Lo dico io, prima che qualche benaltrista solo lo pensi: ci sono un milione di argomenti e fatti più gravi e più urgenti di quello che sto per trattare. Ma non è un caso se l’ho scelto – è l’esempio perfetto di come ormai si discute in Italia di qualsiasi cosa, mai affrontando il merito delle questioni e concentrandosi piuttosto sull’umiliare gli oppositori o i dissenzienti (se costoro sono donne il primo bersaglio è il loro aspetto, poi vengono la loro vita privata e la loro rispondenza a stereotipi di genere vecchi almeno di qualche secolo). Tale metodo con cui si affrontano le questioni e si svolgono i dibattiti relativi influisce inevitabilmente sui risultati: rende molto più probabile non risolvere nulla.
Seconda doverosa premessa: non ho simpatia personale per entrambe le protagoniste della vicenda e per le sfere politiche a cui fanno riferimento. La vicenda è questa: Cristina Parodi, giornalista della Rai, parla a Radio 2 dell’ascesa politica di Salvini, sostenendo che essa è stata favorita da “una componente di rabbia, ma anche di paura e ignoranza”. Per inciso, è un’analisi condivisa da numerosi commentatori politici esteri.
Immediatamente, alcuni parlamentari leghisti chiedono alla Rai di licenziare la giornalista. La signora Sonia Avolio di Fratelli d’Italia ritiene invece di doverle rispondere con un proprio video su Facebook. I giornali assicurano che costei, assessore al Commercio e alla Produttività del Comune di Cascina, ha la delega alle Pari Opportunità, sebbene il sito del Comune non la riporti nella lista che la riguarda (ci sono Commercio e Produttività, Merito e Sussidiarietà, Disabilità, Artigianato, Rapporti con Associazioni di Categoria, Tutela dei Consumatori, Politiche di Sviluppo delle Piccole e Medie imprese). Sempre dalla stampa rilevo la sua qualifica di “omeopata”.
En passant, mi lamento da tempo del vedere come le “pari opportunità” finiscano sovente in mano a persone completamente ignare degli intenti e del processo che hanno creato il concetto e pertanto incapaci di utilizzarlo in modo corretto.
Tornando al video, la sua autrice ha questo da dire: Cristina Parodi è la vera ignorante, perché ignora di essere cornuta – “(…) non sa più quante corna ha. E allora glielo dico io. Una per ogni lentiggine, se riesce a contarsele.” – e farebbe meglio ad andarsene fra i “tegami” con la sorella (Benedetta, che conduce programmi culinari).
Immagini chiave: una donna tradita è colpevole – evidentemente non è abbastanza “bella e brava” per meritare la fedeltà del marito; una donna è presuntuosa se ha opinioni politiche – è meglio che stia al suo posto, in cucina – ma allora la signora Avolio cosa ci fa in Fratelli d’Italia e al Comune di Cascina?
Le reazioni sui social media non sono state quelle entusiastiche che probabilmente Avolio aspettava.
E’ dovuta passare dal definirsi una “dura” (“Mai stata delicata: sono nata a Livorno!”) all’appellarsi alla libertà di parola (“Il mio parere è libero.”), che però purtroppo non è libertà di insulto.
Nel frattempo, la sua sindaca Susanna Ceccardi – nominata da Salvini consigliera per il programma di governo – la scarica: “Ha fatto tutto da sola.”, e alla fine decide per le scuse (riportate in modo letterale): “Chiedocscusa se qualcuno si è sentito offeso dal mio video : volevo fare ironia e non mi è riuscito .Sono greve , non cattiva .”
E questa è la parte conclusiva del metodo di discussione che citavo all’inizio: indicare come responsabili del trambusto quelli che hanno reagito… perché non hanno capito, perché sono ipersensibili, perché non hanno il senso dell’umorismo! Era ironia, anche se riuscita male. Se qualcuno si è sentito offeso (a essere offesa, citata con nome e cognome, è stata in verità una persona precisa, a cui le scuse non sono rivolte) mi dispiace di aver urtato i suoi delicati sentimenti e chiudiamola qui. Comodo.
Riesco a immaginare lo sconcerto dell’ironica, probabilmente riflesso nella fretta con cui sono state digitate le “scuse”. Com’è potuto accadere? Dopotutto si era comportata bene, proprio come “uno dei ragazzi”, gliele aveva cantate chiare alla femmina che aveva osato passare i limiti.
Io le credo, quando assicura di non essere cattiva. Vorrei che lei credesse a me se le dico che usare il sessismo contro altre donne non la rende più degna o più “tosta” agli occhi di nessuno, o meno donna lei stessa.
Maria G. Di Rienzo