una medaglia, ma immagino sia solo questione di tempo. Il Tribunale del Riesame di Bari ha infatti ridimensionato i reati contestati all’ex giudice Francesco Bellomo,
( https://lunanuvola.wordpress.com/2017/12/13/si-chiama-etica/ )
gli ha tolto gli arresti domiciliari dopo venti giorni e gli impone unicamente l’interdizione per 12 mesi riguardo ad “attività imprenditoriali o professionali di direzione scientifica e docenza”.
Dopo di che, potrà tornare a insegnare lunghezza delle gonne e profondità delle scollature, fotografia porno, coercizioni sessuali e in genere sottomissione femminile nella sua “scuola di formazione” per la preparazione all’ingresso in magistratura.
Gli articoli al proposito adesso parlano di “presunti maltrattamenti” a quattro donne, si trattava di semplice “tentata violenza privata aggravata e stalking” e per quel che concerne l’estorsione ai danni di una di esse, costretta dal signore a lasciare il lavoro be’, era il 2011 quindi è roba “già sostanzialmente prescritta”.
I difensori di Bellomo sono così contenti che annunciano di voler andare in Cassazione a contestare i 12 mesi in cui al loro assistito viene “inibito l’insegnamento”: non è accettabile, perbacco, soprattutto – dico io – quando non gli è nemmeno stato dato un incarico nella giuria di “Miss Culo Agosto” alla Sagra del Peperoncino o un posto direzionale a YouPorn.
Ma ehi, donne: e dite di no, cavolo, non siete capaci di dire di no?
Ma ehi, donne: denunciate, denunciate altrimenti è (ancora di più) colpa vostra!
Ogni volta in cui una donna parla apertamente degli abusi che subisce ne riceve immediatamente altri due, l’incredulità e la ridicolizzazione. Quando poi riesce ad arrivare in tribunale più spesso che no le sentenze gliene infliggono un terzo, dimostrandole quanto sul serio i giudici l’hanno presa.
Questo è il motivo per cui sovente non diciamo nulla. E questo è il motivo per cui i numeri della violenza di genere nel nostro paese sono definiti, a ogni nuova indagine statistica, impressionanti: gli italiani non vogliono saperne di modificare le loro abitudini di svilimento e oggettivazione delle donne.
Perciò, solo per portare un recentissimo esempio, un ospedale piemontese può realizzare un filmato sulla prevenzione in campo urologico con l’attore porno Rocco Siffredi, ove quest’ultimo incita in modo sessista e volgare a usare sessualmente le donne per la salute del pisello di turno. Quando i messaggi misogini arrivano da enti, istituzioni, tribunali, ospedali sigillano con l’aura dell’autorevolezza o addirittura della scienza un falso ideologico e cioè l’idea che le donne siano una branca inferiore del genere umano, meramente addette al fornire soddisfazione ai “veri” esseri umani, gli uomini.
Maria G. Di Rienzo