Giovanotte, grazie. Siete già andate oltre gli obiettivi prefissati (qualificazione agli ottavi) e oltre ogni aspettativa di riconoscimento da parte del pubblico – quale che sia il risultato finale della vostra impresa ai mondiali, il passo successivo dev’essere ottenere lo status da professioniste e le tutele relative.
Ma il motivo principale per cui vi ringrazio è che mi avete restituito le ragioni di una passione.
Da bambina giocavo, come voi avete giocato da bambine, per quanto dovessi spesso farlo da sola – era difficile essere accettate nei gruppi di maschi. Avevo il mio quadernino autoprodotto con foto di squadre e calendari e coppe e arbitri – questi ultimi nella sezione “dannati”. Memorizzavo le formazioni e gli schemi di gioco. Ovviamente guardavo i campionati europei e mondiali.
Poi, pian piano, il piacere e l’interesse si sono sbriciolati.
Cos’avevo a che fare, io, con giovani miliardari e modelle sugli spalti e scommesse e società quotate in borsa e giri astronomici di soldi? La parte “epica” della faccenda – la sfida, il legame di un gruppo teso a uno scopo comune – non esisteva già più.
Prima di questo mondiale femminile, prima di Giuliani e Bonansea e Gama ecc. e una commissaria tecnica e due donne che in Rai fanno la radiocronaca… erano trent’anni che non guardavo una partita.
Il calcio ha comunque definitivamente perso molto per me e non credo proprio che in futuro darò la minima occhiata al campionato maschile o quant’altro. Ma voi giovani donne meritavate attenzione, sostegno e gratitudine e tifo scatenato per la partita di stasera (mannaggia, non so niente delle calciatrici cinesi… vado a informarmi). Auguri, Italia!
Maria G. Di Rienzo