Hanno aspettato tutta la notte fuori dal palazzo del Parlamento, con i fazzoletti verdi divenuti il simbolo di questo travolgente movimento femminista, in decine di migliaia. Attendevano l’esito di un dibattito alla Camera, durato venti ore, che sono state le loro oceaniche manifestazioni a creare: la legge che permette l’interruzione volontaria di gravidanza, in Argentina, nelle prime 14 settimane ha passato il primo scoglio ed è stata approvata con 129 voti contro 125.
Le attiviste sanno che sarà difficile ottenere lo stesso risultato in Senato, ma reclamano giustamente questo momento come una grande vittoria – hanno generato uno spostamento nell’opinione pubblica impensabile solo pochi anni prima.
Gran parte del merito organizzativo va a “Ni Una Menos”, che ha avuto inizio nel 2015 proprio in Argentina come risposta alla violenza di genere e si è diffuso in tutta l’America Latina, ed è stato in grado di saldare alleanze con gruppi che vanno dalla “Campagna Nazionale per il diritto all’aborto legale, sicuro e libero” a “Cattolici per il diritto di decidere”.
“Ciò prova che l’occupazione degli spazi pubblici da parte delle donne ha risultati positivi. – ha detto Alejandra Naftal alla stampa – Le donne che si mobilitarono contro la dittatura quarant’anni fa, come le Madri e le Nonne di Plaza de Mayo, hanno aperto la strada a questo potente movimento delle donne.” Alejandra dirige il Museo Esma, una ex base navale in cui 5.000 persone furono assassinate durante la dittatura in Argentina (1976 – 1983). Le donne di cui parla sventolavano fazzoletti bianchi, chiedendo la verità sui crimini del regime: oggi sventolano fazzoletti verdi, chiedendo la fine dei crimini contro loro stesse.
Maria G. Di Rienzo