Queste parole sono dedicate a coloro che sono sopravvissuti
perché la vita è natura selvaggia e loro erano selvatici
perché la vita è un risveglio e loro erano allerta
perché la vita è una fioritura e loro sono sbocciati
perché la vita è una lotta e loro hanno lottato
perché la vita è un dono e loro erano liberi di accettarla
Queste parole sono dedicate a coloro che sono sopravvissuti
Brano tratto da “Bashert” (“ba-shert”, in yiddish “inevitabile” o “pre-destinato”), di Irena Klepfisz. Irena (in immagine qui sopra) è un’Autrice lesbica ebrea e un’attivista. E’ nata il 17 aprile 1941 nel Ghetto di Varsavia, da cui suo padre la fece uscire clandestinamente assieme alla madre all’inizio del 1943: Irena finì in un orfanotrofio cattolico, mentre la madre, grazie a documenti contraffatti, lavorava come domestica per una famiglia polacca. Il padre di Irena morì quello stesso anno durante la Rivolta del Ghetto di Varsavia. Madre e figlia si riunirono subito dopo e si nascosero in campagna, aiutate da contadini locali; a guerra finita si trasferirono prima in Svezia nel 1946 e poi negli Stati Uniti nel 1949.
Queste due giovani donne sono una coppia, Chris e Melania, e vivono a Londra. Il 30 maggio scorso hanno preso un autobus notturno diretto a Camden Town dove abita Chris. Melania affida al web il resoconto di quella serata: “Dobbiamo esserci scambiate un bacio o qualcosa del genere, perché questi tipi hanno cominciato a darci addosso. Ce n’erano almeno quattro. Hanno cominciato a comportarsi da hooligans, chiedendoci di baciarci così che loro potessero godersi la vista, ci chiamavano lesbiche e descrivevano posizioni sessuali. Non ricordo esattamente l’intero episodio, ma la parola “forbici” mi si è impressa in mente. C’eravamo solo noi e loro a bordo. Nel tentativo di sdrammatizzare la situazione ho cominciato a scherzare. Ho pensato che così avrebbero finito per andarsene. Chris ha anche finto di stare male, ma loro hanno continuato a molestarci, a lanciarci monetine e a diventare sempre più entusiasti della faccenda. Di colpo, Chris era nel mezzo dell’autobus a difendersi da loro. D’impulso l’ho raggiunta e l’ho vista con la faccia sanguinante mentre tre di loro la picchiavano. L’ultima cosa che ricordo è di essere stata presa a pugni. Sono rimasta stordita alla vista del mio sangue e sono caduta all’indietro. Non ricordo se ho perso i sensi o no. Improvvisamente l’autobus si è fermato, c’era la polizia e io sanguinavo dappertutto. Le nostre cose sono state rubate. Non so ancora se il mio naso è rotto e non sono stata in grado di andare al lavoro (1), ma quello che mi disturba di più è che LA VIOLENZA E’ DIVENTATA UNA COSA NORMALE, che a volte è necessario vedere una donna che sanguina dopo essere stata presa a pugni per sentire di aver fatto impressione. Io sono stanca di essere presa per un OGGETTO SESSUALE, o di scoprire che queste situazioni sono comuni, degli amici gay che sono stati picchiati senza motivo. Noi dobbiamo sopportare molestie verbali e VIOLENZA SCIOVINISTA, MISOGINA E OMOFOBICA perché quando ti difendi succedono schifezze come questa. Tra l’altro, sono grata a tutte le donne e gli uomini nella mia vita che comprendono come AVERE LE PALLE SIGNIFICHI QUALCOSA DI TOTALMENTE DIVERSO. Spero solo che in giugno, il mese del Pride, cose come queste siano raccontate ad alta voce di modo che SMETTANO DI ACCADERE.”
Quando la violenza diventa il modo usuale e normalizzato di esistere nel mondo, il passo successivo sono i Ghetti. Non possiamo restare a guardare e aspettarlo passivamente. Maria G. Di Rienzo
(1) Melania Geymonat, di origine uruguayana, ha 28 anni ed è assistente di volo. Le maiuscole del testo sono sue.