“So che da qualche parte, e lo dico solo per smentirmi, vive una donna molto bella (deve essere bella), intellettuale, gentile, colta, affascinante che ha otto figli, fa il pane, le torte e le crostate, accudisce alla casa, cucina, cresce i figli, dalle nove alle cinque ha un impiego manageriale in un campo tipicamente maschile, ed è adorata dal marito che ha lo stesso successo perché lei, anche se è un’audace e aggressiva dirigente d’azienda dall’occhio infallibile, dal cuore di leone, la lingua di vipera e i muscoli da gorilla (assomiglia proprio a Kirk Douglas), torna a casa di notte, s’infila una vestaglia trasparente e una parrucca, e si trasforma all’istante in una stupidotta di Playboy, dissipando la frottola che non puoi essere otto persone simultaneamente con due diverse categorie di valori. Non ha perduto la sua femminilità. E io sono Maria di Romania.”
Questo è un brano tratto da “The Female Man”, un libro del 1975 scritto da Joanna Russ (1937 – 2011). In italiano fu pubblicato dall’Editrice Nord nel 1989 con il titolo “Female Man”: è stato uno dei testi più belli e importanti che io abbia letto in gioventù. Muovendosi nello spazio e nel tempo con lo stesso personaggio che assume di volta in volta identità differenti, Joanna mostra in che modo ambienti, società e tradizioni forgino in modo diverso la stessa persona.
Joanna Russ era dichiaratamente lesbica e oltre a scrivere fantascienza – a cui appartiene il romanzo succitato – ha scritto saggistica, opere teatrali, articoli ed è stata una straordinaria attivista femminista.
“The Female Man” – “L’uomo femmina” è un testo che dovrebbe essere bandito, secondo il gruppetto di pagliacci e buffone, per la maggior parte strafatti/e di alcolici, che ha assalito una libreria femminista canadese (Vancouver Women’s Library) il 4 febbraio scorso, esprimendosi a spintoni e insulti. Quel che di vino non hanno bevuto, lo hanno gettato sui libri.
Sono fascisti? Sì. Del nuovissimo modello pro-prostituzione, pro-pornografia, pro-è una scelta, pro-mercato neoliberista del siamo tutti in vendita (se è liberista sarà anche liberatorio, no?) e “noi siamo il vero – giusto – moderno – disinibito – eretico – trasgressivo… femminismo (???) – con ironia, però”.
Altri libri che secondo gli aggressori dovevano essere tolti dagli scaffali, per difendere tutta questa “libertà”, erano ad esempio:
Radical Acceptance – Accettazione radicale di Tara Brach, un libro sulla guarigione ottenuta tramite buddismo e meditazione;
First Buddhist Women: Poems and Stories of Awakening – Prime donne buddiste: poesie e storie di risveglio, di Susan Murcott;
Pornography: Men Possessing Women – Pornografia: uomini che possiedono donne, di Andrea Dworkin;
Not a Choice, Not a Job: Exposing the Myths about Prostitution and the Global Sex Trade – Non una scelta, non un lavoro: rivelare i miti sulla prostituzione e sulla tratta sessuale globale, di Janice Raymond;
Female Sexual Slavery – Schiavitù sessuale femminile, di Kathleen Barry.
La lista comprendeva una ventina di testi in tutto: in una libreria che ospita centinaia di titoli e una gran vastità di opinioni e teorie anche contrastanti, hanno detto le femministe che gestiscono la libreria, non risponde a nessun criterio di coerenza. Hanno ragione. Risponde solo alla logica con cui Calibano pensa di poter uccidere Prospero (“La Tempesta”, William Shakespeare, l’enfasi è mia):
“Nel pomeriggio, come ti dicevo
ama dormire: allora lo puoi uccidere:
– ma, prima, cerca di levargli i libri –
tu puoi schiacciargli il cranio con un ceppo,
oppure aprirgli il ventre con un palo,
o tagliargli la gola col coltello.
Prima, ricorda di levargli i libri:
senza libri, è uno sciocco come me,
e non ha un solo spirito al suo comando (…)”
O alla logica con cui Hitler chiamò alla celebrazione della vittoria del nazismo con un rogo di libri, nella primavera del 1934.
Ma Calibano fallì, Hitler pure e noi femministe continuiamo a leggere e scrivere quel che ci pare.
Maria G. Di Rienzo