Prendi il bambino e scappa (“Take the baby and run”, testo e musica di Fereshta, trad. Maria G. Di Rienzo.)
Ricordi, il giorno in cui cominciò la guerra
la confusione del coprifuoco, il dolore e la violenza
Ricordi, le lacrime negli occhi dei nostri genitori
Abbiamo fatto i bagagli, detto i nostri ultimi saluti
Tu prenderai il bambino e fuggirai
Prendi la mia vita, scappa e basta
Lo sai che questi soldati uccideranno tutti
Prendi il piccolo e fuggi
Prendi la mia vita, scappa e basta
E promettimi, ragazza, che non guarderai mai indietro – amore mio
Diamo i soldi a un contrabbandiere e preghiamo
che ci tiri fuori da questo guaio, che ci porti in una terra di possibilità
Camminiamo nel deserto, vediamo quelli che hanno tentato di scappare
Lasciamo il resto a dio, con angoscia e speranza preghiamo
Penso a tutto quello che abbiamo fatto,
dolci picnic nel sole primaverile
il giorno del nostro matrimonio e tutto il divertimento
e ora – siamo giovani e in fuga
Fereshta è una musicista rock e un’attivista per la pace. E’ nata in Afghanistan, ma i suoi genitori fuggirono dal paese in guerra con lei piccolina fra le braccia. Per un po’ hanno vissuto in Pakistan, poi si sono trasferiti negli Stati Uniti.
“I miei genitori – racconta Fereshta – crebbero in un Afghanistan ben diverso da quello che vediamo oggi nelle notizie. Le donne indossavano abiti di stile europeo, andavano a scuola, al lavoro, partecipavano attivamente alla vita delle loro comunità. Mia madre giocava nella squadra di basket della sua università. Mio padre e i suoi amici legavano i loro strumenti orientali dietro le motociclette e andavano nei posti in cui c’erano giovani europei in vacanza, così da poter suonare insieme. Gli armonium (tastiera di piccole dimensioni), i tabla (tamburi) e i rebab (strumento ad arco antenato del violino) trovavano ritmi per accordarsi alle chitarre acustiche occidentali.
Io credo che la musica, nella sue forme ed espressioni migliori, sia la voce dell’umanità. Muove i nostri cuori in modo potente e ci guarisce.”