Video di aggressioni a donne kirghise continuano a spuntare online con spensierata frequenza. Si tratta di un fenomeno relativamente recente, ma mentre il 2013 va a finire grazie ad essi si è già coniata una nuova terminologia: “pestaggi d’onore”. Generalmente, mostrano donne kirghise emigrate in Russia mentre sono picchiate dai loro compatrioti.
In uno dei peggiori, si vede la vittima assalita dal proprio fidanzato e dai compagnoni di quest’ultimo in una stazione della metropolitana: la sua “colpa” è aver mandato un messaggio di testo ad un conoscente non kirghiso. La ragazza viene trascinata nel suo stesso appartamento, dove il padrone di casa kirghiso e altri suoi amici si uniscono al gruppo con calci, pugni e strangolamenti. Spente le luci della ribalta, a video finito, uno degli aggressori la stupra.
L’ultimo video di questo tenore è apparso il 16 dicembre u.s., sul sito web in lingua russa Bilayv ed è stato subito ripostato su YouTube. Filmato dagli aggressori stessi, mostra un giovane donna (che identifica se stessa come Ainagul) in una stazione ferroviaria in apparenza spopolata mentre tenta di ripararsi dai calci che due uomini – coraggiosamente non ripresi – le tirano alla schiena, allo stomaco e al petto. Bestemmiando e insultando, gli uomini la accusano di avere rapporti sessuali con uomini non kirghisi, in special modo con uzbechi e tagiki.
Erano sullo stesso treno, capite, e l’hanno vista parlare con un uomo di un’altra etnia. La accusano di averli deliberatamente ignorati per flirtare con lo straniero. Le urlano che non rispetta gli uomini kirghisi e che se la vedono ancora assieme ad uno di quelli la uccideranno. La giovane donna, terrorizzata, ripete di essere innocente, ma alla fine del video giura che farà quel che le chiedono e che non parlerà mai più ad un forestiero.
In molti dei video, i picchiatori-stupratori si identificano come “patrioti” e dichiarano di star “preservando l’onore” delle donne che riducono a brandelli. Le migranti kirghise in Russia sono circa 240.000, ovviamente non sempre “in regola” con protocolli e leggi sull’immigrazione, e in maggioranza si tratta di donne espatriate da sole per lavorare e da cui dipendono economicamente le famiglie di provenienza. Si tratta quindi di un gruppo la cui vulnerabilità è alta e che finisce per essere il bersaglio più facile per i vigliacchi in gruppo.
Gli appelli alle autorità russe perchè intervengano stanno cadendo nel vuoto. In fondo chi se ne frega: sono “straniere”, sono al livello più basso di rispettabilità, di integrazione, di accettazione sociale, di sicurezza sul lavoro, e hanno pure la sfacciataggine di essere femmine. Maria G. Di Rienzo
Fonti: Global News, Safeworld for Women, RFE/RL, YouTube)