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Attraverso l’assedio »

Caccia alle streghe

7 ottobre 2018 di lunanuvola

(“Lesbian ‘witches’ chained and raped by families in Cameroon”, Thomson Reuters Foundation, editing di Katy Migiro, trad. Maria G. Di Rienzo.)

black lesbian pride

Yaounde, 2 ottobre 2018 – Durante un triste servizio domenicale in chiesa, la 14enne Viviane – stanca di lottare contro la sua attrazione per le ragazze – si rassegnò a una conclusione infelice: era stata stregata. A scuola e in chiesa a Yaounde, la capitale del Camerun, le era stato a lungo detto che avere predilezione per il proprio sesso non era solo un peccato, ma anche il segno che un sinistro incantesimo era stato gettato su di te.

“Non vedevo le ragazze come tutti gli altri – ho pensato che uno spirito maligno mi avesse posseduta. – ha detto al telefono a Thomson Reuters Foundation, con una mesta risata, dalla Francia, dove ha chiesto asilo l’anno scorso con l’aiuto della sua fidanzata – Così ho cominciato a pregare per mandarlo via.”

Ma le sue preghiere fallirono. Quattro anno più tardi, Viviane fu incatenata al muro e violentemente stuprata da un uomo che la sua famiglia la forzò a sposare, dopo aver scoperto che era lesbica.

Dal Sudafrica all’India all’Ecuador, persone gay sono sottoposte a “stupro correttivo” dalle loro famiglie, da estranei e da vigilanti che credono l’omosessualità sia una malattia mentale che deve essere “curata”.

A volte, ciò è perpetrato con la copertura delle tenebre o quando il picchiare della pioggia su tetti di latta attutisce le grida, gay del Camerun hanno narrato a Thomson Reuters Foundation. Altre volte è orchestrato da membri della famiglia che regolarmente si fanno “giustizia” da soli, torturando, stuprando e assassinando parenti gay e lesbiche che loro pensano essere streghe o sotto maledizione.

La credenza nella stregoneria è diffusa in Camerun. Anche se è illegale praticare magia nera, le autorità fanno poco per impedire alle famiglie di consultare maghi che compiono sacrifici rituali per “curare” i loro parenti dall’omosessualità.

Le relazioni fra persone dello stesso sesso sono tabù all’interno dell’Africa, che ha alcune delle leggi più proibitive al mondo contro l’omosessualità. Persone gay sono di routine ricattate, assalite e/o stuprate, e subiscono sanzioni penali che vanno dall’imprigionamento alla morte. Un rapporto del 2017 dell’ILGA – International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association, attesta che 33 paesi africani su 54 criminalizzano le relazioni fra persone dello stesso sesso.

Gli atti omosessuali costano cinque anni di prigione in Camerun, dove secondo CAMFAIDS (un gruppo di sostegno LGBT+) almeno 50 persone sono state condannate – fra il 2010 e il 2014 – per crimini che vanno dall’indossare abiti dell’altro sesso a quello dell’uomo che ha inviato un messaggio di testo con scritto “Ti amo” a un altro uomo.

“La violenza anti-LGBT+ sta peggiorando.”, ha detto Michel Engama, direttore di CAMFAIDS, il cui predecessore Eric Ohena Lembembe è stato trovato morto nel 2013 con il collo spezzato e il volto bruciato da un ferro da stiro, come riportato da Human Rights Watch.

Almeno 600 attacchi e reati omofobici sono stati registrati in Camerun lo scorso anno, secondo

Humanity First Cameroon, un’organizzazione che raggruppa associazioni LGBT+, con una lesbica su cinque e un gay su dieci che hanno denunciato di essere stati stuprati. Gli attivisti dicono che la vera dimensione del problema è probabilmente molto peggiore, poiché la maggior parte degli assalti non sono denunciati.

La famiglia di Viviane la picchiò e la frustò dopo aver scoperto i messaggi di testo espliciti che aveva mandato alla sua ragazza. Sua zia e i suoi fratelli la portarono al loro villaggio, dove lo stregone locale la costrinse a bere pozioni a base di sangue di gallina e le inserì peperoncini piccanti nell’ano, giustificando il tutto come un rituale di “purificazione”.

Trovarle un marito che fosse pastore della chiesa era una possibilità di ripulire il nome della famiglia, ha spiegato Viviane. Il fatto che avesse già due mogli e 30 anni più di lei non fu preso in considerazione. “Non ci furono discussioni al proposito. – ha detto, aggiungendo che la famiglia ricevette la “dote” dal pastore ancor prima che lei fosse informata dell’accordo – Per loro, io ero una specie di collana che avevano venduto.”

Sebbene lo stupro sia reato in Camerun, non c’è la possibilità che una simile violazione sia ascritta a un marito, ha detto Viviane: “Un pastore in Camerun è come un dio. Dio non può violentare. E se lo accusi di stupro, il diavolo sei tu.”

Nel mentre Viviane ha ritenuto che la sua miglior opzione fosse fuggire dal paese, Frederique ha parlato pubblicamente dopo aver subito uno stupro di gruppo nel 2016, dopo aver lasciato in taxi un seminario LGBT+ a cui aveva partecipato a Yaounde. Il tassista si fermò per salire un altro uomo e guidò sino a una parte deserta della città, dove entrambi la violentarono mentre la schernivano accusandola di essere una lesbica e una strega.

“Continuavano a urlare che io meritavo quel castigo, che mi stavano correggendo. – ha detto la 33enne, che ha ormai raccontato la sua storia a centinaia di ragazze durante incontri e seminari in Camerun – Se avessi denunciato penalmente, sarei stata vista non come una vittima, ma piuttosto come qualcuna che si era meritata quel che era accaduto.” Frederique crede che la sua decisione di parlare le abbia salvato la vita: “Anche una mia amica è stata stuprata e si è sentita completamente sola, isolata, depressa. Si è quasi uccisa. – dice cercando di trattenere le lacrime – Io avevo pensato di fare lo stesso. Ma ero anche così furibonda. Non volevo che altre ragazze patissero questo, ne fossero vittime come me. Volevo esporre i perpetratori per far finire tutto questo.”

Non è facile, dice anche. Le lesbiche in Camerun vivono ogni giorno in segretezza e prudenza, comunicando con nomi in codice e cambiando di frequente i luoghi pubblici in cui si incontrano. “Continuiamo a lottare, – dichiara – anche se siamo doppiamente discriminate: prima come donne e poi come lesbiche.”

Engama di CAMFAIDS sa che le precauzioni non garantiscono sicurezza e sottolinea come il ventenne Kenfack Tobi Aubin Parfait sia stato picchiato a morte, il mese scorso, da suo fratello maggiore che credeva fosse gay.

“C’è una vera guerra condotta contro di noi. – dice Engama, che riceve regolarmente minacce di morte – Ma continueremo a lottare sino a che si saranno stancati… Nessuno può darci la libertà. Dobbiamo prendercela.”

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