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Jinwar

1 marzo 2019 di lunanuvola

Forse ricordate il villaggio delle donne in Kenya, Umoja, fondato negli anni ’90 da una quindicina di sopravvissute alla violenza domestica fra cui la straordinaria Rebecca Lolosoli, attuale “presidente” del posto.

https://lunanuvola.wordpress.com/2013/12/31/e-questo-e-quanto/

Le donne Yazidi sfuggite alla guerra e alla schiavitù (in sintesi all’Isis) hanno fatto la stessa cosa nel nordest della Siria. Il villaggio si chiama Jinwar ed è stato inaugurato ufficialmente il 25 novembre 2018, Giorno internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. E’ basato sull’eguaglianza di chi ci vive e il suo scopo è fornire alle donne un posto libero da violenza e oppressione: le abitanti non sono solo Yazidi e curde ma anche arabe, perché il villaggio accoglie qualunque donna in difficoltà e eventualmente i suoi bambini femmine e maschi.

murales a jinwar di bethan mckernan

Quello che segue è un brano dell’articolo “We are now free: Yazidis fleeing Isis start over in female-only commune” di Bethan McKernan per il Guardian, datato 25 febbraio; anche l’immagine del murale di Jinwar è sua.

“Durante il genocidio, gli uomini Yazidi furono radunati, uccisi a fucilate e abbandonati in fosse comuni. Le donne furono prese prigioniere allo scopo di essere vendute nei mercati di schiavi dell’Isis e molte passarono da un combattente all’altro subendo abusi fisici e sessuali.

Jinwar è una comune femminile, organizzata dalle donne della locale amministrazione curda per creare uno spazio in cui le donne potessero vivere “libere dalle costrizioni di strutture di potere oppressive come il patriarcato e il capitalismo”.

Le donne si sono costruite da sole le loro case, si fanno il pane, accudiscono il bestiame e coltivano la terra, cucinano e mangiano insieme. Davanti a pollo e riso, e più tardi a musica e danza, le residenti discutono di come se la stanno cavando i nuovi alberi appena piantati, albicocchi, melograni e ulivi.

“Abbiamo costruito questo posto da noi stesse, mattone dopo mattone. – dice la 35enne Barwa Darwish, che è venuta a Jinwar con i suoi sette figli dopo che il suo villaggio nella provincia di Deir Ezzor è stato liberato dall’Isis e suo marito, che si era unito alla lotta contro il gruppo, è morto in battaglia – Sotto l’Isis eravamo strangolate e ora siamo libere. Ma anche prima di questo, le donne stavano a casa. Non uscivamo e non lavoravamo fuori casa. A Jinwar, ho capito che le donne possono stare in piedi da sole.”

Jinwar è uscita dall’ideologia democratica che ha alimentato la creazione di Rojava, uno staterello curdo nella Siria nord orientale, sin da quando scoppiò la guerra civile nel 2011. L’area se l’è cavata largamente bene nonostante la presenza di nemici da ogni lato: l’Isis, le truppe del presidente siriano Bashar al-Assad e la Turchia, che vede i combattenti curdi come un’organizzazione terroristica.

La rivoluzione delle donne, com’è noto, è una parte significativa della filosofia di Rojava. Indignate dalle atrocità commesse dall’Isis, le donne curde formarono le proprie unità di combattimento. Più tardi, donne arabe e Yazidi si unirono a loro in prima linea per liberare le loro sorelle. Ma a casa, molte parti della società curda sono ancora profondamente conservatrici. Alcune delle donne ora a Jinwar sono fuggite da matrimoni imposti e abusi domestici. Queste dinamiche, così come l’eredità degli otto anni di brutale guerra in Siria, devono essere disimparate a Jinwar.

“Quando le famiglie arrivano, dapprima i bimbi arabi non vogliono giocare con quelli curdi. – dice Nujin, una delle volontarie internazionali che lavorano al villaggio – Ma in neppure due mesi si può già vedere il cambiamento. I bambini sono tutti più felici. Il villaggio è la miglior forma di riabilitazione per tutte le cose che queste famiglie hanno sofferto.”

Jinwar è ancora in costruzione: ci sono giardini da piantare e una biblioteca vuota che aspetta i suoi libri. La comunità sta tuttora vagliando idee. Oltre a quella di un centro di istruzione c’è l’idea di creare una piscina da utilizzare in estate. La maggioranza delle residenti la userebbe per la prima volta, giacché le piscine sono riservate agli uomini in gran parte del Medio oriente. Le donne hanno anche già votato per avere lezioni di guida e per dare inizio a un’attività commerciale di sartoria.”

Maria G. Di Rienzo

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