(brano tratto da: “Women are hostages: Rallying against the rape cartel in South Korea”, un lungo saggio di Hyejung Park, Jihye Kuk, Hyedam Yu, Caroline Norma per Feminist Current, 6 luglio 2019, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Hyejung Park è una lesbica femminista e una traduttrice; Jihye Kuk è la direttrice della casa editrice femminista Yeolda Books e un’attivista contro la violenza maschile; Hyedam Yu è una femminista radicale che ha tradotto in coreano “Beauty and Misogyny” e “Loving to Survive”; Caroline Norma è una femminista abolizionista, docente universitaria e scrittrice. Ho lasciato i nomi “occidentalizzati” delle Autrici coreane come da originale, ma più correttamente sarebbero stati Park Hye-jung ecc.)
(da sinistra: Jihye Kuk, Caroline Norma, Hyejung Park, and Hyedam Yu)
I titoli recenti sulla scia dello scandalo relativo al “Burning Sun” potrebbero avervi indotto a credere che la Corea del Sud sia composta da due mondi molto differenti: un mondo in cui a uomini di prestigio è permesso fare qualsiasi cosa desiderino, e un altro mondo per gli uomini comuni. Nel mentre è vero che maschi celebri e uomini potenti stanno commettendo crimini orribili contro le donne ed evitano di essere puniti, non stanno agendo da soli. E di certo gli uomini “normali” non sono meno colpevoli.
In aprile, un programma sudcoreano di attualità della MBC rivelò che un certo numero di club nella zona di Gangnam – la cosiddetta “Beverly Hills di Seul” – ospitavano festini con stupri di gruppo per i loro clienti importanti, usando squadre di quelli che chiamavano “inceneritori” per ripulire le conseguenze.
Locali come il Burning Sun affittavano appartamenti in edifici residenziali o commerciali dove ricchi clienti maschi pagavano per abusare sessualmente e fisicamente di donne durante la notte. Gli “inceneritori” arrivavano al mattino a ripulire macchie di sangue e a bruciare ogni prova di violenza. A volte, medici erano chiamati negli appartamenti di notte per arrestare le emorragie delle donne abusate o per praticare trasfusioni di sangue. (…)
Lo scandalo del 2018 del club Burning Sun è cominciato con il Grande Seungri. Il 28enne mega star del K-pop vanta più seguaci su Twitter del presidente sudcoreano Moon Jae-in. E’ diventato famoso dapprima come membro di una boy band, i Big Bang, e le sue numerose attività commerciali hanno pure avuto enorme successo. Notorio per le sue feste esagerate, Seungri era detto “il Grande Gatsby coreano”. Di colpo, si è trovato coinvolto in uno dei peggiori scandali relativi alle celebrità della storia coreana.
I servizi per gli stupri di gruppo e di pulizia successiva sono solo la punta dell’iceberg. Ciò che accadeva nel club stesso è ancora più orrendo. Le cosiddette “droghe per lo stupro” sono usate per vittimizzare le donne in tutto il mondo ma, in questo caso, il personale del club svolgeva un ruolo attivo nel fornire donne drogate agli ospiti di gran nome con la compiacenza di poliziotti corrotti.
Le conversazioni trapelate fra i promotori del club (noti come MD), che erano responsabili del procurare donne drogate per l’abuso sessuale, forniscono un’idea delle pratiche d’affari quotidiane del locale:
MD 1: “La stanza VIP sta cercando una mulge.”
MD 2: “Okay, ne cerco una.”
MD 1: “Sbrigati a trovarla.”
(dopo qualche minuto) MD 1: “Non ci serve più, trova solo qualcuna che sembri non in sé.”
MD 2: “Cerco una lumaca, allora.”
MD 1: “Aiutami a fare un grosso centro.”
I manager del club tentano di assicurarsi una “mulge” (il loro termine per “ospite femmina attraente”) da introdurre ai clienti della stanza VIP. Una “mulge” non è una hostess pagata o una prostituta, sebbene i manager la trattino da tale. E’ solo qualcuna che entra in un club per divertirsi e ballare.
