“Diritto e scienza”: le allieve che partecipavano a questo corso tenuto da un giudice del Consiglio di Stato (in tre scuole a Milano, Roma e Bari), dovevano farlo adeguatamente truccate, in minigonna e tacchi a spillo; alcune dovevano mandare autoscatti pornografici all’insegnante e andarci a letto – ma erano consenzienti, si capisce, soprattutto quelle a cui poteva essere revocata la borsa di studio in qualsiasi momento, beneficio peraltro negato a priori alle fidanzate e alle sposate: dal momento che “diritto e scienza” si concretizzavano nella soddisfazione del dominio del docente sulle allieve è ovvio che altri uomini nello scenario sarebbero stati di troppo.
Il giudice Francesco Bellomo sostiene di essere un genio incompreso “come Einstein”, alle cui “idee” si vuole applicare un “giudizio morale”. Umile e discreto com’è neppure voleva diffonderle, queste innovative e vincenti idee (infatti, dicono i giornali, “Otto giovani borsiste milanesi hanno anche parlato di un contratto in cui si garantiva ‘fedeltà assoluta’ alla scuola, evitando di raccontare dettagli privati”) ma gli è capitato…
Gli è capitato che una delle sue vittime ha sporto denuncia per le vessazioni, gli abusi e le minacce. Questa è la testimonianza del padre della giovane: “Mia figlia sta cercando di tornare a una vita normale. Ora sta meglio ma questa odissea le ha distrutto la vita. Ha ripreso a mangiare e a studiare, ma è ancora in cura dagli psicologi. (la figlia) “è stata sotto ricatto per troppo tempo attraverso il contratto che come borsista doveva firmare per mantenere la borsa di studio.”
Il docente-martire, invece di dichiarare indomito “eppur si muove!” indicandosi l’area appropriata, ha cercato ripetutamente la conciliazione: “I carabinieri sono venuti più volte, – racconta ancora il padre della donna – chiedevano a mia figlia di firmare un atto di conciliazione. Sono venuti a maggio, e poi a ottobre, ma lei era in ospedale.”
Perché l’oggettivazione sessuale fa sempre bene alle femmine, è una libera scelta e un veicolo per idee davvero geniali – tipo il ridurre le donne a meri strumenti per la soddisfazione maschile – solo che non sono nuove, ma vecchie e stantie come il patriarcato. Il giudizio su questo non è “moralismo”, signor giudice, è etica.
Maria G. Di Rienzo