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Arte femminista, amore ribelle

10 aprile 2018 di lunanuvola

(tratto da: “Art can influence political action for women’s liberation”, intervista all’artista femminista Emilia de Sousa – in immagine sotto – di Brenda Campos per FES Connect, 28 marzo 2018. Trad. Maria G. Di Rienzo. FES è l’acronimo della fondazione non-profit tedesca Friedrich-Ebert-Stiftung, che promuove la democrazia sociale e i diritti umani. Il mese scorso ha organizzato un incontro di donne a Maputo, in Mozambico, per discutere modi innovativi di analizzare e raddrizzare le ingiustizie politiche, economiche e sociali.)

emilia de sousa

Studiose femministe, sindacaliste, blogger e attiviste per i diritti umani hanno fatto parte del Laboratorio Idea per trovare approcci unitari alla creazione di conoscenza femminista, mutuo sostegno e azione politica, per trasformare le narrative neoliberiste e conservatrici che giustificano lo sfruttamento economico e la strumentalizzazione politica delle donne in molte odierne società africane.

Emilia de Sousa, un’artista mozambicana multidisciplinare, i cui dipinti e disegni sfidano l’immagine della donna in una società capitalista e patriarcale, ha partecipato al dibattito e ha fatto del “potere femminista per il cambiamento” un’opera d’arte.

Hai accettato di contribuire al Laboratorio Idea per la riflessione e l’azione femministe africane in un modo unico e da art-ivista. (ndt.: con il dipinto visibile nell’immagine sopra) Com’è stata questa partecipazione per te?

Partecipare al Laboratorio Idea è stato un viaggio emotivo. E’ stato molto eccitante, difficile da descrivere con parole esatte in tutte le sfumature delle sensazioni. Essere nella stessa stanza con tutte quelle donne meravigliose che lottano per i diritti e il benessere delle donne è stata la concretizzazione di un sogno, mi ha aperto la mente.

I temi affrontati, le discussioni, i piani, l’unione delle menti, il potere di costruire ponti fra le diverse esperienze individuali per formare qualcosa di più grande, un collettivo inarrestabile, è stato davvero ispirativo ma anche una sfida per me.

Sono rimasta colpita dalle presentazioni personali, dalla forza delle donne nella stanza e dalla connessione delle nostre lotte che sembrano assai simili in un certo modo. Ciò mi ha fatto pensare, piangere e ridere. Ho raccolto un sacco di energia dal gruppo e ho cercato di metterla nel dipinto, che raffigura lo sbloccarsi del potere delle donne tramite l’azione collettiva e la solidarietà.

Cosa ti motiva nel creare arte femminista?

Non ricordo quando esattamente mi sono definita una femminista / artista / attivista negli anni della mia adolescenza. Ma ricordo che il momento in cui mi sono sentita completa e potenziata è stato quello in cui ho cominciato a esprimere i miei convincimenti e le mie frustrazioni di donna nera tramite l’arte. Ha funzionato come auto-terapia.

Mi sono sempre concentrata sull’esperienza dell’essere una donna, anche in modo inconscio. Il tema ricorrente nei miei dipinti e disegni sono i corpi delle donne, la nostra lotta per riconciliarci con la nostra realtà corporea al di là delle false immagini femminili che la società capitalista e patriarcale tenta di imporre.

Le donne sono costantemente strumentalizzate. Le nostre insicurezze e i nostri dubbi diventano pubblicità per vendere prodotti commerciali che alla fine ci mantengono nelle prigioni dei nostri complessi e alimentano competizioni separate per la bellezza, le incertezze, l’anoressia, la vergogna, i disturbi. L’amore di sé, la compassione collettiva, l’empatia, la solidarietà di altre donne e l’esprimere te stessa coraggiosamente sono rimedi per queste influenze negative a cui siamo esposte sin dalla nascita. Ma per comprendere la confortevole forza di un’espressione collettiva e dell’auto-accettazione, dobbiamo spesso compiere un viaggio lungo, solitario e duro. Tale esperienza ispira i miei dipinti: la sofferenza delle donne e l’evento che apre gli occhi e la mente, l’accettare le tue debolezze e le tue imperfezioni e l’aiutare altre ad arrivare allo stesso punto di liberazione.

Che ruolo può giocare l’arte nella nostra lotta per espandere i diritti delle donne e ridurre la discriminazione?

L’arte è inseparabile dalle società e ha una grande influenza sull’azione politica, in particolare nel combattere la discriminazione contro le donne. L’artista parte dalla sua prospettiva e dalla sua esperienza soggettive. Permette l’accesso ai suoi sentimenti e riflessioni, alla sua rabbia e alle sue paure – può farlo con la musica, la pittura, le illustrazioni, la scrittura – e in questo modo crea messaggi in un linguaggio multidimensionale, colorato e potente, che va oltre le argomentazioni razionali e induce le persone a capire l’essenza dei problemi sociali, politici o economici.

Io credo che le esibizioni artistiche che toccano i temi del femminismo, della discriminazione e dell’abuso perpetrati contro le donne diano voce a chi è oppresso e possano toccare le persone in modi svariati. Dobbiamo portare l’arte nei vicinati e nelle scuole, dobbiamo parlarne e farne fare esperienza alle generazioni più giovani, così che possano trovare i loro propri modi di esprimere se stesse, di definirsi e raccogliere forza per trasformare il loro ambiente in qualcosa di più amichevole, più giusto e più libero di quello in cui viviamo attualmente.

Quale cambiamento desideri per la società mozambicana, da un punto di vista femminista?

I dibattiti femministi stanno lentamente crescendo in Mozambico. C’è ancora il cancro delle donne copertina. Dobbiamo essere belle, sexy, ma non volgari. I nostri corpi devono essere “perfetti”. A seconda di dove i peli si trovano sul tuo corpo, da una parte devono essere rimossi e dall’altra devono essere stirati (ndt.: i capelli). Dobbiamo essere sveglie e capaci di divertire, ma non dobbiamo fronteggiare padri, insegnanti e mariti. Lavoriamo il doppio e siamo pagate meno della metà, ma una brava donna non si lamenta, ne’ urla contro le ingiustizie o contro la violenza strutturale e fisica.

Facciamo di tutto per assumere su di noi una personalità e una vita che non sono nostre. Viviamo nella paura di esprimere la nostra propria voce, i nostri pensieri, i nostri sogni, perché non vogliamo essere giudicate. Siamo state educate a essere quel che non siamo e a cambiarci costantemente per compiacere gli altri. Essere te stessa, amare te stessa e rispettare te stessa, nella nostra società è in pratica un atto di ribellione.

L’arte non può restare silenziosa su questo. Dobbiamo far riflettere le donne, dobbiamo far riflettere la società, dobbiamo aiutare questa nuova generazione di donne e uomini a trovare la propria espressione e la propria narrativa su cos’è la vita. Una narrativa di compassione, di rispetto, di accettazione e umanità. Dobbiamo spingere per la trasformazione che vogliamo.

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