All’inizio, secondo l’individuo che ha ucciso un bambino di 6 anni a botte e ne ha spedito la sorellina maggiore di un anno all’ospedale con ferite definite dai medici “raccapriccianti”, erano “caduti dalle scale”. Pugni, calci e colpi con il manico di scopa sono andati avanti da sabato sera (26 gennaio) a domenica pomeriggio. L’assassino picchiatore si chiama Tony Essobdi Bedra, ha 24 anni ed è il compagno della madre trentenne dei bambini, che è anche madre di un figlio suo di quattro anni (per fortuna illeso).
Il sindaco di Cardito, ove ciò è accaduto, ha detto alla stampa: “Conosco il ragazzo fermato e la sua famiglia. Sono persone tranquille.”. I giornalisti hanno aggiunto che il signore in questione ha “piccoli precedenti di polizia per scippo e droga”. Lui stesso ha infine spiegato dopo cinque ore di interrogatorio che sì, ha pestato i bambini ma solo per “insegnare loro l’educazione e il comportamento“.
Tony Essobdi Bedra è un ragazzo tranquillo (mica un violento per carità!), che di tanto in tanto scippa o spaccia (capita a tutti, vero, signor sindaco?) e spesso picchia i bambini che ha in casa – il piccolo deceduto aveva cambiato scuola giacché era solito arrivare in classe con lividi e occhi neri. Cercate di capirlo, il povero giovanotto dalle mani svelte era “esasperato”: “Li ho picchiati perché davano fastidio, rompevano tutto, e non stavano al loro posto. Hanno persino graffiato i mobili della cameretta che avevo appena comprato con un grosso sacrificio economico.” e finisce per uccidere a bastonate una creatura di 6 anni. Adesso a stare al loro posto, ai bambini, gliel’ha insegnato. Il posto di Giuseppe è al cimitero e quello di Noemi in pediatria – in più, costei si porterà dietro gli sfregi permanenti dell’aver subito abusi abominevoli e dell’aver assistito all’omicidio di suo fratello da parte del “papà”.
Nei commenti agli articoli relativi volano mannaie, si invoca la pena di morte o l’inasprimento delle pene e si spera che una volta finito in carcere l’assassino sia preso di mira dagli altri detenuti; qualcuno dà la colpa alle situazioni di “degrado, povertà, disperazione” in cui avrebbero origine simili “tragedie”, qualche altro ribatte indignato menzionando la bieca “cultura tunisina” di cui non sa un piffero (l’uomo ha padre tunisino e madre italiana ed è nato in Italia)… ma la principale responsabile (lo avevate indovinato, lo so) per questi fini socio-psico-tuttologi è la madre dei piccoli. La frase più blanda è qualcosa del tipo “Ha esposto i figli al rischio della presenza di un individuo pericoloso”, il resto sono insulti veri e propri e severe ammende a tutto il genere femminile reo non solo di attirarsi addosso la violenza maschile, ma di “permettere” agli uomini di uccidere i bambini.
Le donne non sono responsabili del comportamento degli uomini: ognuno di noi, femmina o maschio, è responsabile di ciò che sceglie di fare. Le donne e le madri in particolare non sono dotate di super-poteri grazie ai quali possono cambiare magicamente il comportamento dei loro partner, ma dirò di più: non sono dotate neppure di una normale dose di credibilità come esseri umani e come cittadine, perché quando di fatto rendono noto che il partner è “pericoloso” le istituzioni patriarcali dubitano, i poliziotti tentennano, i giudici temporeggiano e qualche idiota abissale sbatte loro in faccia la farlocca “sindrome di alienazione parentale”. Meglio morti che alienati, perdio, come se da figli per detestare un padre violento e desiderare il suo allontanamento dalle nostre vite avessimo bisogno che mamma ci soffi nell’orecchio.
Inoltre, non esistono responsi automatici neuronali o ormonali alle situazioni che inducano a picchiare due bambini per quasi due giorni di fila. La violenza è sempre una scelta. Il signore poteva fermarsi quando voleva. Non ha voluto. E nonostante avesse una storia di violenza non solo domestica alle spalle, che dimostra come l’azione violenta fosse il suo primo responso a qualsiasi “problema”, ancora questa società vuole trovare scusanti (il degrado) e colpevoli alternativi: rifiutando di riconoscere che il controllo coercitivo è una scelta fatta dagli uomini che credono di essere titolati al possesso di donne e bambini, rifiutando di riconoscere che gli uomini che uccidono donne e bambini sono prodotti dalle attitudini patriarcali che hanno appreso e mettono in pratica.
Il sig. Tony Essobdi Bedra era così sicuro dell’approvazione sociale rivolta al suo ruolo superiore di maschio punitore che era solito prendere a calci il piccolo Giuseppe anche di fronte ai suoi conoscenti. Un ragazzo tranquillo con precedenti penali (minuscoli!) che si sentiva legittimato a insegnare “educazione e comportamento” ai figli della sua compagna a bastonate. Probabilmente chiedeva scusa alle signore a cui strappava via la borsetta e non ha mai “tagliato” una dose prima di venderla. Un galantuomo.
Maria G. Di Rienzo