Non è una novità che in Italia il cosiddetto “partito dell’astensione” risulti in effetti il “partito” principale. Ad ogni tornata elettorale il suo aumento percentuale è variamente stigmatizzato e razionalizzato da analisi di ogni tipo basate per lo più su fedeltà ideologiche e idiosincrasie politiche di chi le produce, per cui si va da “in realtà avrebbero votato per noi, però…” a “maledetti menefreghisti” e il fenomeno resta in sostanza non letto.
Lasciatevelo dire da un’aderente, per quanto saltuaria, a questo cosiddetto “partito”: no, non potevamo votare per voi, ovunque vi collochiate sullo spettro politico e no, siamo in maggioranza tutt’altro che indifferenti o disinformati. Quando non votiamo, vi stiamo mandando un messaggio preciso: l’esistente non ci soddisfa, non ci rappresenta, non si muove verso scopi per noi accettabili – anzi, spesso non riusciamo neppure a distinguere scopi diversi dalla promozione personale dei candidati (un buon posticino in Regione, in Parlamento, eccetera) e non perché siamo ottusi. Quando ad esempio vi producete in slogan tipo “insieme per” e “cambia verso” noi, non uditi, stiamo urlando: “insieme per COSA”, “cambia verso COSA”?
Quando parlate di modernizzazione e riforme – ne parlate da vent’anni buoni – scollegando completamente i concetti dal benessere dei cittadini, rendendo quegli stessi concetti delle icone vuote, idolatrate e indiscutibili, vi rendete conto di essere magari assai adatti a presiedere un consiglio d’amministrazione, ma totalmente inetti al governo di una nazione? L’Italia è persone e territorio, storia e vita, lavoro e arte, relazioni e cultura: un paese non è un’azienda.
Quando volete distoglierci da qualsiasi metodo di partecipazione alternativa alla competizione elettorale e ve ne uscite con il “voto utile”, noi continuiamo a chiederci “utile a COSA, a CHI”? Il dizionario dà all’aggettivo utile i seguenti significati primari: che può usarsi al bisogno, che può servire, che reca o può recare vantaggio o profitto.
Quali bisogni soddisfa e quali vantaggi arreca, il voto “utile”, ai 10 milioni di italiani e italiane che pur lavorando non arrivano a fine mese? Quali bisogni soddisfa e quali vantaggi arreca, il voto “utile”, nelle aree di crisi che riguardano istruzione e salute, tutela ambientale e messa in sicurezza del territorio, impieghi decenti, distribuzione più equa delle risorse, maggior impegno nel prevenire e contrastare la violenza di genere? L’unico voto utile è quello che ci porta più vicini, anche di un solo centimetro, a vivere in modo più umano di come si vive oggi in Italia.
E’ accettabile per voi che persone impiegate a tempo pieno riscuotano salari che le mantengono in uno stato di povertà?
E’ accettabile per voi che i lavoratori e le lavoratrici siano sempre più ricattabili e diventino “superflui” grazie alla progressiva distruzione di ogni tutela nei loro confronti?
E’ accettabile per voi che le nostre scuole pubbliche crollino sulle teste degli studenti mentre si finanziano quelle private e si concedono sgravi fiscali a chi iscrive alle private i propri figli?
E’ accettabile per voi che il risultato principale delle attuali politiche sul lavoro sia l’aumento della disoccupazione? (Febbraio 2015: tasso generale 12,7%, tasso disoccupazione giovanile 42,65, aumento delle donne disoccupate: meno 42.000 unità; Marzo 2015: tasso generale 13%, tasso disoccupazione giovanile 43%, 59.000 unità totali in meno.)
E’ accettabile per voi che le donne paghino prezzi altissimi ad ogni crisi economica e le loro istanze siano ignorate da ogni nuovo governo che si insedia, nonostante quest’ultimo sfrutti spensieratamente il loro lavoro non pagato (tagli alle reti di sostegno sociale e alla sanità significano solo che la cura di bambini, anziani, disabili, malati ricade in maggior misura sulle spalle delle donne, che già se ne fanno sproporzionatamente carico)?
Per me no. E per quanto riguarda le prossime elezioni regionali avevo già deciso di non votare per farvelo sapere una volta di più: tra l’altro, scegliere fra un ex pr di discoteca solito usare le donne come fondali e decorazioni e una ex berlusconiana che dell’essere fondale e decorazione fa la propria missione nella vita (ladylike) per una femminista non è possibile – e vivendo sotto la soglia di povertà il destino del prosecco, mi scuso, non sta in cima alla lista delle mie preoccupazioni.
Poi una donna che stimo ha deciso di provarci, con una lista i cui scopi mi avvicinano di quel centimetro a un’esistenza in cui la dignità di ogni essere umano e il rispetto per l’interdipendenza fra viventi e ambiente non si vendono e non si comprano. Per cui, il 31 maggio lascerò il partito dell’astensione e voterò per Laura Di Lucia Coletti.
So che la mia voce avrà un’eco nella sua. Ed è più di quanto qualsiasi altro schieramento possa dire. Maria G. Di Rienzo