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Nessun rimpianto

18 ottobre 2012 di lunanuvola

Malala Yousafzai, la 14enne pakistana che i talebani hanno tentato di uccidere il 9 ottobre scorso per le sue attività in favore dell’istruzione femminile, è uscita dal coma. Dopo aver avuto una pallottola rimossa dalla spina dorsale durante un intervento chirurgico durato tre ore, Malala è stata trasferita dal suo paese al Queen Elizabeth’s Hospital di Birmingham dove si trova attualmente. Non è ancora completamente conscia, ma ha sensibilità in tutti gli arti, il che suggerisce che potrebbe non riportare danni fisici permanenti anche se ha di sicuro mesi di cure e riabilitazione nel suo immediato futuro.

Kainat Ahmad, 16enne, una delle due amiche che erano con lei quando i talebani hanno aperto il fuoco ed è stata ferita al braccio destro, ha potuto incontrare ieri i giornalisti nell’ospedale di Mingora in Pakistan. Uno le ha chiesto se ha dei rimpianti nell’aver sfidato un gruppo armato che vuole impedire alle bambine e alle ragazze di andare a scuola. “Nessun rimpianto.”, ha risposto fermamente Kainat, “Voglio dire a tutte le ragazze di continuare la loro lotta per avere un’istruzione. L’istruzione è più importante per le femmine che per i maschi, perché i maschi possono fare qualsiasi lavoro vogliano. Con l’aiuto di Dio, io continuerò a studiare. Spero che le ragazze restino ambiziose riguardo i loro studi e spero che Malala guarisca presto e torni in classe con noi.” Anche la terza ragazza ferita nell’agguato è sopravvissuta e si sta riprendendo.

Sorella Malala, siamo fiere di te.

In tutto il mondo si è pregato e manifestato per Malala, la cui vicenda sembra aver scosso almeno un po’ i governanti pakistani, che sino ad ora avevano chiuso troppo spesso tutte e due gli occhi sulle clamorose violazioni dei diritti umani e delle leggi del paese operate dai talebani. Inoltre, la vicenda ha messo sotto i riflettori la questione globale dell’istruzione femminile, e i dati che noi femministe ripetiamo in convegni e dibattiti senza ottenere un briciolo di attenzione sono finiti sui quotidiani e in tv: i due terzi degli analfabeti del mondo, oltre mezzo miliardo di persone, sono donne e 62 milioni di bambine in età scolare a scuola non ci vanno.

Qualcuno ha anche spiegato che non si tratta solo di garantire dei diritti alle donne e ha ribadito ad esempio che una ragazza in possesso di un diploma elementare ha tre volte meno probabilità di contrarre il virus Hiv e che i suoi figli hanno il doppio di probabilità di sopravvivere al quinto anno d’età. Aggiungete un solo anno di scuola media e i suoi futuri guadagni aumenteranno dal 10 al 20%, un anno ancora e aumenteranno dal 15 al 25%: il che può sembrare poco ma può fare la differenza in un mondo in cui 250 milioni di bambine e ragazze vivono in miseria. Basta un 10% in più di ragazze che vanno a scuola per aumentare il PIL di un paese del 3%, le contadine con un’istruzione hanno raccolti migliori.. e così via. La terza fase è stata quella dei suggerimenti per aumentare la presenza delle femmine nelle scuole, dai più “piccoli” (adeguare gli edifici con bagni per le ragazze, abbassare le tasse scolastiche) al più ambizioso: mettere fine ai matrimoni di bambine, perché è chiaro che se ti sposi a dieci anni e partorisci il tuo primo figlio a tredici non hai certo il tempo di ponderare sulle quattro operazioni.

Il tutto è assai lodevole e sensato. Manca solo una cosa. E’ quella che implicitamente scaturisce dalle parole di Kainat Ahmad quando spiega che “i maschi possono fare qualsiasi lavoro vogliano”. Abbiamo parlato a profusione di cosa impedisce alle bambine di andare a scuola: la povertà, l’inadeguatezza degli istituti, la distanza da percorrere per raggiungere gli stessi, le molestie e le aggressioni sessuali lungo il percorso e addirittura nelle classi, i matrimoni precoci, le fisime dei fondamentalisti. Ma perché le bambine sono povere, perché sono aggredite, perché le danno in mogli quando ancora giocano con le bambole, perchè devono restare ignoranti? A cosa serve tutto questo, o meglio, a chi? Chi ci guadagna? Chi si assicura una posizione di dominio basata sulla sofferenza delle donne e sul giocare spietatamente con le loro vite? I maschi possono fare quel che vogliono. E persino il più imbecille di loro è sempre meglio di una femmina: tutto quel che gli sta intorno, che viva in Pakistan o in Italia o alle Barbados, gli dice che è così. C’è chi nelle proprie preghiere ogni giorno ringrazia il suo dio di non averlo fatto nascere donna. C’è chi offende e svilisce donne e bambine per svago, per piacere personale e persino per professione, a casa, sul luogo di lavoro, nei media, su internet, lamentandosi della mancanza di spirito e umorismo di quelle che si lagnano del suo operato. Poi magari si chiede perché quei delinquenti hanno sparato a Malala. Maria G. Di Rienzo

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