Poi, secondo le conversazioni registrate, i VIP cambiano idea sul volere una vittima cosciente e richiedono invece una “lumaca”, slang coreano che indica donna priva di sensi e facile preda per il sesso. Da notare che “mulge” suona simile alla parola “foca” in coreano. Che siano foche o lumache, le ospiti di sesso femminile sono paragonate a esseri non umani che possono essere consegnati a richiesta. I manager fornivano persino ai loro clienti abituali le sostanze stupefacenti da usare con le donne.
Tutto lo staff era a conoscenza di ciò che accadeva e Seungri ne era consapevole: in effetti, lui e i suoi celebri amici hanno commesso una lista infinita di crimini contro le donne: assalto sessuale di donne inconsapevolmente drogate, la condivisione di film di sesso girati di nascosto, lo sfruttamento commerciale sessuale, eccetera.
Forse la natura onnicomprensiva dei crimini di questi uomini risulta meglio nelle loro stesse parole. Cospirano per vittimizzare donne su KakaoTalk, la più grande applicazione per messaggistica telefonica in Corea, e le loro conversazioni sono state la fonte principale delle prove dello scandalo. Durante un dialogo fra Seungri e altre “star” di sesso maschile, il cantante Jung Joon Young propone, possibilmente come scherzo, che tutti “aggancino una donna online, si va tutti insieme in un locale di spogliarelli e poi le stupriamo in macchina”. Un altro partecipante risponde pianamente: “Lo sai che queste cose le facciamo già nella vita reale. Quel che facciamo è come un film. Pensaci un minuto. Non è che uccidiamo nessuno.”
Il paragone con i film è da sottolineare. Le editrici di SECOND, magazine femminista di cinema, fanno notare che nell’industria cinematografica coreana “è diventato un cliché ritrarre la violenza sessuale contro le donne in eleganti soggiorni ove gli uomini si riuniscono per dimostrare il loro potere e queste raffigurazioni non sono più da tempo descrivibili come critica culturale.” Potenti personaggi maschi, che siano industriali, procuratori, avvocati o politici tendono a scegliere i soggiorni dei bar-karaoke come sede di collusione e la violenza contro le donne come rituale di vincolo. (…)
Nel libro “Loving to Survive”, di recente tradotto e pubblicato in Corea, Dee Graham interpreta la pratica degli uomini di condividere i loro atti sessuali: “Quando gli uomini si mettono insieme a parlare di “fottere” donne, di “fare centro” o delle loro conquiste sessuali, stanno dicendosi che, sebbene facciano sesso con donne, i loro legami emotivi sono l’uno con l’altro. Stanno comunicando ai loro compagni maschi “Tu sei più importante, per me, della donna con cui ho fatto sesso”. (Forse questa è la ragione per cui le persone di sesso femminile con cui fanno sesso non sono importanti per così tanti di loro.) Stanno anche comunicando che le loro relazioni sessuali con le donne hanno come scopo lo sfruttamento. Questo tipo di discorso mette gli ascoltatori di sesso maschile nell’atto sessuale con il parlante maschio e la donna. I compagni sono invisibili, ma sono là con l’uomo che si fa la “scopata”, condividono la sua vittoria nell’utilizzo della donna, e i legami fra maschi si rafforzano in questa condivisione, ove sono uniti nella loro soggiogazione del genere femminile.” (…)
Se il sesso, la violenza sessuale e lo sfruttamento sessuale sono tutti collegati nel mondo degli uomini, allora le risposte delle donne a tali questioni devono pure essere collegate. In questo senso il “Movimento 4B” nato fra le giovani donne coreane – le quattro B fanno riferimento al boicottare l’uscire con gli uomini, il fare sesso, il matrimonio e la gravidanza – non è così radicale.
L’anno scorso, 6 dimostrazioni di sole donne contro la pornografia delle telecamere nascoste hanno portato 350.000 donne nelle strade di Seul, aprendo la strada alla marcia contro i crimini collegati alle droghe per stupro nel marzo di quest’anno. Nel maggio 2019, dopo che il tribunale aveva respinto un mandato d’arresto per Seungri, nonostante le prove del suo coinvolgimento nel procurare donne per la prostituzione e la violenza sessuale, un migliaio di donne sono scese in strada contro il “cartello dello stupro”. La guerra di resistenza delle donne contro il terrorismo sessuale in Corea del Sud è in corso e continuerà sino a che gli uomini continueranno ad abusare delle donne.