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La normalizzazione della violenza

22 gennaio 2018 di lunanuvola

La Stampa, 21 gennaio 2018: “In Italia tra le donne vincono paura e solitudine. Solo il 4% delle vittime denuncia” (l’enfasi su due frasi è mia):

“«In Italia i segnali non sono per nulla positivi – racconta Lella Palladino, presidente dell’associazione Dire-Donne in rete contro la violenza, che riunisce 77 associazioni che nel 2016 gestivano 83 centri antiviolenza presenti in tutta Italia. «Di sicuro possiamo dire che se ne parla, che c’è stata una rottura del silenzio su questo argomento. Manca tutto il resto. Bisognerebbe intervenire sulle serie tv che continuano a rappresentare le donne che subiscono violenze come se fosse normale. Di sicuro hanno avuto un’incidenza molto negativa le numerose sentenze pronunciate negli ultimi tempi dai tribunali che danno il via libera ai maltrattamenti da parte degli uomini. In questo modo vanificano gli sforzi delle donne che hanno trovato la forza di denunciare e scoraggiano quelle che potrebbero farlo».

(…)

L’ultima sentenza in ordine di tempo ad aver provocato profondo disagio nel mondo delle donne è stata pronunciata dal tribunale di Torino e riguarda una donna che si è presentata in pronto soccorso nove volte in otto anni: una volta con una costola rotta, un’altra con il setto nasale fratturato. «Non tutti gli episodi sono riconducibili ad aggressioni da parte dell’imputato», è stato il giudizio del tribunale che ha assolto il compagno perché se le aggressioni non sono frequenti e continue non c’è il reato di maltrattamenti in famiglia. Ma in primavera, sempre a Torino, era stato assolto un altro uomo dall’accusa di violenza sessuale perché la vittima ha solo detto «basta» al suo aggressore senza urlare.

(…)

«Quello che viene denunciato è il 4% di quanto effettivamente avviene. È necessaria un’operazione culturale», sottolinea Oria Gargano, presidente della cooperativa Be Free che si occupa di violenze e discriminazioni contro le donne. Nel mondo del lavoro, in particolare, secondo dati Istat solo una donna su 5, tra quelle che hanno subito un ricatto, ha raccontato la propria esperienza. Lo 0,7% ha denunciato la violenza alle Forze dell’ordine.”

“La violenza, in particolare, è diventata così normalizzata da essere vista in molti casi come una parte accettabile dell’essere femmina.” Così Anne-Birgitte Albrectsen, direttrice di Plan International, commentava nell’ottobre 2017 la ricerca condotta dalla sua associazione in tre paesi – Colombia, Uganda e Spagna – sulla violenza di genere. A livello globale, sappiamo già dell’una su tre che subisce violenza fisica o sessuale durante la propria vita da femmina e dell’una su cinque che subisce stupro o tentato stupro (dati NU, non sono cambiati di una virgola in anni).

Per cui sì, abbiamo bisogno di un cambiamento culturale perché com’è visibile dall’articolo riportato sopra e aprendo un giornale o accendendo il computer ogni giorno, anche quando le leggi sono in vigore le si interpreta a favore del violento basandosi sui pregiudizi e stereotipi discriminatori cui donne/ragazze sono soggette. I media sono zeppi di questi ultimi.

Come cultura, ci rifiutiamo di riconoscere che la violenza è una scelta e che la violenza di genere in particolare è la scelta di uomini che credono di essere legittimati al possesso di donne e bambine/i. Quando infliggono lesioni, molestano, stuprano o uccidono non sono aberrazioni, sono i “normali” prodotti di misoginia, sessismo, patriarcato… e la narrativa che li scusa e giustifica è ossessivamente ripetuta nei reportage giornalistici: il tizio X ha appena massacrato la famiglia ma “Era un uomo quieto, gentile, certamente non un violento“ – dicono i vicini che lo vedevano e salutavano quando andava a buttare l’immondizia e non sanno NIENTE di quel che succedeva in casa sua.

Frequentemente nemmeno parenti stretti e amici intimi vedono la violenza con cui le donne sono forzate a convivere, sia perché i perpetratori tendono a essere altamente manipolativi (stanno attenti a come si comportano con altre persone che non sono le loro vittime), sia perché è resa così normale da risultare appunto invisibile. Maria G. Di Rienzo

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