(“Gone Girl”, di Emily Kelly per Everyday Victims’ Blaming, 12 settembre 2014, trad. Maria G. Di Rienzo.)
Questa settimana mi sono ricordata di una ragazza che conoscevo, una che fu uccisa dal suo fidanzato, una ragazza che come Reeva Steenkamp era spaventata, ma credeva comunque di essere al sicuro.
Nei primi anni ’80 frequentavo un corso serale di letteratura inglese, dove incontrai una giovane donna, Jill, che era di recente entrata in polizia. Era sempre affascinante ascoltare Jill parlare del suo lavoro, in special modo dei pericoli che affrontava come donna su base giornaliera. Ricordo lunghe discussioni su quanto poco sicuro fosse per le poliziotte fare una ronda da sole la notte e sull’ampiezza nascosta dei crimini d’odio contro le donne, che sussisteva persino nella più sonnolenta delle città.
Jill, scoprii anche, era la migliore amica di una ragazza che avevo conosciuto alle medie, Joanne. Ricordavo Joanne come una ragazza piacevole e vibrante, sempre diventente, felice e piena di potenzialità. Jill fu assente dal corso serale per qualche tempo, perché si era ammalata, ma quando tornò aveva con sé una storia che io non ho mai potuto dimenticare, una storia di violenza, di perdita e di tristezza.
Jill aveva deciso di portare fuori Joanne, al pub, per brindare al compleanno di quest’ultima. Il ragazzo di Joanne, che era notoriamente molto possessivo e geloso, si presentò al pub e fece una scenata. Jill aveva riportato una Joanne assai scossa e dispiaciuta al proprio appartamento, ed era andata diretta a lavorare perché aveva il turno di notte. Dopo neppure un’ora, Jill ricevette una richiesta telefonica d’aiuto da Joanne: quando arrivò, trovò il corpo di Joanne pugnalato a morte, ficcato in modo noncurante sotto il letto.
Il suo fidanzato fu trovato, arrestato e condannato per il crimine. Non sono sicura sia ancora in prigione, posso solo sperare di sì. Lo shock e la violenza del fatto fecero scalpore sui giornali locali all’epoca, ma poi vennero dimenticati. Si tratta, in fondo, solo di un’altra donna morta, solo di un’altra donna che muore per mano di un uomo violento.
Mentre il mondo guarda il caso assai pubblico della violenza di Pistorius contro Reeva, e vede come i media siano tutti concentrati su di lui, i suoi sentimenti, il suo aspetto, il suo futuro, e non sulla sua vittima, il messaggio è chiaro: le donne non hanno ancora nessuna importanza. Possiamo essere nel 2014, l’era della “eguaglianza percepita”, ma la vita di una donna può essere spenta dalla più piccola delle onde, lasciando i perpetratori al sicuro nella consapevolezza che il sistema cercherà sempre di dar sostegno a loro, e non a noi.
Oggi, sto pensando a tutte le Ragazze Scomparse.