Ve le metto giù in fila, dal sito dell’Agenzia Donne delle Nazioni Unite, e non sono nemmeno tutte: si tratta di piccole difficoltà che le donne incontrano in questo mondo.
Stereotipi culturali: preferenza per i maschi, estremismi religiosi, prescrizioni sull’abbigliamento.
Salute: mutilazioni genitali, tabù relativi a pratiche ostetriche/sanitarie, mortalità materna.
Status: discriminazioni in matrimoni e divorzi, matrimoni di bambine, poligamia; discriminazioni sulla validità della testimonianza, sull’eredità e sulle proprietà.
Diritto alla vita: infanticidio femminile, crudeltà verso le vedove, delitti d’onore.
Diritto alla dignità: prostituzione, schiavitù, stupro, abuso sessuale.
Squalificazione sociale: negazione dell’istruzione, proibizioni su ruoli e funzioni sociali.
Discriminazione aggravata: stupro e pulizia etnici, turismo sessuale.
Io sono una formatrice alla nonviolenza e un’attivista contro la violenza di genere. Sugli oltre 700 articoli presenti in questo sito credo che almeno 4/500 trattino del tema. Molti di essi contengono i dati e le percentuali provenienti da istituti di ricerca nazionali e internazionali (dall’Istat alle NU, appunto). Molti altri contengono le strategie di sopravvivenza di singole e di organizzazioni femminili, e le loro lotte per sconfiggere la violenza, tramutarla, superarla.
A meno che non andiate su siti specifici antiviolenza, si tratta di materiali difficili da trovare e poco pubblicizzati. Lo sguardo dei media del mainstream si posa a volte su episodi eclatanti (con tanto sangue o dettagli orripilanti) ma in genere non approfondisce e non segue le vicende successivamente. Questo posto, quindi, oltre ad essere il mio “diario sul web”, è principalmente una serie di finestre aperte affinché sia un po’ più visibile ciò che le donne, le femministe in particolare, fanno su tutto il pianeta. Naturalmente sono ben consapevole della portata che può avere un piccolo blog, ma se solo una persona ha trovato qui qualcosa che l’ha spinta verso una maggior conoscenza della condizione femminile o verso l’attivismo, o che l’ha confortata in un momento di confusione e di dolore io ho raggiunto lo scopo del mio lavoro (non pagato, sia chiaro).
Questo è tutto ciò che ho da offrire e che voglio offrire a chi legge. Nient’altro. E per questo motivo, da oggi il mio indirizzo e-mail non comparirà più su queste pagine.
Se volete commentare il web è talmente grande da offrirvene innumerevoli opportunità: questo non è un servizio pubblico, e io non ho doveri di par condicio, di dibattito o di altre fregnacce. Questa è casa mia, in cui potete entrare con il mio imperituro benvenuto per vedere come l’ho arredata e prendere da essa quel che vi piace. Nel caso non vi piaccia nulla, ripeto, il web è grande.
Se volete darmi consigli su come vivere la mia vita, forse dovreste ripensare alla vostra educazione e visualizzare il concetto di “senso del limite”: il fatto che io abbia un blog non significa che io sia la vostra vicina di casa, vostra zia, o vostra amica. Inoltre, compirò 54 anni a giugno. Se mi incontraste per strada, adulta, da voi non dipendente e a voi perfetta sconosciuta come in effetti sono, mi apostrofereste con “tu” ecc. come fate via mail?
Se volete contestare l’esistenza del mezzo milione di donne che muoiono partorendo ogni anno in omaggio al disvalore posto sulla loro salute e le loro scelte, o dei 140 milioni di donne e bambine mutilate, o del mezzo miliardo di donne analfabete, o difendere le violazioni dei loro diritti umani con qualche arzigogolato ragionamento, cercatevi un interlocutore diverso da me per negare la realtà, perché io non ho tempo da perdere.
Se non vi riconoscete in questo e quello, non vi identificate in quell’altro, pensate che il femminismo sia vittimista, volete trascendere, transustanziarvi, redimere qualcuno, comprare un motorino o discutere di vini pregiati avete semplicemente sbagliato posto: se usate i motori di ricerca con avvedutezza sono certa che potrete arrivare in luoghi virtuali che vi forniranno assoluta soddisfazione. Statemi bene, ovunque andiate. Maria G. Di Rienzo