(“Rape victims’ clothing goes on display to show it’s not about what you wear”, di Tanveer Mann per Metro, 10 gennaio 2018, trad. Maria G. Di Rienzo.)
Gli abiti indossati dalle vittime di stupro nel momento in cui furono aggredite sono visibili in una mostra di Bruxelles.
La mostra, che si tiene nel distretto di Molenbeek della capitale belga, si chiama “E’ colpa mia?” e ha lo scopo di spegnere il mito per cui l’abbigliamento provocante sarebbe un fattore nei crimini sessuali violenti.
Gli abiti sono stati prestati dal gruppo di sostegno alle vittime “CAW East Brabant” e includono tute sportive, pigiami e abiti interi.
Lieshbeth Kennes (ndt.: del gruppo succitato) ha detto alla radio VRT1: “E’ quel che noti mentre cammini qui intorno: che erano tutti abiti molto normali e chiunque potrebbe indossarli. C’è anche la maglietta di una bambina con l’immagine del “Mio Piccolo Pony”, alla mostra, il che rende chiara un’amara realtà.”
Kennes ha aggiunto che le vittime sono tuttora biasimate nei casi di assalto sessuale, ove possono essere interrogate a partire dalla presunzione che sono in parte responsabili per quanto è accaduto loro. Per esempio, alcune vittime sono accusate di essere state vestite in modo provocante, di essere state “civette” o persino di star tornando a casa in bicicletta a un’ora tarda della notte.
Lieshbeth Kennes ha detto: “C’è una sola persona responsabile, una persona che può prevenire lo stupro: il perpetratore.”