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Il potere che è in me

14 novembre 2013 di lunanuvola

(“Soy Mujer and Powerful!”, intervista ad Adriana Mendieta Celia Flores di Perla – non identificata in modo più specifico – per Young Feminist Wire, 18 ottobre 2013, trad. Maria G. Di Rienzo.)

Adriana

Il mio nome è Adriana Mendieta Celia Flores, sono il membro più giovane del direttivo di Mujer. Attualmente studio part-time al Seneca College e lavoro per ottenere il diploma in Servizio Sociale, con focus sull’immigrazione. Ho vent’anni e sono peruviana per parte di madre e nicaraguense per parte di padre. Lavoro come volontaria nella comunità latino-americana di Toronto da sei anni. Ho un profondo interesse per le istanze delle donne, i progetti comunitari e le iniziative guidate dalla gioventù. Nel mio tempo libero collaboro ad una rivista giovanile, Avenida America, come scrittrice, editrice e organizzatrice di eventi. Mi piace leggere tutti i tipi di letteratura, sia in spagnolo sia in inglese, e ho un debole per la poesia. Amo anche danzare e cantare, sebbene non sappia cantare bene. Il mantra che mi spinge avanti è “Sono femmina e potente!”: quando mi distraggo, mi riporta la concentrazione.

Come sei entrata in Mujer e perché ti piace lavorare in questa organizzazione?

Nell’autunno del 2008 ho conosciuto Mujer ( http://www.mujer.ca/index.html ) tramite un gruppo di giovani attivisti. Sono stata attratta dal concetto di un progetto presentato da due donne, che stavano cercando di approfondire le questioni affrontate dai giovani in un determinato quartiere. In questo modo ho cominciato a lavorare con Mujer. Lavorando nel gruppo di giovani latino-americani che stavano organizzando una conferenza per la gioventù latina, ho trovato il mio posto. Sono innamorata di Mujer, dei suoi princìpi, del suo mandato, della sua missione speciale che concerne lo sviluppo integrale delle donne e della gioventù in America Latina.

Volevo davvero essere parte di un’organizzazione così ispirativa, che stava creando mezzi con cui la gioventù potesse parlare delle istanze che la coinvolgono oggi e in futuro. Volevo essere parte di questa bellissima organizzazione che forniva programmi e progetti diretti alle donne della mia comunità. E’ come un sogno, una piccola associazione mi ha permesso di sviluppare la mia comprensione di ciò che significa essere una donna latino-americana, di rafforzare le mie capacità di creare cambiamento, rumore, e di gettare solide fondamenta per il mio futuro nel servizio alla comunità. Amo Mujer!

Cosa fa Mujer e come collabori tu?

Mujer è un’organizzazione che lavora per creare una cornice inclusiva, antirazzista, anti-oppressione, che promuove uno sviluppo olistico per le donne latino-americane. Usiamo l’istruzione e l’attivismo: training, seminari, workshop, forum, presentazioni pubbliche, per decostruire i miti e portare cambiamento sociale e giustizia sociale.

Valutiamo i bisogni della comunità che serviamo, agiamo su decisioni che provvederanno servizi e programmi creati per soddisfare tali bisogni e ci assicuriamo che servizi e programmi siano offerti in modo accessibile a tutti, senza discriminazioni. Per rappresentare meglio la nostra comunità, Mujer è sostenuta da un direttivo dinamico e affascinante di donne latino-americane. Di base, nel direttivo, io prendo decisioni assieme alle altre su idee, progetti, programmazione, questioni finanziarie ed amministrative.

Come vedi il ruolo delle donne latino-americane a Toronto, e quali sono i problemi principali?

Vedo che le donne latino-americane rivestono numerosi ruoli, molteplici, che si intersecano. Sono insegnanti, studenti, madri, figlie, leader, femministe, lavoratrici e la lista potrebbe andare avanti per un bel po’. Alcuni credono che come donne latino-americane a Toronto non siamo in una posizione che ci permetta di criticare qualcosa, ma le nostre critiche, sfortunatamente se vuoi, sono dirette a questioni che interessano la nostra intera comunità: per esempio, la disponibilità di impiego e l’accessibilità a servizi e programmi. Con un tasso di disoccupazione pari al 7,2% su base nazionale e il minor finanziamento ai servizi sociali canadesi, le limitazioni all’accesso all’impiego stabile e ai programmi di sostegno vanno a toccare direttamente i bisogni della comunità latino-americana. Se tu non fornisci interpreti o traduzioni per la lingua, assistenza e cura dei bambini a prezzi sostenibili, accesso libero a specifici programmi o servizi, poni sicuramente delle barriere e in special modo per le donne. Ottenere un impiego permanente diventa per le donne più difficile, e perciò sono svantaggiate a livello economico.

Per te, cosa significa essere una migrante?

Come nata in Canada da genitori immigrati, posso dire che le donne migranti hanno una forza senza paragoni quando si tratta di lottare per le loro famiglie e per il welfare. Non ho fatto le loro esperienze, perciò non sono in grado di capire completamente gli sforzi che ciascuna di loro ha fatto per migliorare la propria vita, l’unica cosa che mi viene da dire è che sono coraggiose. Lasciarti tutto alle spalle, viaggiare per terra e per mare, e arrivare in un paese del tutto nuovo non dev’essere per niente facile, e devi provare molta solitudine. Ma in quella solitudine le donne migranti cercano sempre contatto, mutuo sostegno, comprensione: è così che raggiungono la forza che poi mostrano. Sono delle vere ispirazioni, per come la vedo io.

E cosa significa essere una giovane donna attivista?

Semplicemente, è la cosa migliore della mia vita. La mia più grande libertà è avere l’opportunità di esprimere le mie opinioni, ciò in cui credo, ciò di cui ho bisogno, e sapere che tutto questo può essere condiviso dalla comunità di cui faccio parte. Penso di fare quel che faccio per i risultati che si ottengono, ma – ho tentato di spiegare questo a molta gente – l’attivismo è qualcosa di più: io provo in esso un’enorme felicità, un grande potere che sorge attraverso di me e amo il fatto che le mie azioni possono e vogliono creare cambiamento, al di là di quanto grande sia il loro impatto.

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